Ambiente
Dalla cartuccia al piatto: l’insostenibile costo dell’inquinamento da Piombo
Una silenziosa forma di inquinamento che coinvolge uomo, animali e ambiente
In un periodo in cui è stato proposto il Referendum per l’abolizione della caccia (la raccolta firme continua fino al 20 ottobre nelle piazze e nei comuni, fino al 29 ottobre online) viene naturale puntare il focus su una delle forme di inquinamento di cui si parla di meno, nonostante se ne conoscano molto bene i drammatici risvolti per la salute. L’inquinamento da Piombo.
Questo metallo viene rilasciato nell’ambiente in molti modi diversi. Tra le fonti di rilascio ci sono, tra l’altro, le cartucce usate durante l’attività venatoria. E da qui il salto sulla nostra tavola è davvero breve.
Di questo specifico argomento si è occupato in passato il WWF (World Wildlife Fund, dal 1986 World Wide Fund for Nature) nel dettagliato Report “Cartuccia avvelenata“, documento che sottolinea la tragicità di questa silenziosa forma di inquinamento, che coinvolge indistintamente animali, ambiente e uomo.
Ma partiamo dall’inizio e inquadriamo il problema.
Identikit del Piombo. Il Piombo è una delle sostanze inquinanti più pericolose al mondo. Si tratta di un metallo tenero, duttile e malleabile, di colore bianco-azzurrognolo al taglio fresco, grigio scuro all’alterazione. Estratto nelle miniere sotterranee si presenta sia in forma solida che liquida, ben prestandosi quindi alla realizzazione di moltissimi manufatti. Molto diffuso nell’industria moderna, si stima sia usato in più di 150 lavorazioni. Ricordiamo, ad esempio, il suo impiego nell’edilizia, nella produzione di batterie, leghe e saldature di molti oggetti di consumo, nelle vernici e negli smalti, nella produzione di rubinetti e sistemi di distribuzione dell’acqua, nel carburante per gli aerei, nel refrigerante nei reattori nucleari e nei proiettili delle armi da fuoco. Nonostante molti di questi utilizzi siano oggi proibiti (almeno in Europa e Nord America), il Piombo si può trovare in molti prodotti importati da paesi extraeuropei il cui impiego nella produzione di bigiotteria, giocattoli, ceramiche e coloranti in cosmetica non è ancora proibito.
Il Piombo è una potente neurotossina. Esservi esposti è molto nocivo. L’intossicazione da questo metallo prende il nome di Saturnismo, dal suo nome alchimistico Saturnus. Sebbene la forma acuta e quella subacuta siano al giorno d’oggi molto rare, è invece ancora piuttosto diffusa la forma cronica, soprattutto fra i lavoratori. Il Saturnismo è infatti annoverato tra le patologie professionali sia sotto l’aspetto clinico che sotto quello profilattico e sociale.
L’intossicazione da Piombo si diagnostica quando la sua concentrazione nel sangue è pari o superiori a 5 microgrammi per decilitro (µg/dL). Una concentrazione nel sangue di 30 µg/dL comporta sintomi in molti organi e tessuti.
Il Piombo nelle munizioni da caccia. Le munizioni utilizzate nell’attività venatoria sono una importante fonte di inquinamento per l’ambiente che ha gravi conseguenze anche sull’uomo. Un inquinamento che sfugge ancora oggi a qualunque normativa. Una delle armi che i cittadini hanno per contrastarlo potrebbe quindi essere, oggi, vietare il suo utilizzo firmando il Referendum.
Il Piombo presente nelle munizioni provoca la morte degli animali sia per ingestione diretta sia per assunzione e accumulo attraverso la catena alimentare. L’ingestione diretta (cioè primaria) avviene in modo diverso a seconda delle specie. Gli uccelli granivori, sia acquatici che terresti, assumono direttamente i pallini di Piombo che giacciono sul terreno perché li scambiano per i sassolini che ingeriscono per favorire la frantumazione del cibo nello stomaco. I rapaci, invece, si avvelenano con il Piombo mentre si nutrono di prede avvelenate (per ingestione primaria) o colpite da un cacciatore (quindi ingestione secondaria).
Le zone umide (come stagni, paludi, laghi e fiumi), fragili tasselli del ciclo idrogeologico, sono ambienti estremamente importanti per l’approvvigionamento idrico di intere comunità. Queste acque risentono dell’inquinamento da Piombo, sia in superficie che in profondità, trasformandosi in potenziali fonti del pericoloso metallo. È stato calcolato che nelle zone umide dell’Unione europea vengono disperse ogni anno tra 1400 e 7800 tonnellate di Piombo.
Un danno che non riguarda solo le specie cacciabili (come mestoloni, marzaiole, codoni, alzavole, germani reali, ecc.), ma anche quelle protette (come fenicotteri, rapaci e avvoltoi). Il Piombo “sparato” nell’ambiente (quando i cacciatori fanno cilecca) e contro gli animali produce infatti microframmenti che si disperdono in ecosistemi e organismi, accumulandosi nelle catene alimentari, con effetti devastanti per la salute di tutti.
Il Piombo, quindi, si trova praticamente in quasi tutti gli alimenti che mangiamo (cereali, frutta, verdura, ecc.). Una recente normativa europea (Regolamento UE 2021/1317 del 9 agosto 2021) ha dovuto abbassare ulteriormente i limiti di presenza di questo pericoloso metallo negli alimenti, ribadendone l’elevata nocività.
Studi scientifici hanno dimostrato che la carne di selvaggina abbattuta con munizioni al Piombo è esse stessa contaminata dai frammenti generati dall’impatto con la preda. In queste carni sono state misurate concentrazioni di Piombo fino a 56 volte superiori al livello massimo consentito dalla UE nella carne, anche se i frammenti visibili di Piombo sono stati accuratamente rimossi.
Gli animali ai vertici della catena alimentare, primo fra tutti l’uomo, subiscono una triplice esposizione all’inquinamento da Piombo di origine venatoria. Essa è dovuta sia all’ingestione delle carni avvelenate (cioè le carni che hanno accumulato Piombo nei tessuti), sia mangiando selvaggina con presenza di microframmenti (invisibili a occhio nudo) sia bevendo l’acqua di falde acquifere in cui si è accumulato il metallo pesante disperso durante la caccia.
Negli animali l’esposizione cronica al Piombo è responsabile di molteplici malattie e disfunzioni spesso letali. Ne bastano solo due-tre pallini, ingeriti perché scambiati per cibo e granaglie, per provocare la morte di un uccello di taglia media (come ad esempio un’anatra). Ci sono poi gli effetti sub-letali (quelli cronici), che pur non conducendo alla morte diretta dell’animale hanno un grave impatto sulle popolazioni selvatiche. Si innescano infatti disfunzioni nel sistema immunitario e riproduttivo. Così come accade nell’uomo.
Dal 1898 più di 500 studi scientifici hanno evidenziato i danni dell’inquinamento da Piombo provocato dalla caccia. Di recente (nel 2020) più di 200 esperti di tutto il mondo hanno sottoscritto un manifesto per segnalare il rischio rappresentato da tali munizioni.
Nel novembre dello stesso anno l’Unione europea ha finalmente messo al bando le munizioni da caccia al Piombo, ma l’Italia non si è ancora adeguata. Ha due anni di tempo per farlo.
L’abolizione della caccia segnerebbe un decisivo passo avanti verso la duplice tutela dell’ambiente e della salute dell’uomo. Un tangibile segno di democrazia e di amore verso il prossimo, a cui già lasciamo in eredità una Terra peggiore, per sentire un po’ più “intimamente nostro” il motto del WWF “La nostra missione è fermare il degrado dell’ambiente naturale del Pianeta e costruire un futuro in cui gli umani vivano in armonia con la natura“.
(Credit immagine: James Kovin on Unsplash)
Giuliana Raffaelli
Ambiente
Pantelleria, al via realizzazione sede Protezione Civile, Scuola educazione ambientale e foresteria
Intervento di qualificazione dell’immobile comunale in località Buccuram per la realizzazione della sede della Protezione Civile comunale, della Scuola di educazione ambientale e forestale e della foresteria
il Sindaco comunica che la Giunta Municipale ha approvato il progetto di fattibilità tecnica ed economica relativo all’intervento di qualificazione attraverso la demolizione e ricostruzione dell’immobile di proprietà comunale sito in località Buccuram, destinato alla realizzazione della sede della Protezione Civile comunale, della Scuola di educazione ambientale e forestale e della foresteria.
Il progetto prevede la rifunzionalizzazione dell’immobile comunale mediante un intervento strutturale complessivo, finalizzato all’adeguamento dell’edificio alle esigenze operative della Protezione Civile e alle attività di formazione previste, nel rispetto della normativa vigente. L’intervento è inserito nell’ambito della programmazione dell’Ente ed è coperto da risorse finanziarie già individuate, come risultante dagli atti amministrativi approvati, con l’avvio delle successive fasi procedurali demandato ai competenti uffici comunali.
Ambiente
Pantelleria, cimice asiatica, avvistamenti e preoccupazione degli agricoltori. Ne parliamo con Giovanni Bonomo
La cimice asiatica appassionata del cappero pantesco
E’ già da qualche tempo che la cimice asiatica, nome scientifico halys halyomorpha, è sopraggiunta sull’isola, manifestando subito la sua nefasta essenza. Come le diverse specie aliene, o comunque tali per l’isola, essa rappresenta una preoccupazione per l’agricoltura, e visti i recenti workshop realizzati sull’isola, abbiamo voluto approfondire l’argomento.
Un riferimento prezioso da cui attingere nuove notizie è senza dubbio Giovanni Bonomo, agricoltore per professione e per passione, con quel piglio per la conoscenza a largo raggio che lo induce ad approfondimenti e studi continui.
Reduce dall’organizzazione del corso “Agricoltura Bionaturale”, realizzato con il Centro Culturale Giamporcaro, Bonomo ha avuto modo di farsi una idea sulla presenza della cimice asiatica a Pantelleria e possibili soluzioni per allontanarla dalle coltivazioni.
Signor Bonomo, questo insetto ha dei periodi in cui è più aggressiva e di cosa si nutre? “I periodi in cui la si vede più spesso sono le stagioni della primavera e dell’estate. Si nutre suggendo le piante, i frutti e le foglie dei capperi.
Prima avevamo la Bagrada Ilaris, che si era allocata a Scauri, Rekhale e zone limitrofe.
Qui a Pantelleria, invece, l’asiatica è stata vista dal professore Bruno Massa e un testimone l’ha vista in una pianta di cappero nel capoluogo. E non si limita ai capperi, ma aggredisce anche piante da frutta e tutte quelle piante coltivate e non, insomma quelle spontanee. Ed è attraverso proprio la frutta che deve essere arrivata, così come tanti altri insetti.”
Questa cimice non fa la schizzinosa, in buona sostanza. Come allontanarla, allora? “Esatto, le piace tutto. Per allontanarla, dobbiamo ricorrere a metodi naturali e il corso che abbiamo tenuto ad ottobre è stato illuminante. Luigi Rotondo ha spiegato che un buon “repellente” è il carbonato di calcio addizionato con un tot di mandarino ed è un composto a largo spettro, coinvolgendo diversi insetti. Un altro esperto suggerisce l’uso del sapone molle, come il Marsiglia, con cui fare trattamenti, per i quali ci vuole molto tempo e fatica. Ma la cosa urgente è cominciare ad organizzarci e forse il Parco e il Comune in sinergia posso vedere se si può trovare il sistema per una “lotta biologica”.
Siamo in pieno inverno, fine dicembre, ma la primavera arriva in un attimo e con essa il risveglio di tutta la primavera e dei suoi componenti, tra cui anche la cimice asiatica.
Ambiente
Lampedusa, riapre il Centro di Recupero delle Tartarughe
Sindaco Mannino “𝗨𝗻𝗮 𝗴𝗿𝗮𝗻𝗱𝗲 𝘃𝗶𝘁𝘁𝗼𝗿𝗶𝗮 𝗽𝗲𝗿 𝗟𝗮𝗺𝗽𝗲𝗱𝘂𝘀𝗮, 𝗽𝗲𝗿 𝗶𝗹 𝗺𝗮𝗿𝗲 𝗲 𝗽𝗲𝗿 𝗶𝗹 𝗳𝘂𝘁𝘂𝗿𝗼”
Dopo circa due anni di lavoro, di sinergia e di collaborazione concreta, oggi possiamo finalmente annunciare una notizia che riempie il cuore di orgoglio: 𝗿𝗶𝗮𝗽𝗿𝗲 𝗶𝗹 𝗖𝗲𝗻𝘁𝗿𝗼 𝗱𝗶 𝗥𝗲𝗰𝘂𝗽𝗲𝗿𝗼 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗲 𝗧𝗮𝗿𝘁𝗮𝗿𝘂𝗴𝗵𝗲, che avrà la sua sede nei locali dell’Area Marina Protetta di Lampedusa.
Un centro che in passato non era stato messo nelle condizioni di proseguire il proprio prezioso lavoro e che oggi torna finalmente ad essere operativo, restituendo al nostro territorio un presidio fondamentale di tutela, ricerca e cura.
Questo centro non è solo un luogo di scienza e protezione, dove ogni giorno si lavora per salvaguardare una specie simbolo del Mediterraneo come la Caretta caretta.
È anche un segno concreto dell’identità di Lampedusa: un’isola che difende il suo mare, la sua biodiversità e guarda al futuro con responsabilità.
La riapertura rappresenta inoltre una straordinaria opportunità turistica e culturale, un’attrazione di primo livello capace di raccontare ai visitatori il valore del nostro patrimonio naturale e l’impegno che mettiamo nella sua difesa.
Un ringraziamento sentito all’Associazione Caretta Caretta e a Daniela Freggi, al mio Assessore Pietro De Rubeis che ha seguito tutti i passaggi amministrativi, e a tutti coloro che hanno creduto in questo percorso, lavorando con passione, competenza e visione.
Oggi Lampedusa compie un passo importante. Per il mare. Per le tartarughe. Per la nostra comunità.
Bentornato, Centro di Recupero delle Tartarughe.
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