Salute
Covid-19, il 30 settembre si conclude la campagna vaccinale di massa

È ufficiale. Il 30 settembre si conclude la campagna vaccinale di massa.
Gli sforzi messi in campo e la macchina organizzativa hanno operato perfettamente e a fine settembre verrà raggiunto il 70% degli immunizzati tra la popolazione italiana. Un grandissimo risultato per il direttore generale dell’Aifa (Agenzia italiana del farmaco) Nicola Magrini che sottolinea come, nonostante lo scetticismo di molti, l’Italia abbia fatto un grandissimo lavoro. Con il resto dell’Unione europea è stata già raggiunta una elevata fetta della popolazione e le persone più fragili sono state messe in sicurezza.
In una recente intervista al Corriere della Sera Magrini non cela la sua soddisfazione in merito al lavoro svolto negli ultimi 18 mesi di pandemia: “Dopo un lunghissimo anno di incertezze ma non di paura, si può finalmente mettere la testa fuori, senza usare il periscopio, e riflettere su quello che abbiamo passato in 18 mesi di pandemia. Pandemia globale vissuta come parte di una comunità scientifica internazionale senza confini, con l’Italia pienamente integrata nella Ue e Aifa, a sua volta, integrata nell’agenzia europea Ema: un risultato senza precedenti.”
I mesi estivi sono stati decisivi per la campagna vaccinale ed è proprio a questo si puntava già da marzo. I cittadini italiani sono stati virtuosi, affidandosi con fiducia alla scienza, e questa fiducia renderà più semplice uscire dall’emergenza pandemica.
Il percorso non è stato semplice. Non sono mancate le polemiche e ci sono ancora alcuni nodi da sciogliere. Ad esempio quello dei quasi 4 milioni e mezzo di over 50 che ancora non si sono vaccinati e che sarà oggettivamente difficile raggiungere. Chi voleva vaccinarsi lo ha fatto. Qualche indeciso è capitolato dopo l’imposizione del Green pass. Ora sono stati chiamati in causa anche i medici di base che dovranno fare opera di convincimento.
Ma, dall’altra parte, a fare crescere i numeri delle vaccinazioni sono arrivati i giovani che, con coraggio e fiducia, hanno riposto immense speranze nella “puntura di immunità” per poter tornare al più presto a una vita normale e priva di restrizioni.
Dopo, infatti, l’approvazione (a giugno) da parte di Aifa del vaccino Pfizer-BioNTech per la fascia 12-19 anni e quella di Modera (di poche settimane fa) sono stati già vaccinati più di 1 milione di under 19. Tra 16 e 19 anni hanno inoltre fatto almeno una dose un giovane su due. Tra 12-15 anni ha ricevuto una dose circa un quarto degli aventi diritto. Vaccinazioni in forte crescita soprattutto dopo l’introduzione del Green pass.
Ottime notizie giungono anche dal fronte delle terapie. Aifa ha infatti approvato nuovi farmaci (anticorpi monoclonali) per la cura della malattia Covid-19. E lo ha fatto in anticipo rispetto a quanto precedentemente annunciato da Ema (che sarebbe dovuto avvenire a fine ottobre).
È stata inoltre firmata una intesa Stato-Regioni per le cure domiciliari. Il Ministro della salute Speranza ha infatti annunciato che verranno investiti 4 milioni di euro del Pnrr (il Piano nazionale di ripresa e resilienza) per portare nelle case i trattamenti più appropriati. “Il nuovo sistema di autorizzazione e accreditamento fissa requisiti elevati e omogenei per tutti i soggetti che erogano tali servizi e garantirà cure con standard avanzati e della medesima qualità su tutto il territorio nazionale. Saremo in grado di curare meglio le persone, evitando il ricorso all’ospedale quando non è necessario e utilizzando la meglio le risorse”.
Non esistendo ancora un regime di accreditamento per le cure domiciliari, sarà il paziente a scegliere l’Ente che preferisce, tra pubblico e privato. E lo Stato (e quindi i contribuenti) risparmierà anche moltissimi soldi: per le cure domiciliari si spenderà il 100% in meno rispetto a un posto letto in ospedale.
Possiamo quindi tirare un respiro di sollievo e guardare con fiducia ai prossimi mesi. Senza però mai abbassare la guardia.
Giuliana Raffaelli
Salute
Sanità, Giuliano (UGL): “OSS, figura confinata in un angolo. Non esistono lavoratori di serie B, la politica deve intervenire”

“E’ passato del tempo da quando, era il 2021, la senatrice Paola Boldrini cercò attraverso un DDL di far ottenere agli OSS quei diritti e quella dignità ancora oggi negati. Non essendo schiavi di alcun pregiudizio politico salutammo con soddisfazione quello che immaginavamo potesse essere l’inizio di un cammino che portasse alla luce, garantendo definizione e valorizzazione del ruolo che prevedesse anche una formazione continua e di alta qualità, una figura essenziale ed insostituibile della piramide della sanità italiana. Tante buone intenzioni, si parlava anche della possibilità di dichiarare usurante la professione, a cui però non è stato dato alcun riscontro. Così che ad oggi la figura dell’operatore sociosanitario rimane confinata in un angolo, quasi dimenticata, senza ottenere i riconoscimenti, giuridici e materiali, che sarebbero dovuti. Anzi con la creazione della figura dell’assistente infermiere, su cui confermiamo la nostra assoluta contrarietà, si è data una violenta spallata a quella crescita professionale che da tempo viene giustamente reclamata dalla categoria. Così, oggi, gli emolumenti degli OSS continuano a non garantire loro una vita dignitosa a fronte di carichi di lavoro spesso insostenibili cui si sommano da tempo aggressioni fisiche e verbali che sono tra le cause scatenanti dei sempre maggiori casi di burn-out. Discutere di un futuro migliore della sanità italiana rimane una missione impossibile se si continueranno ad avere lavoratori di serie B, messi al margine del sistema. Per questo chiediamo alla politica di intervenire per riprendere il filo di quanto la senatrice Boldrini aveva pensato. Per garantire agli oss di uscire dal limbo reclamando quella dignità che meritano” dichiara in una nota Gianluca Giuliano, segretario nazionale della UGL Salute.
Salute
Pantelleria e Egadi nella telemedicina dell’ASP di Trapani con Tunisia, progetto da 900mila euro

L’UE finanzia un progetto di telemedicina dell’Asp Trapani con la #Tunisia. E’ stato infatti approvato dal Dipartimento regionale della Programmazione il progetto di cooperazione, con capofila l’ASP Trapani, nell’ambito del Programma “Interreg VI-A Next Italia Tunisia 2021-2027” per iniziative di Telemedicina, denominato “TÉLÉ-MÉD-ISOLÉS – Services innovants de télémédecine a impact euroméditerranéen pour les sujets en conditions d’isolement”.
Il progetto, in partenariato con enti e istituzioni italiane e tunisine, prevede azioni di cooperazione transfrontaliera per promuovere la parità di accesso all’assistenza sanitaria e la resilienza dei sistemi sanitari. Mira a fornire servizi innovativi di telemedicina “di prossimità”, a impatto #euromediterraneo, a favore di un target di beneficiari, comprensivo di soggetti in condizione di “isolamento” sia per lontananza, sia per status sociale, migliorando significativamente la gestione delle malattie croniche e promuovendo la prevenzione in Sicilia e Tunisia, sfruttando le tecnologie di telemedicina per superare le barriere geografiche e socioeconomiche all’accesso alle cure, e riducendo gli spostamenti per raggiungere i luoghi di cura.
Il contributo comunitario per la realizzazione del progetto è pari a 907 mila euro, per un biennio di attività.
Sei i partner: tre italiani, ASP Trapani (capofila), Università degli Studi di Messina – Dipartimento di Giurisprudenza e Consorzio Sisifo, e tre tunisini, DACIMA Consulting, Association pour l’Education sanitarie en Médicine d’urgence e ABSHORE Tunisie. La convenzione tra gli enti partner sarà siglata il prossimo 5 maggio.
I partner tunisini individueranno di contro le località del territorio caratterizzate da difficoltà di accesso in cui implementare il progetto, aventi come target di riferimento i pazienti affetti da malattie croniche, con particolare riferimento al #diabete mellito. Il diabete comporta anche costi molto elevati: il 6,7% dell’intera spesa sanitaria nazionale, pubblica e privata è assorbita dalla popolazione diabetica
Salute
Prevenzione neonatale, presentato in ARS disegno di legge per diagnosi su immunodeficienze primitive

E’ stato presentato disegno di legge a firma di Giuseppe Pace, capogruppo di Democrazia Cristiana presso l’ARS, su “Disposizioni in materia di accertamenti diagnostici neonatali obbligatori per la prevenzione e la cura delle immunodeficienze primitive”.
Lo scopo di tale atto è quello di inserire nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) lo screening neonatale obbligatorio per la diagnosi precoce delle immunodeficienze primitive.
Tali malattie sarebbero tanto rare quanto gravissime con possibili conseguenze fatali. La diagnosi precoce potrebbe evitare tutto ciò.
In buona sostanza diagnosticare un sistema immunitario carente può rappresentare un salvavita per il neonato.
Il disegno di legge farebbe realizzare un Centro di coordinamento per gli screening neonatali dedicato alle immunodeficienze primitive, presso i presìdi ospedalieri dotati di Unità Operativa di Oncoematologia pediatrica.
In questo modo anche lo stile di vita del neonato migliorerebbe, evitandone la migrazione sanitaria, per viaggi della speranza.
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