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Cultura

Come una canzone è diventata l’entità di un popolo… Vitti ‘na crozza: Storia di una canzone

Redazione

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C’è nei canti del popolo siciliano una particolare nota, che li farebbe distinguere fra quelli di mille altri popoli, ed è una nota di signorilità: quasi una sprezzatura per tutto ciò che è volgare e scurrile. (Gesualdo Manzella Frontini)

Era il giorno della raccolta delle arance… un giorno che non dimenticherò mai per le sue variegate sfaccettature… avevo sedici anni ed ero da poco entrato al Molino e Pastificio S. Lucia di Ragusa… quando con grande piacere un giorno uno dei miei datori di lavoro il sig. Rollo Giuseppe ci invitò a me ed un altro giovane collega Giuseppe Gulino (da tutti chiamato Pippo…) a partecipare come ospiti alla raccolta delle arance nel suo “Giardino” presso la località di Pedalino.

Partimmo di buon’ora e dopo alcuni chilometri lontani dalla città per la strada che conduceva alla cittadina di Chiaramonte al primo bivio deviammo per fare sosta e colazione presso una masseria di proprietà del mio datore di lavoro… i mezzadri gente semplice e laboriosa ci accolsero con entusiasmo e con fare premuroso ci fecero gustare tutte le prelibatezze prodotte esclusivamente da loro: La ricotta calda nelle scutedde (Scodelle) in terra cotta, pane di casa, salsiccia affumicata, caciocavallo, olive e ficupali (fichi d’india). Ah!… dimenticavo il sig. Rollo ci aveva fatto indossare degli stivali per evitare di infangare la sua prestigiosa macchina… abbiamo avuto subito l’impressione di essere i due figli del fattore che con aria di superiorità e distacco eravamo pronti a condividere alcuni momenti con loro pur rimanendo sempre ognuno dalla propria parte… Subito dopo ci avviamo presso il “Giardino” in contrada Pedalino… che distanziava dalla masseria circa venti minuti… arrivammo in una zona rigogliosa di alberi da frutto con una notevole maggioranza di agrumi e nello specifico di alberi di arancio, con annessi caseggiati mostrando un’ architettura gentile e semplice tipica di queste zone rupestri… Beh arrivammo nel “Giardino” designato e subito il capo delle maestranze ci accolse in modo festoso… era Biagio Cassibba (per tutti Don Biagio…) un omone grande e grosso, con una notevole indole al comando e ad onore del vero usava spesso un linguaggio a dir poco colorito… suscitando spesso risate sonore e battute di rimbalzo …

Il clou della giornata fu l’ora di pranzo… Luigi, l’incaricato da Don Biagio, ci preparò dell’ottima carne cotta alla brace e dei gustosissimi carciofi immersi nella brace ardente, il tutto accompagnato da pane fatto in casa dalla moglie di Don Biagio e del buon vino locale.

Inoltre un certo Alfio di origine palermitana si mise a cantare alcune canzoni siciliane in dialetto e quella più gradita fu la celeberrima “ Vitti ‘na crozza” che suscitò ammirazione e commozione in tutti i commensali…

Era un canto struggente e amaro, mi colpirono molto alcune strofe… “Si nni eru, si nni eru li me anni – si nni eru, si nni eru un sacciu unni – ora ca sugnu vecchio di ottantanni -chiamu la morti i idda m' arrispunni”. Luigi con molto fervore mi spiegò il testo ai più sconosciuto…

Così un vecchio interroga il teschio di un uomo, in mostra sulla torre, col quale condivide la sensazione “ca di lì vermi su manciatu (Mangiato) tutto” e la speranza di aver in parte espiato le proprie colpe in questa vita per non pagarle tutte dopo la morte. Almeno lui ha la possibilità che i suoi cari preparino il letto per circondarlo durante la veglia funebre e non ricevere il destino dell'interlocutore di morire senza il rintocco delle campane, usanza questa che fa pensare alla sorte dei minatori dispersi nelle miniere di zolfo siciliane e per i quali la chiesa non faceva suonar le campane a morte avvenuta.

 

Al ritorno della giornata feci un’ ulteriore ricerca su quel canto tanto intenso e famoso ma altrettanto sconosciuto il testo ed il significato e con grande piacere scoprii parecchie cose che adesso mi accingo a farvi conoscere… Il canto è struggente ed amaro e veniva fatto risalire ad inni garibaldini o alla battaglia del Piave delle quali origini ben poco si sa.

La realtà invece è che nel 1950 Pietro Germi si recò in Sicilia per iniziare le riprese del film “Il cammino della speranza” (Terroni, nell’ipotesi iniziale). Ad Agrigento incontrò il Maestro Franco Li Causi al quale chiese di comporre “un motivo allegro-tragico-sentimentale “da inserire nel film. Nessuna delle proposte del Maestro soddisfò il regista sin quando a Favara (mentre si svolgevano le riprese) un minatore, Giuseppe Cibardo Bisaccia, recitò a Germi una poesia popolare, che comincia così: “Vitti ‘na crozza supra nu cannoni / fui curiusu e ci vosi spiari / idda m’arrispunniu cu gran duluri / muriri senza toccu di campani.”

Germi, affascinato dai versi, chiese a Li Causi di musicarli. “La canzone entra di diritto nella colonna sonora del film così da essere conosciuta in breve tempo in tutta Italia. Verrà conosciuta la canzone ma non l’autore della musica, non citato né sulla locandina del film, né nei titoli di testa o di coda: autore delle musiche, di tutte le musiche, risulta Carlo Rustichelli, famoso autore di colonne sonore”. Grazie al film e a un disco fatto incidere da Li Causi al tenore Michelangelo Verso questo “pezzetto sonoro” di Sicilia otterrà una diffusione internazionale.

Paradossalmente il successo crescente del brano (molti altri incideranno la canzone, che sarà cantata anche da Domenico Modugno) non si accompagna al riconoscimento per l’autore della musica. Al contrario, la canzone, anche in pubblicazioni importanti, passa erroneamente, per tradizionale e “viene, addirittura, segnalata come “un vecchio canto di guerra siciliano: lo cantarono gli insorti di Garibaldi nella spedizione dei Mille, lo cantarono i fanti siciliani, sul Carso, sul Pasubio, sul Piave”.

 

Francesco Giuffrida ci fornisce queste informazioni nell’articolo pubblicato sulla Rivista del Galilei del maggio 2009 (n.15). “Ma, scrive ancora Giuffrida, altre questioni ha fatto sorgere la nostra canzone: cosa vuol dire esattamente? Di cosa parla”? “Vitti ‘na crozza” potrebbe essere una ballata formata da tre o più canzuni di cui si sono perse varie componenti. Ma forse si deve proprio a questa possibilità di interpretazioni varie, a questo mistero, a questa serie di allusioni proprie di ‘Vitti ‘na crozza’ se il canto ha subito affascinato. Riporto qui qualche possibilità di interpretazione che chi naviga in Internet già conosce: il cannuni non è un cannone, ma una torre a cui venivano appese le gabbie coi condannati, fino alla loro riduzione in ossa consunte dalle intemperie e dal sole, perché servissero da monito ed esempio. Ma in nessun dialetto della nostra Isola cannuni ha il significato di torre, torrione o simili; certo, possiamo trovare – per esempio a Mazzarino – l’uso di chiamare la torre del castello ‘u cannuni (il cannone); ma è quella torre a essere ‘u cannuni’, non tutte le torri e, in ogni caso, la ‘crozza’ sarebbe ‘mpisa e non supra.

Il cannuni non è cannuni, bensì cantuni, che, nelle pirrere del trapanese – cioè nelle miniere, nelle cave – è un concio di tufo e di arenaria, ed è anche il luogo di lavoro dei minatori; ricordiamo qui che il Cibardo Bisaccia era proprio minatore, ma dell’agrigentino. È possibile che il minatore imparata la poesia nella provincia di Trapani abbia poi sostituito, in maniera del tutto automatica, il termine per lui senza significato con un termine più familiare.

Ipotesi affascinante – sposta l’attenzione dalla guerra a un disastro in miniera, frequente fino a qualche decennio fa in Sicilia – ma, proprio per l’assenza di raccolte di componimenti poetici, ormai difficilmente verificabile.

In ogni caso, sia che la poesia alluda a fatti di guerra o a disastri minerari o a condannati a morte, stona parecchio quell’assurdo ritornello, il famigerato “tirollalleru “che nei primi anni ’60 qualcuno infilò tra una strofa e l’altra, consegnando il canto al filone più ‘turistico’ del folklore siciliano. Ritornello che male si accorda con l’impianto generale del canto e che induce ad un accompagnamento che si discosta nettamente dalle prime esecuzioni, quelle per intenderci presenti nel film o registrate dal tenore Michelangelo Verso, più vicine agli intendimenti del Maestro Li Causi.

Per concludere, ricordiamo che solo nel 1979 la SIAE riconobbe al Maestro Li Causi la paternità della musica.

Salvatore Battaglia Presidente Accademia delle Prefi

Cultura

Pantelleria, come passa il tempo al Circolo Trieste di Khamma

Direttore

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Siamo alle ultime battute delle attività molteplici che si svolgono in uno dei circoli più antichi e frequentati di Pantelleria: il Trieste Stella.
Da qui si riparte nel mese di ottobre, due volte a settimana, in genere il martedì e il sabato per ritrovarsi insieme, condividere e progettare.

Con la tecnologia, l’adunata si realizza tramite messaggi nella comune chat di Whatsapp, un tempo con il passaparola o ci si recava in sede direttamente e si vedeva chi c’era e cosa si poteva improvvisare.

Partite a carte, tombola, serate mangerecce e di musica, i passatempi rituali. Nel tempo a queste si sono aggiunte altre iniziative culturali, come realizzare disegni da mettere in mostra.
Ma oltre a questo, poi  ci sono altre manifestazioni culturali più altisonanti che animano il circolo.

Noi abbiamo ricevuto queste splendide immagini che ritraggono panteschi khammioti rilassati, sereni e desiderosi di ritrovarsi in armonia, scambiando qualche chiacchiera e un giro di tombola.

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Cultura

  Forbes celebra Sonia Anelli: tra le 100 donne del cambiamento, anche l’ex direttore del Parco Nazionale Isola di Pantelleria

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Un prestigioso riconoscimento arriva per Sonia Anelli, già direttrice del Parco Nazionale Isola di Pantelleria dal 2021 al 2024, inserita da Forbes Italia tra le 100 donne che guidano il cambiamento nel nostro Paese.

Nella lista “L’Italia delle Donne” – giunta all’ottava edizione – Forbes celebra il talento, la determinazione e la leadership femminile che stanno contribuendo al progresso economico, culturale e sociale dell’Italia.

Il riconoscimento arriva per Sonia Anelli, che ha guidato il Parco negli ultimi anni, anche nell’attuale fase commissariale insieme a Italo Cucci, continuando a promuovere un modello di gestione sostenibile, innovativo e profondamente legato al territorio.

Una notizia che ci riempie di orgoglio: Pantelleria continua ad essere esempio e ispirazione, anche grazie a chi vi ha lavorato nel corso degli anni e grazie a chi vi continua a lavorare con passione e dedizione.

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Cultura

Pantelleria contro Ischia, nel Torneo virtuale degli stemmi Isole Minori italiane. V O T A T E

Redazione

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Sulla pagina Fun with Flags si sta svolgendo il Torneo virtuale degli stemmi dei Comuni delle Isole Minori d’Italia

Un modo per pubblicizzare gratuitamente il nostro territorio
QUARTI DI FINALE
Oggi c è PANTELLERIA contro Casamicciola Terme (Ischia)
Per votare bisogna entrare nel link qui sotto e votare con la reaction del
Non valgono like e commenti solo la reaction
Votate e condividete
https://www.facebook.com/100081819372102/posts/698482846222355/

 
 
 
 COPPA ISOLE MINORI
2° QUARTO DI FINALE
Si vota dalle 9.00 alle 22.00 con la reaction abbinata allo stemma (non valgono like o commenti)
CASAMICCIOLA TERME (Isola d’Ischia)

Situato nella parte settentrionale dell’isola d’Ischia, dispone di un porto misto commerciale e turistico. È l’unico comune che confina con tutti gli altri dell’isola: a est con il Comune di Ischia, a sud con il Comune di Barano d’Ischia lungo il sentiero che separa il bosco della Maddalena dal Monte Maschiatta, e con Serrara Fontana attraverso le colline Jetto, toccando a sud-ovest il Comune di Forio e lambendo a ovest con la Fundera anche quello di Lacco Ameno. Ha una superficie di circa 5,5 km², con una conformazione in gran parte collinare. Man mano che si risale verso l’entroterra, allontanandosi dalla costa, la densità demografica diminuisce, azzerandosi o quasi, in prossimità del monte Epomeo. La popolazione ha da sempre sfruttato le sorgive termali di Casamicciola, rendendo famosa questa località per la qualità delle cure termali. Lungo la costa ci sono tre spiagge equidistanziate, in zona Fundera, Marina e Perrone.
Rappresenta una donna che bagna i piedi nelle acque di un ruscello, con a fianco un vaso di terracotta e sullo sfondo tre colli.

Pantelleria

Pantelleria (Pantiḍḍrarìa in siciliano) è un comune italiano di 7 159 abitanti del libero consorzio comunale di Trapani in Sicilia.
Il comune copre l’intera isola di Pantelleria che è estesa più di 80 km² (4 volte circa l’isola di Lampedusa) e si trova a 110 km a sud ovest della Sicilia e a 65 km a nord est della Tunisia, la cui costa è spesso visibile a occhio nudo.
L’isola raggiunge un’altitudine di 836 m sul livello del mare con la Montagna Grande. Il porto dell’isola permette il collegamento regolare con il porto di Trapani. Pantelleria è dotata di un aeroporto ed è collegata all’Italia continentale con voli di linea, in regime di continuità territoriale.
Instagram
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