Cultura
Come eravamo… Vacanze Anni ’60 ed un Ferragosto da ricordare
“Tutti ar mare, tutti ar mare a mostra’ le chiappe chiare, co’ li pesci, in mezzo all’onne, noi s’annamo a diverti’” Ferragosto degli anni ’60, come oggi: ”Tutti al mare!” La scelta mai cambiata di preferire il mare alla montagna Era l’abitudine degli italiani, quelli che preferivano il mare alla montagna. Ed erano tanti. Negli anni ’60 di un Ferragosto qualunque, in spiaggia, un tripudio di bikini fantasia tipo Positano, coppe a balconcino e sgambatura casta, talvolta con una specie di grembiulino davanti, vedo-non vedo delle brave figlie di mammà. I tamburelli e il loro tam tam. Il juke-box che suona Mare contro mare, sfida balneare della tv unica e indivisibile, come l’Italia e Gianni Morandi canta. E poi le pinne, il fucile, gli occhiali, il mare che sarà pure una tavola blu, ma… ormai è l’una passata, e la sola tavola che si vede in giro è quella da camping, imbandita per il pranzo; sedie pieghevoli e tovaglia a scacchi bianchi e rossi. La birra della tedesca spumeggiante non è ancora popolarissima, così lo sciabordio di vino e gassosa regna sovrano. Si mangia. Timballo, imperatore incontrastato dell’estate ferragostana. Ma c’è anche la frittata di pasta e le cosce di pollo. Nell’afa estiva si consuma il rito delle poche famigliole scampate a gite in montagna, poi il cocomero nell’acqua. Il 15 d’agosto gli italiani stanno al mare, e lì mangiano come a casa, altro che pizzette. C’è anche qualche straniero, per lo più formato da coppie attempate tedesche, che sembrano di un altro pianeta. Sandali spartani e calzini bianchi. Il mito precipita. I giovanotti – capello appiccicato e costume ascellare col pettine infilato dietro – si domandano dove siano finite le svedesi doc, belle, alte, bionde e che dicono sempre sì. Forse a Rimini, chissà. La riviera romagnola, quella sì che è vita… Intanto qui, sulla spiaggia nostrana a Marina di Ragusa, tocca decodificare il timballo in lasagna, per farsi capire dai turisti del nord, ectoplasmi con la pelle diafana e molliccia che il sole lo vedono sì e no tre giorni l’anno. Mica come gli indigeni, faccia di cartone raggrinzito abbronzata pure d’inverno. E anche sotto l’ombrellone arriva il cocomero, bollente come al solito, perché il mare, come il ruscello, non rinfresca un bel niente. È un brodino, il mare. Filtrato e sgrassato, pulito e limpido. Comunque, un brodino, dal quale sembrano fuggire cavallucci e stelle marine, che negli anni ’60 ci sono davvero e quelli arenati sulla riva te li porti a casa come un trofeo salmastro. Il pasto di Ferragosto prevede l’inevitabile pennica all’ombra, con il preciso compito di allontanare, dopo tale simposio, lo shock cardiopatico. I ragazzini giocano al bigliardino e leccano il ghiacciolo, le ragazzine giocano a chiodo sulla sabbia, sotto l’ombra. Chi riesce a sfuggire al controllo dei genitori prepara la pista per le biglie, allisciando la sabbia assolata col secchiello pieno d’acqua. I più piccoli si impegnano per quasi tutta la mattina con secchielli e palette per fare castelli con la sabbia nel bagnasciuga. Fra gli ombrelloni passa il progenitore dei vu’ cumprà, che in quegli anni era italianissimo, col vassoio di pizzette, bombe e ciambelle zuccherate e l’ambito “Cocco bello…”.
Durante il bagno pomeridiano si affondano le mani nella sabbia e si tirano su telline e cannolicchi, per la cena. Ce n’erano allora. La giornata finisce con la passeggiata sul molo, a guardare la rete del trabocco calare lenta nell’acqua e risalire con un po’ di pescetti. Al chiarore della luna quel ragno di mare sembra una magia, e forse lo è. Appena scalfita, qualche anno dopo, dal rumore delle palline clic clac che trapanano i timpani. E già risuonano gli anni ‘70…
Un Ferragosto speciale in una Sicilia accogliente di molti anni fa… Una domenica d’agosto, di qualche anno fa, l’appuntamento era per le 13:30, volevamo festeggiare il mio 18 compleanno con i miei zii venuti da Milano… (a dire il vero il mio compleanno è il 5 di agosto). Al ristorante eravamo arrivati in anticipo, io e la mia famiglia abbiamo parcheggiato la mitica FIAT settecentocinquanta “Giannini” e tenendo d’occhio l’ingresso del ristorante abbiamo fatto due passi su quel tratto di litoranea presso “Fontane Bianche” vicino Siracusa. Era una splendida giornata di sole e il caldo così intenso da doverci riparare sotto le fronde di alcuni salici che ornavano il marciapiede. Il traffico a quell’ora era quasi inesistente e la strada infuocata era percorsa solo da frettolosi bagnanti e da frotte di ragazzini che non vedevano l’ora di tuffarsi in mare. Mentre attendevamo l’arrivo dei parenti venni attratto da una coppia giovanissima che seduta su una panchina, tenendosi per mano e guardando verso il mare, stava mangiando un pezzo di focaccia. Si scambiavano qualche parola e poi ricominciavano a masticare silenziosamente quell’improbabile pranzo ferragostano. Ripassandoci accanto, sorridendo e buttandola lì, chiesi: “Mangiare a quest’ora la focaccia, non vuol dire rovinarsi l’appetito e il pranzo?” La coppia alzò lo sguardo e la ragazza, guardando prima il suo compagno e poi me, rispose: “Il pranzo è tutto qui. Non stiamo rovinando proprio niente.” “Come mai” insistetti io. Poi, accorgendomi della gaffe che stavo facendo replicai: “Scusatemi ragazzi. Avete ragione, non sono fatti miei.” “Di niente”. Intervenne il ragazzo:” È solo che non abbiamo soldi e a casa dei nostri genitori è meglio che non ci andiamo.” “Mi spiace”, replicai: “Niente di grave, spero. Vi auguro che siano solo incomprensioni passeggere. Siete così giovani.” “Incomprensioni che durano da sempre, purtroppo.” Aggiunse la ragazza. “Lui è disoccupato e non trova lavoro. Io aspetto un bambino e viviamo alla giornata, e questa è il Ferragosto che ci tocca.” Non so quale impulso mi abbia spinto a farlo, ma dopo aver parlato con i miei, li abbiamo invitati al ristorante. La coppia si guardò perplessa e poi rivolse lo sguardo verso mia madre, come a chiedere conferma di quello che avevano sentito. Mia madre altrettanto esitante chiese, più a sé stessa che a noi: “E se non ci sono più tavoli?”. “Ci stringiamo e mangiano con noi.” Ribattei io, sapendo che non sarebbe stato facile farlo accettare ai commensali. Detto ciò, invitai il ragazzo a seguirci e lui, preso la mano della sua compagna, l’aiutò ad alzarsi e assieme attraversammo la strada per dirigerci verso il ristorante. Un tavolo per due fu subito trovato e i due ragazzi, ancora increduli e tenendosi sempre per mano si sedettero. Quando al loro tavolo arrivò il cameriere per le ordinazioni, loro ammutolirono e disorientati si
voltarono verso di me, allora feci cenno di portare loro il menù predisposto per noi e se desideravano dell’altro, di accontentarli. Alla fine dell’interminabile banchetto ci alzammo e la coppia, che era uscita dal locale prima di noi, vedendoci, si avvicinò per ringraziarci ancora una volta. Preso da un eccesso di generosità, così almeno lo definì mio padre, trassi il portafoglio e detti loro 20 mila lira: “Per domani. Auguri.” La ragazza, incredula, rigirando tra le mani la banconota mi guardò sorridendo:” Grazie, ma questi è meglio che li teniamo da parte per il bambino. Nascerà tra quattro mesi.” In macchina, sulla strada di casa, mia madre mi fece notare che non ci eravamo presentati e non sapevamo nemmeno i loro nomi: “Solo tu riesci a creare certe situazioni assurde: Incontri due sconosciuti, parli un momento con loro, subito li inviti a pranzo e al momento di salutarli dai loro anche del denaro, senza sapere chi siano, come si chiamino.” Mi girai verso di lei e con un’occhiata furtiva guardai mio padre per replicare, ma guardandoli capii che stavano approvando quello che avevo fatto e stetti zitto. Tempo dopo, molto tempo dopo, entrando nella sala d’aspetto dell’ambulatorio dentistico “Ferreri” di Comiso, trovai seduti in attesa del loro turno due signore e un papà con due adolescenti che gli sedevano accanto. Mi sedetti anch’io e presa una rivista dal tavolinetto che traboccava di riviste, cominciai a sfogliare distrattamente le pagine di un settimanale vecchio almeno di un paio d’anni. Attraverso la porta chiusa del laboratorio arrivava il rumore inconfondibile di un trapano che stava scavando a pieno regime e le due ragazzine preoccupate, guardando il padre, chiesero: “Ma questo è il trapano, lo devono usare anche con noi?” Lui le rassicurò dicendo che erano lì solo per controllare e registrare l’apparecchio che avevano per allineare i denti. Io sorrisi e il padre, guardandomi, annuì. Mi accorsi però che l’uomo non smetteva di guardarmi. Scambiava qualche parola con le figlie e poi si girava ancora verso di me e mi fissava. Imbarazzato e pensando che quel mio sorriso fosse stato frainteso stavo quasi per scusarmi, quando l’uomo alzandosi mi rivolse la domanda: “Mi scusi, lei, per caso, qualche anno fa, più di qualche anno fa, si ricorda di aver offerto un pranzo ad una coppia?” Lo guardai sorpreso. No, non ricordavo di aver mai offerto pranzi a coppie. Cercai nella memoria, ma proprio non riuscivo a ricordare. “Era il giorno di Ferragosto presso “Fontane Bianche” due ragazzi, un ragazzo e una ragazza, stavano seduti su una panchina della litoranea e lei gli ha invitati a pranzo. Era Ferragosto. Ora ricorda?” Scossi la testa in segno di diniego, a disagio e non sapendo cosa rispondere, mi aggiustai meglio sulla sedia, sperando che si aprisse subito la porta e Silvana (la segretaria) chiamasse il prossimo paziente. “La ragazza era incinta. Ora ricorda? Lei era con i suoi genitori e stavate festeggiando il suo diciottesimo compleanno e ci invitò al ristorante. Eravamo io e mia moglie. Stavamo mangiando un pezzo di focaccia seduti su una panchina di fronte al mare, ricorda?” Alzandomi annuii. Improvvisamente mi era tornato alla mente l’episodio accaduto non so quanti anni prima. “Io sono quel ragazzo e queste sono le mie due gemelle. Mia moglie ancora ne parla perché da quel Ferragosto tante cose sono cambiate.” Mi disse avvicinandosi e abbracciandomi, mentre le due ragazzine ci stavano osservando esterrefatte. Io imbarazzato contraccambiai l’abbraccio senza replicare. Mi raccontò che subito dopo quel pranzo aveva trovato lavoro presso un fornitore all’ingrosso di prodotti per bar e ristoranti presso Siracusa. Guidava il furgone della ditta, faceva le consegne e anche il magazziniere e lo stipendio gli bastava per tirare avanti e pagare l’affitto di casa. “Avrei voluto ringraziarla per quel pranzo e la fortuna che ci ha portato, ma non sapevo come rintracciarla. Dopo la nascita delle gemelle anche le controversie con le famiglie si sono appianate ed ora, finalmente, stiamo attraversando un periodo di serenità”. Mi disse anche che la moglie aspettava un altro bambino e che era felice di poterle dire che mi aveva incontrato, salutato e finalmente ringraziato. Quando l’infermiera lo invitò a seguirla, lui si alzò e mandò avanti le figlie poi, girandosi verso di me: “Scusi, abbiamo parlato per una buona mezz’ora, ma non ci siamo presentati nemmeno questa volta. Io mi chiamo…” “No. Non dica nulla” Lo interruppi.” Non mi dica il suo nome, come io non le dirò il mio. Lasciamo che quella dimenticanza di allora rimanga un piccolo
mistero inespresso. Forse quello che mi ha raccontato non è mai successo ed è solo frutto della sua immaginazione.” Conclusi. Seguendo l’infermiera che lo stava aspettando per richiudere dietro di sé la porta, mi sorrise: “Si. è successo. E come se è successo! Io me lo ricordo benissimo e anche lei se lo ricorda. Ma se vuole, facciamo come dice lei. La saluto, ma a mia moglie che l’ho incontrata e le ho parlato glielo devo proprio dire, per forza. Buona serata e ancora grazie di cuore.” Rimasto solo nella sala d’attesa, guardai l’orologio e pensai che si fosse fatto tardi, o forse era stato quel persistente ronzio del trapano, o il desiderio di tornare nell’oblio che mi fece alzare ed uscire. Tirato su il bavero del giubbotto e messo le mani in tasca per ripararmi dalla tramontana, mi avviai verso casa, contento di constatare che qualche volta le miserie quotidiane nella nostra amata Sicilia possono avere anche un lieto fine…
Salvatore Battaglia Presidente dell’Accademia delle Prefi
Cultura
Pantelleria a Vins Extrêmes , il salone internazionale della viticoltura eroica
Un’importante vetrina di promozione del territorio. Presenti Parco e Comune di Pantelleria
Pantelleria e la sua viticoltura eroica sono stati protagonisti della 33esima edizione del salone internazionale (Mondial des Vins Extrêmes) di Forte di Bard (Aosta).
L’evento, promosso da Cervim (Centro di ricerca per la viticoltura montana) in collaborazione con l’Assessorato Agricoltura e Risorse Naturali della Regione Valle d’Aosta, la Chambre valdôtaine e l’Associazione Forte di Bard, ha avuto l’obiettivo di valorizzare la viticoltura eroica quale presidio produttivo, paesaggistico e culturale, sostenendo modelli agricoli capaci di generare valore economico e servizi ecosistemici.
Il salone ha accolto più di 50 aziende, provenienti da 11 regioni italiane e da diverse realtà europee (come Albania, Germania e Svizzera) e ha avuto come ospiti 5 delegazioni “eroiche” tra cui Pantelleria, a fianco di Svizzera (Lavaux), Abruzzo (Consorzio Vini), Spagna (Lugo -Galizia) e Francia (Côte Vermeille–Banyuls).

L’Ente Parco Nazionale e il Comune della Perla Nera hanno presentato le loro tipicità enologiche in uno stand nel quale, grazie alla presenza del giovane Maitre e Sommelier Pantesco Gaspare Basone (membro FISAR,Federazione Italiana Sommelier Albergatori Ristoratori delegazione di Roma), sono stati descritti e fatti degustare vini, vini passiti e aromatizzati accompagnati da alcuni prodotti gastronomici d’eccellenza (come olio, patè, mieli di nicchia) offerti dalle Aziende Agricole del territorio che hanno aderito all’iniziativa.
La delegazione Pantesca ha avuto a disposizione, oltre allo stand, anche un corner point che ha permesso di narrare l’isola dal punto di vista dell’agricoltura e delle sue tipicità non solo enologiche ma anche turistiche.
Momento importante della manifestazione è stata la cerimonia di premiazione del Concorso enologico internazionale dedicato ai vini prodotti da viticoltura eroica. Alla giuria (composta da 50 tecnici degustatori internazionali) sono pervenuti 1001 vini di 372 aziende provenienti da 17 paesi del mondo. 
Tra le medaglie assegnate sono presenti due cantine pantesche: Medaglia D’Oro alla Cantina Basile, per il suo vino bianco Pantelleria DOC Sora Luna 2024, ottenuto con uve zibibbo in purezza, e per il Passito DOC Shamira 2020, e Medaglia D’Oro alla cantina Pellegrino per il Pantelleria DOC Isesi 2023, anche questo bianco ottenuto da uve zibibbo in purezza.

Parco e Comune ringraziano tutti i produttori che hanno messo a disposizione i loro prodotti per fare conoscere il territorio in una importante vetrina internazionale: Basile, Pellegrino, Donnafugata, Antonio Gabriele, I giardini di Tanit, D’Ancona, Gotha, Khattibuale, Marthingana, Almanza.
Spettacolo
“Pluribus” e il ritorno di “Now You See Me” guidano lo streaming in Italia – Classifica JustWatch
L’ultima classifica inerente a top film e serie TV più gettonate in Italia nell’ultima settimana: https://www.justwatch.com/it/streaming-charts

Per i film, questa settimana Now You See Me – I maghi del crimine sale di una posizione e conquista il primo posto probabilmente spinto dalla recente uscita nelle sale di Now You See Me 3. I migliori illusionisti del mondo vengono reclutati da un misterioso benefattore per mettere in scena rapine straordinarie, regalando il bottino agli spettatori come se fossero parte dello spettacolo. Sulle loro tracce si mettono un agente dell’FBI e un detective dell’Interpol, determinati a smascherare il trucco dietro ai colpi impossibili del gruppo.
Al secondo posto debutta After the Hunt – Dopo la caccia, nuova entrata firmata da Luca Guadagnino e presentata all’ultimo Festival di Venezia. Julia Roberts interpreta una professoressa universitaria alle prese con una studentessa modello (Ayo Edebiri) che muove delle accuse verso un suo collega (Andrew Garfield). Quando un segreto del passato della docente riaffiora, la sua vita privata e professionale rischia di crollare. Un dramma psicologico sull’etica, il potere e la verità, con un cast di alto livello e una tensione crescente.
Al terzo posto scende Frankenstein, che perde due posizioni dopo due settimane consecutive in vetta. Diretto da Guillermo del Toro e presentato al Festival di Venezia, il film segna il ritorno del regista premio Oscar al gotico, con una nuova versione del celebre romanzo di Mary Shelley. Victor Frankenstein (Oscar Isaac), ossessionato dall’idea di riportare in vita i morti, sfida i limiti della scienza fino a dare forma a un essere mostruoso e mai visto prima.
Per le serie TV, stabile in vetta per la terza settimana consecutiva Pluribus. La persona più disperata del pianeta riceve l’assurda missione di salvare il mondo dalla felicità, in una satira filosofica che esplora la tristezza necessaria e il potere di chi non ha più nulla da perdere.
Al secondo posto sale The Beast in Me, che guadagna due posizioni. Una scrittrice famosa si ritrova coinvolta in un gioco manipolativo con il suo potente vicino: un uomo ricco e misterioso, avvolto dal sospetto di un omicidio, che trasforma la sua vita in un intricato gioco psicologico fatto di sotterfugi e tensione.
Guadagna due posizioni anche Welcome to Derry, che si piazza al terzo posto. Prequel di It, la serie è ambientata negli anni ’60 nella cittadina più inquietante del Maine e racconta le origini di Pennywise, il clown simbolo della paura. Un viaggio nel passato che unisce nostalgia e terrore, destinato a conquistare gli amanti dell’horror.
A questa pagina è presente la tabella contenente la classifica completa aggiornata in tempo reale e riferita agli ultimi 7 giorni anche oltre la 10ma posizione.
Questa settimana JustWatch mette in evidenza la sua nuova guida ai migliori adattamenti cinematografici di musical di Broadway, con Wicked (2024), che nell’ultima settimana si è classificato al quarto posto della streaming chart italiana, al centro dell’attenzione. La lista include classici come Cabaret, Chicago e, naturalmente, Wicked, offrendo indicazioni su dove poterli vedere in streaming in Italia. La lista completa dei titoli può essere consultata a questa pagina: https://guides.justwatch.com/it/migliori-film-tratti-da-musical
Cultura
Santo Stefano Quisquina da Comunita’ HONOS 2024 a candidata al Premio Paesaggio del Consiglio d’Europa
SANTO STEFANO QUISQUINA
Tra le pieghe morbide dei Monti Sicani, dove i profili delle colline si inseguono come onde di terra e il vento porta con sé l’eco di antichi mestieri, Santo Stefano Quisquina affida al proprio paesaggio la narrazione di un’identità collettiva che ancora oggi resiste, si rinnova e dialoga con il mondo contemporaneo.
È da questo intreccio di natura, memoria e comunità che nasce la candidatura al Premio Nazionale del Paesaggio, promosso dal Ministero della Cultura nel solco della Convenzione Europea del Paesaggio.
Il paese, immerso in un ambiente che alterna boschi, pascoli e antiche vie di transumanza, conserva un tessuto umano fatto di gesti lenti e consapevoli: il lavoro dei pastori all’alba, il ritorno dei contadini lungo i terreni terrazzati, le donne anziane che raccontano proverbi legati alle stagioni.
Qui il paesaggio non è solo sfondo: è protagonista, compagno quotidiano, matrice culturale che continua a modellare comportamenti, relazioni e linguaggi.
La candidatura si inserisce dunque in una visione ampia, che considera il territorio come eredità viva. Negli ultimi anni Santo Stefano Quisquina ha promosso pratiche di tutela e progetti di valorizzazione che hanno dato nuovo senso a luoghi storici e spazi rurali, mettendo al centro la sostenibilità, la partecipazione e la continuità delle tradizioni. La comunità ha fatto del proprio legame con la terra un principio guida, trasformando antichi saperi in strumenti contemporanei di gestione e cura.
Il dossier presentato — un documento che unisce rigore tecnico e profondità culturale — raccoglie questa lunga relazione tra gli abitanti e il territorio.
Le descrizioni del paesaggio sono punteggiate da fotografie, mappe, testimonianze orali e racconti che restituiscono un mosaico complesso e affascinante: la Quisquina come luogo di incontro tra storia e natura, ma anche come spazio affettivo in cui ciascuno riconosce un frammento della propria identità.
L’Amministrazione Comunale, rappresentata dal sindaco Francesco Cacciatore (nella foto) e dall’assessore al Turismo Anna Chillura, ha espresso profonda gratitudine a chi ha contribuito in modo volontario alla redazione del documento.
La Prof.ssa V. Scavone e le architette E. Lo Sardo, D. Toscano e J. Moscatello hanno intrecciato competenze tecniche e sensibilità territoriale, mentre la Consigliera Comunale Lucia Leto Barone e numerosi cittadini hanno offerto conoscenze, memorie e tempo, trasformando la candidatura in un vero progetto collettivo. L’esito del concorso sarà noto nei prossimi mesi. Tuttavia, per Santo Stefano Quisquina, il senso profondo di questo percorso è già evidente: la consapevolezza di abitare un paesaggio non solo da ammirare, ma da raccontare, custodire e tramandare. In un’epoca di cambiamenti rapidi, il paese rinnova così il suo impegno nel riconoscere il territorio come patrimonio culturale vissuto, luogo di appartenenza e promessa di futuro.
E così, da Comunità Honos capace di prendersi cura del proprio patrimonio umano e ambientale, Santo Stefano Quisquina approda oggi alla scena europea come esempio maturo e luminoso di un territorio che ha saputo trasformare la propria identità in valore condiviso.
Laura Liistro
Foto di Francesco Cacciatore
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