Cultura
Un asso dell’aviazione nei cieli di Pantelleria
Oltre 400 missioni di guerra con 17 vittorie aeree individuali e tre collettive, un medagliere di tutto rispetto: ben 4 Medaglie d’Argento al Valor Militare, 1 Croce di Guerra al Valor Militare, 1 Croce al Merito di Guerra, 1 Medaglia commemorativa della spedizione in Albania, 1 Croce di Ferro di II Classe (concessa dalla Germania). Questo è stato l’asso dell’aviazione italiana Ugo Drago, che proprio nei cieli di Pantelleria colse due belle e significative vittorie. Erano gli ultimi giorni prima della caduta di Pantelleria, sottoposta da settimane a feroci e continui bombardamenti da parte degli Alleati. Le ondate di aerei nemici si succedevano, una dopo l’altro anche di notte, con formazioni spesso di centinaia di velivoli. Le sparute forze aeree dell’Asse facevano l’impossibile per tentare di arginare e contrastare, in qualche modo, i raids degli avversari, ma il numero faceva aggio sul valore, a volte disperato. Era la difficile giornata del 9 giugno 1943, appena tre giorni prima della resa dell’isola. Nel corso di quella stessa giornata si contarono ben 19 attacchi aerei degli Alleati con circa 550 velivoli, il che la dice lunga sul potenziale messo in campo dagli anglo-americani. A contrastare uno di questi attacchi intervenne coraggiosamente una squadriglia di caccia italiani, comandata dall’allora tenente pilota Ugo Drago. Ugo Drago era nato ad Arborio in provincia di Vercelli il 3 marzo 1915 (morirà a Roma il 22 aprile 2007 all’età di 92 anni) e proveniva dall’Accademia della Regia Aeronautica. Il 1° gennaio 1943 era stato nominato comandante della 363a Squadriglia Caccia, inquadrata nel 150° Gruppo Autonomo CT. La Squadriglia era stata schierata all’aeroporto di Sciacca e sin dal maggio ’43 partecipava a missioni di guerra in difesa dei cieli della Sicilia e dell’isola di Pantelleria. Il 150° Gruppo era equipaggiato con i nuovi e ottimi caccia, forniti dai tedeschi, Messerschmitt Bf 109G, oltre ad avere sembra ancora dei Macchi M.C.202 Folgore di costruzione italiana. A quel tempo il giovane comandante (28 anni) della 363a aveva già al suo attivo 4 abbattimenti individuali. Quella mattina del 9 giugno, verso le ore 09:00, due caccia M.C.202 Folgore, in missione di ricognizione, avvertirono che Pantelleria era sotto incursione di bombardieri nemici, scortati da caccia del temibile tipo Supermarine Spitfire. Il primo a giungere in quel quadrante di cielo fu il Messerschmitt Bf 109G (numerato 363-7) del comandante Drago, che ingaggiò subito il combattimento con gli Spitfire. Quest’ultimi appartenevano al 308th Fighter Squadron del 31st Fighter Group dell’Air Force Americana. Nel frattempo erano sopraggiunti altri caccia italiani, che impegnavano anch’essi gli avversari.
Durante uno dei tanti duelli aerei il tenente Drago centrò in pieno il Supermarine Spitfire, pilotato dal 1° tenente pilota Stanley E. McMann (matricola 0-885161), originario della Contea di Denver in Colorado. L’aereo americano precipitò in fiamme in mare, mentre McMann si lanciava col paracadute. Per Drago era il 5° abbattimento conseguito. Proprio per ricercare in mare il pilota McMann (peraltro mai ritrovato e salvato, anche se qualche storico sostiene erroneamente il contrario) si verificò circa due ore dopo un ulteriore e più sanguinoso combattimento aereo tra italiani e americani. Tra le ore 10:15 e le 11:40, sempre del giorno 9, Supermarine Spitfire del 31st Fighter Group, spalleggiati da caccia pesanti Lockheed P-38 Lightning del 1st Fighter Group, erano ritornati sulle coste di Pantelleria in cerca del loro collega, il 1° tenente pilota Stanley E. McMann. In tutto erano una cinquantina di velivoli americani. Nello stesso torno di tempo 4 Messerschmitt Bf 109 del 150° Gruppo Caccia e 14 Macchi M.C.202 del 53° Stormo Caccia erano a loro volta su Pantelleria. Era della partita anche il Messerschmitt del tenente pilota Ugo Drago, che presumibilmente aveva fatto rifornimento al campo della Margana o a Sciacca. Le due formazioni avversarie s’incontrarono a 2 miglia a nord di Pantelleria, praticamente a ridosso dell’isola, e lo scontro durò una ventina di minuti. Sebbene in evidenti condizioni d’inferiorità numerica, gli italiani attaccarono con determinazione. Alla fine dei combattimenti, 4 Supermarine Spitfire erano andati giù in fiamme, di cui uno venne assegnato al tenente Drago (6a vittoria), ma anche gli italiani avevano pagato un duro scotto con la perdita di 2 Macchi M.C.202, quelli del capitano Bruno Veronesi (comandante del 151° Gruppo Caccia) e del sottotenente Antonio Crabbia, e di 1 Messerschmitt, il numero 363-7, che era proprio quello del tenente Drago. I tre piloti italiani si lanciarono col paracadute e ammararono nei pressi della costa pantesca, in breve l’efficiente servizio di salvataggio dell’isola li recuperò con delle barche e li portò in salvo a terra. Ma per la Regia Aeronautica quei tre piloti, soprattutto l’asso Ugo Drago, erano troppo preziosi per la loro esperienza maturata nel volo e nel combattimento aereo. Servivano ancora per il proseguimento della guerra. E così con uno degli ultimi voli partiti da Margana, un trimotore Savoia-Marchetti S.81, i tre furono evacuati e portati a Palermo. Mancavano solo poche ore alla resa dell’isola.
Orazio Ferrara
Foto: il tenente pilota Ugo Drago
Cultura
I racconti del vecchio marinaio di Pantelleria: Il rito antico della dragunera
Quel giorno lasciai gli scogli di San Leonardo più presto del solito, mentre i miei amici erano ancora a mollo a mare, in un’acqua trasparente e azzurrina come solo il mare di Pantelleria sa esserlo. Mi soffermai ancora una volta a leggere le scritte multicolori che rendevano meno triste il vecchio bunker di cemento armato della seconda guerra mondiale. L’amore di sempre: “ti voglio bene, “un cuore solo”, “ti amerò per sempre” precedute da un nome femminile e tante altre scritte, eredità amorose di generazioni di giovani panteschi. Una però faceva a pugni con tutte le altre, “Mariuccia buttana”. Doveva essere stato davvero un brutto tradimento, per bollarlo con un marchio di fuoco e per tramandarlo così ai posteri.
Giunsi sulla banchina e lo vidi seduto sulla solita bitta di fronte al castello, la nuvola azzurrina del fumo della sua pipa gli conferiva una strana aureola di mistero. Avevo deciso di porgli alcune domande, ma appena mi vide cominciò a parlare con voce arrochita dal tabacco e dalla salsedine. “Il veliero Madonna di Trapani era un vero e proprio gioiello della marineria pantesca. Due alberi, bompresso lungo come una lancia, vele latine che sapevano piegarsi al vento, ma non alla paura. Patrun Vitu, il suo comandante, era un uomo di mare e di silenzi infiniti, con le mani dure come la nostra pietra lavica e gli occhi di un verde misterioso, che avevano visto tempeste e miracoli. Nelle sue mani il timone seguiva docilmente l’invisibile linea della rotta fissata.
Quel giorno, ero ancora picciotto ‘i varca, avevamo da diverse ore passatu l’isola di Ustica e puntavamo, con tutte le vele spiegate su Trapani, fermarci qui la notte e il giorno seguente tornare a Pantiddraria, dove dovevamo sbarcare delle merci comprate a Napoli. Il mar Tirreno sembrava quieto e il vento amico, ma ‘ogni marinaio sa che “Cu ventu e cu mari nun si fa cuntrattu” (Col vento e col mare non si fa contratto). Così all’improvviso il cielo cambiò.
Una linea nera si stese sull’orizzonte, e il vento cadde morto di colpo. I marinai si guardarono l’un l’altro muti e attoniti. Il capitano Vito salì sul ponte e scrutò quel cielo nerastro e la vide: una dragunera (tromba marina), la maledizione antica e rabbiosa per chi va per mare. Essa, sottile e affilata, scendeva dal cielo come il dito di dio marino irato, girando vorticosamente sull’acqua.
Il nostromo Turi colse l’ansia e il timore degli altri uomini dell’equipaggio e chiese a patrun Vitu di virare. Ma Vito no, non solo perché la cosa era impossibile per mancanza di vento, ma perché egli era uomo che accettava intrepido le sfide in mare. Lui conosceva lu ritu anticu, lo aveva visto fare
da suo nonno e da suo padre prima di lui. Aprì il baule sotto il timone e ne trasse un coltello d’ossidiana, nero come la notte e affilato come il silenzio che precede la burrasca. Poi disse deciso “Mantenete la rotta, non si fugge davanti alla dragunera. Si tagghia”.
Si diresse a prua e la sua figura alta e possente sembrò dominare le onde. Il vento intanto aveva ripreso a soffiare forte e impetuoso che a momenti gli strappava il berretto. La dragunera si avvicinava, ululando conne una magara. Vito attese, fermo, come nu parrinu davanti all’artari. Quando la coda della tromba marina fu a portata, egli disse vecchie parole che non si potevano intendere, poi tracciò con il coltello d’ossidiana una grande croce nell’aria e recitò a voce alta questa preghiera:
Nniputenza di lu Patri,
Sapienza di lu Figghiiu,
pi virtù di lu Spiritu Santu
e pi nnomu di Maria
sta cuda tagghiata sia
Un suono sordo, come un lamento, si levò dal mare. La vorticosa colonna d’acqua si dissolse e il cielo si aprì all’azzurro. Tutti noi marinai, increduli, guardavamo ammirati e a un tempo intimoriti il capitano come si guarda un uomo che ha parlato allora allora con gli spiriti. Vito tornò al timone, rimise il coltello di ossidiana nel baule e disse solo: “Adesso a casa”. Al tramonto del giorno dopo Pantelleria ci apparve all’orizzonte, nera e fiera e materna. Il Madonna di Trapani, come sempre, entrò in velocità nello stretto passaggio che dava al porto vecchio. Solo capitan Vito e qualche altro patrun si potevano permettere di sfidare la scogliera cartaginese semisommersa.
La voce del subitaneo taglio della dragunera si sparse, in un battibaleno, in tutte le contrade dell’isola e da quel giorno ogni marinaio pantesco che incrociava patrun Vitu lo salutava con rispetto misto ad ammirazione. Perché non tutti sanno tagghiare la coda a una tromba marina. E soprattutto non tutti hanno il coraggio di farlo”.
Il vecchio marinaio si tacque definitivamente.
Girò le spalle e si mise a guardare, assorto, il mare
come aspettasse l’arrivo di qualcuno, intanto la nuvola azzurrina del fumo della pipa, che lo
avvolgeva in tenui volute, gli conferiva un certo non so che di misterioso.
Orazio Ferrara

Cultura
Trapani e l’oro rosso del Mediterraneo: “Il Corallo anima di Trapani”. Un mese di eventi
Dal 2 al 19 dicembre 2025, Trapani celebra la sua storica tradizione corallara con la seconda edizione di “Il Corallo anima di Trapani”, un programma che coinvolgerà studenti, artigiani, istituzioni e comunità del Mediterraneo.
L’iniziativa, promossa dal Comune di Trapani e dalla Biblioteca Fardelliana con il contributo dell’Assessorato delle Autonomie Locali e della Funzione Pubblica della Regione Siciliana intreccia formazione, cultura e diplomazia mediterranea per preservare e tramandare l’antica arte della lavorazione del corallo.
Dal 2 al 5 dicembre, le botteghe e showroom trapanesi apriranno le porte agli studenti per visite guidate alla scoperta dei segreti di quest’arte millenaria.
Il percorso prosegue dal 9 al 12 dicembre al Museo Regionale Pepoli con il laboratorio creativo “Dal Mediterraneo al Museo – Il viaggio del corallo”, curato dall’Associazione “Amici del Museo Pepoli”.
Il 13 dicembre alle ore 17.00, sempre al Museo Pepoli, verrà presentato il restauro del prezioso Presepe in corallo del XVIII secolo, capolavoro dell’artigianato trapanese.
L’evento culminante si terrà il 19 dicembre alle ore 17.30 alla Biblioteca Fardelliana: la tavola rotonda internazionale “Rotte del Corallo – Dialogo tra culture mediterranee” vedrà rappresentanti istituzionali e maestri corallai e la firma di un protocollo della “Rete Mediterranea delle Città del Corallo”, un’alleanza che consolida i legami tra le comunità mediterranee unite da questa tradizione.
“Quest’anno proponiamo la seconda edizione de “Il Corallo anima di Trapani”. Siamo estremamente orgogliosi che questo progetto prosegua: dopo l’edizione del 2024, oggi varchiamo i confini della nostra città per un momento di dialogo con le tradizioni dell’arte del corallo non soltanto di un’altra città siciliana come Sciacca, ma anche di altre città d’Italia – Torre del Greco e Alghero – e oltre i confini nazionali, nel Mediterraneo con Tunisia e Andalusia.
Ci confronteremo non solo per raccontare la nostra tradizione, durante una sessione scientifica del convegno, ma vogliamo stilare un protocollo d’intesa per costituire una rete mediterranea delle città del corallo. L’obiettivo è avviare un percorso comune e condiviso di promozione, affinché questa antichissima e preziosa arte possa essere rinnovata e valorizzata congiuntamente” – così affermano Giacomo Tranchida, sindaco del Comune di Trapani e Rosalia d’Alí, assessore alla Cultura.
Per tutto dicembre, la Biblioteca Fardelliana proporrà un percorso audiovisivo dedicato al corallo trapanese: un docufilm che racconta tradizione e futuro attraverso l’intelligenza artificiale e un documentario che esplora il corallo tra arte, ricerca e innovazione. Due narrazioni complementari che offrono sguardi contemporanei su un’arte antica.
“Il corallo anima di Trapani” è un modello di valorizzazione che coniuga tutela delle tradizioni, innovazione e cooperazione internazionale.
Cultura
Solarino: l’incendio del 1944, la memoria perduta e i documenti spariti
Nel dicembre del 1944, un incendio devastò il Municipio di Solarino, distruggendo gran parte degli archivi storici della città e cancellando documenti fondamentali, tra cui gli atti comunali della fondazione. Quell’evento segnò una ferita indelebile nella memoria collettiva della comunità, lasciando un vuoto che ancora oggi non è stato colmato. Se alcuni documenti furono salvati dall’incendio, oggi non esistono tracce ufficiali nell’Archivio Storico Centrale. Tutto lascia intendere che siano finiti in collezioni private non autorizzate, sottratti alla fruizione pubblica e alla stessa cittadinanza.
Una situazione inaccettabile, che trasforma un bene pubblico in patrimonio di pochi, privando Solarino della propria storia e compromettendo la possibilità di ricostruire dati amministrativi, catastali e sociali fondamentali. Le modalità con cui l’incendio e la gestione dell’evento furono affrontate sollevano interrogativi inquietanti. L’inerzia delle autorità comunali dell’epoca e la rapidità con cui i documenti andarono perduti alimentano il sospetto che dietro alla distruzione ci sia stata più negligenza che casualità, se non vere responsabilità organizzate. Oggi, decenni dopo, quella negligenza si traduce in un fenomeno diffuso: molti privati detengono ancora materiali che dovrebbero appartenere al patrimonio pubblico. Il quadro attuale impone un’azione immediata e risoluta.

Chiunque possieda documenti ufficiali di Solarino ha il dovere legale e morale di restituirli all’Archivio Storico comunale, dove possano essere catalogati, conservati e resi accessibili a studiosi, cittadini e scuole. La mancata restituzione non è solo un danno culturale: è una violazione della legge e dei principi fondamentali di trasparenza e pubblicità del patrimonio pubblico.
Solarino rischia di perdere per sempre pezzi irripetibili della propria storia se non si interviene con determinazione.
L’Archivio Storico deve essere messo in sicurezza, dotato di spazi idonei, personale qualificato e strumenti digitali per garantire la consultazione pubblica. Ogni documento recuperato dalle collezioni private deve tornare alla comunità: è l’unico modo per trasformare la memoria perduta in patrimonio condiviso e impedire che la storia venga decisa da pochi privilegiati. L’incendio del 1944 resta un monito: la memoria di Solarino non può essere cancellata dall’inerzia, dall’incuria o dall’interesse privato.
La città ha il diritto di conoscere la propria storia, e chi detiene documenti pubblici senza autorizzazione deve restituirli senza indugio. È una questione di giustizia storica, civile e amministrativa: il tempo della tolleranza è finito.
Laura Liistro
Le immagini sono tratte dall’archivio del Comune di Solarino
-
Ambiente5 anni agoAMP, a Pantelleria Insieme Live: zonizzazioni e Guardia Costa ausiliario. Gadir e il brillamento de Il Caldo
-
Personaggi4 anni agoStasera 4 Ristoranti a Pantelleria, con Alessandro Borghese. Ecco chi sono
-
Ambiente4 anni agoPantelleria, il PD segnala colorazione anomala e artificiale nella spiaggia del Lago di Venere
-
Pantelleria4 anni agoPantelleria a lutto per Giovanni Maddalena, il galantuomo del Conitro
-
Personaggi4 anni agoPantelleria, è U Runcune il vincitore di 4 Ristoranti di Alessandro Borghese
-
Cronaca4 anni agoUltima Ora – Pantelleria. Identificata la donna morta per annegamento, il secondo suicidio in un mese
-
Capitaneria di Porto4 anni agoPantelleria, allarmanti condizioni meteo-marine nelle prossime 48/72 ore: onde 6 da metri
-
Pantelleria4 anni agoPantelleria, divieto di balneazione a Punta San Leonardo