Connect with us

Cronaca

Storie e tradizioni: la morte in Sicilia “U luttu e ‘a visita”

Redazione

Published

-

Autru e parrai di morti, autru è muriri… (Una cosa è parlare di morte, una cosa è morire) Dopo avere raccontato in questa rubrica vari argomenti piacevoli, è arrivato il momento di qualcosa meno gradita, ma che puntualmente arriva con la morte. Nella vita capita a tutti di perdere una persona cara: madre, padre, moglie, marito, figli, ecc.… È proprio in occasione di un evento così tanto tragico e doloroso in famiglia, iniziava il periodo, più o meno lungo, del lutto. Lutto, cordoglio per la morte di qualcuno.

Proviamo a descriverne quali erano i segni e le variegate dimostrazioni. Talvolta, in sogno, ci capita di vedere un amico, un congiunto. Siamo contenti di vederlo, la sua vista ci commuove, gli parliamo. Poi d’improvviso nel sogno si inserisce la consapevolezza che quell’amico, quel congiunto è morto. Così ci svegliamo con stupore e conserviamo emozionati quell’improvvisa rivelazione.

La riflessione sul nostro passato… L’altro giorno sono rimasto molto meravigliato nell’apprendere da un giovane extracomunitario che, a causa della morte della nonna, aveva dovuto rimandare di un anno il matrimonio già organizzato per questa estate. Ma mentre riflettevo sull’assurdità di certe usanze, non ho potuto fare a meno di ripensare che fino a qualche decina di anni fa, anche da noi il lutto, oltre ad essere l’evento distruttivo a livello psicologico che tutti purtroppo conosciamo o siamo destinati a conoscere, segnava pesantemente anche il modo di vivere, di comportarsi, soprattutto di vestirsi, delle famiglie che ne erano colpite.

Quando moriva qualcuno, dopo il funerale, le famiglie tinivanu tri ghiorna di luttu Per tre giorni le porte della casa del defunto restavano aperte dalla mattina alla sera pronte a ricevere tutti quelli che volevano venire a fare le condoglianze ai parenti che attendevano “A Visita” in due stanze separate: una per gli uomini e una per le donne. I visitatori, vestiti in nero, entravano senza bussare, salutavano, dando la mano silenziosamente a tutti i parenti e baciando sulle guance i più intimi e poi si sedevano. A questo punto, in alcune zone della Sicilia, c’era l’abitudine d’intavolare una conversazione sul defunto, sulle sue qualità, sulla sua malattia… in altre, invece, si stava in rispettoso silenzio, che veniva rotto solo da qualche singhiozzo o da qualche espressione tipo: “…Ma…cu l’avia a diri…” ,o : ” Comu fu?”, o ancora (quando si trattava di una morte inattesa): “…Chissa fu veru ‘na bumma ca vinni ri l’aria!”.

Nei tre giorni di lutto le visite erano ininterrotte, senza alcun rispetto di orario, anzi spesso la gente sceglieva orari scomodi pi un truvari troppu cunfusioni. e allestirisi.

Ad ora di pranzo e cena si vedevano passare in direzione della cucina amici o vicini di casa che portavano “U Cuosulu” (Il Mangiare… una parte già cotto un’altra parte crudo…) da cui emanava un buonissimo odore di cibo, poi uno di loro si avvicinava a dire qualcosa all’orecchio ad un paio dei padroni di casa invitandoli a seguirlo, e così, grazie alla cortesia e alla collaborazione dei donatori, a poco a poco i vari parenti di la bon’arma, riuscivano a sfamarsi senza interrompere il ricevimento delle visite. La sera, verso le 20,30, se non ci fosse stato più nessuno, la porta di casa sarebbe stata finalmente chiusa. Dopo il terzo giorno, il periodo di lu luttu finiva, la porta della casa si chiudeva e per la famiglia del caro estinto riprendeva la vita normale. Chi non era potuto andare durante i tre fatidici giorni, si dispiaceva:” Maria chi mala figura chi fici!”, ma non si sognava di fare la visita in ritardo. Ma il peggio doveva ancora cominciare!

Infatti, un’altra vecchia usanza siciliana era quella di vestirsi di nero per periodi più o meno lunghi ogni volta che moriva un parente anche lontano. Una volta mia madre e la zia Nela si vestirono di nero perché era morta una lontana zia (Americana…) sposata con lo zio (fatto prigioniero dagli americani durante la Seconda guerra mondiale ed internato in un campo di internamento per prigionieri in USA) e che loro non avevano mai conosciuta.

Vestiti neri, dunque, e a maniche lunghe…ma non bastava: per i parenti più intimi era d’obbligo anche un velo o un foulard nero in testa, calze spesse, guanti… sempre decisamente neri. Poi, col passare dei giorni, si cominciava a togliere i guanti, ad indossare le calze velate, a usare qualche gioiello, finché una sciarpetta nera a pois bianchi o un colletto bianco annunziavano il mezzu luttu che segnava il momento di transizione verso l’abbigliamento normale.

La durata di questi periodi luttuosi era spesso molto lunga: si trattava di mesi per i parenti più lontani, di anni per i più intimi e i genitori, talvolta, specie per le vedove, il nero sarebbe stato di rigore per tutta la vita. Io ricordo mia madre quasi sempre vestita di nero per un anno dopo la morte di sua madre (mia nonna…).

Una volta per Natale ho provato a regalarle una sciarpetta nera, ma con minuscoli disegni bianchi: non l’avessi mai fatto! Qualche giorno dopo me l’ha ridata, dicendomi con un sorriso triste, che non dovevo offendermi ma, visto che lei non “poteva” usarla ma era molto bella, sarebbe stata felice se almeno l’avessi regalata alla signora Cirnigliaro (la nostra vicina di casa…). Nei casi più gravi, neanche le bambine si salvavano dall’abbigliamento di lutto mentre per la morte di nonni, zii e altri parenti, sarebbe bastato un fiocco nero tra i capelli. Pare che anticamente anche gli uomini usassero vestirsi di nero dopo la morte di un parente intimo, ma io non ho ricordi personali al riguardo; mio padre alla morte di mia nonna mise un bottone nero sulla giacca e nel periodo caldo su una camicia bianca… Ma ricordo bene invece che mio padre teneva nell’armadio un paio di cravatte nere da usare alla bisogna, per le circostanze importanti.

Per gli intimi la cravatta però non bastava, si applicava anche una larga fascia nera sulla manica della giacca (tipo quella del capitano di una squadra di calcio), e una striscia nera obliqua al risvolto di giacche e cappotti…ah dimenticavo per chi portasse la coppola doveva usarne una nera, mentre chi portava il cappello doveva farvi applicare un nastro nero.

Nel dopo-guerra, anche grazie all’influenza americana, il lutto maschile si limitò alla cravatta e ad un bottone nero all’occhiello della giacca, mentre quello femminile ebbe vita più lunga anche se con meno rigore.

Durante il periodo di lutto non era solo l’abbigliamento che cambiava ma tutta la vita della famiglia: non si accendeva la radio o il grammofono, non si partecipava né si organizzava feste, e, se era proprio indispensabile celebrare un matrimonio in quel periodo, CI SI SPOSAVA IN CASA!!!

La morte è sempre presente nella vita di noi siciliani… Il pensiero della morte è sempre presente in noi siciliani e non c’è verso di esorcizzarlo. Giovanni Falcone arrivava a praticare l’ironia e l’autoironia per tenerlo lontano: «Il pensiero della morte – disse alla scrittrice Marcelle Padovani – mi accompagna ovunque.

Ma, come afferma Montaigne, diventa presto una seconda natura… si acquista anche una buona dose di fatalismo; in fondo si muore per tanti motivi, un incidente stradale, un aereo che esplode in volo, una overdose, il cancro o anche per nessuna ragione particolare». «Terribile» è la morte per Leonardo Sciascia «non per il non esserci più ma,al contrario, per l’esserci ancora in balia dei mutevoli pensieri di coloro che restavano». Sempre sorprendente il punto di vista originale dello scrittore di Racalmuto. Puntuale come l’incrollabile pessimismo di Gesualdo Bufalino che vede nella Sicilia «una mischia di lutto e di luce». E «dove è più nero il lutto, ivi è più flagrante la luce, e fa sembrare inaccettabile la morte».

Fu l’ironia a renderla accettabile all’eccentrico barone Agostino La Lomia che si fece costruire la tomba mentre era in vita e a 62 anni celebrò il proprio funerale, con accompagnamento della banda musicale e regolare «giro» di paste alle mandorle. «La vera casa è la tomba argomentò – e perciò bisogna pensare alla morte quando si è in letizia». Un po’ eccessivo, il barone…

Salvatore Battaglia Presidente dell’Accademia delle Prefi

Advertisement
Click to comment

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Ambiente

Pantelleria, nuovo distacco di energia elettrica: 5 agosto 2025

Direttore

Published

on

Per il giorno martedì 5 agosto, la Società SMEDE ha programmato distacco di energia elettrica per esigenze di servizio, nelle contrade di seguito riportate nell’avviso pubblico

Continue Reading

Cronaca

Chiuso Castello di Pantelleria per motivi di sicurezza

Redazione

Published

on

E ora tutti gli eventi in programma?

L’Amministrazione Comunale informa la cittadinanza che, a seguito di un’ispezione tecnica condotta oggi dai funzionari del Demanio dello Stato, è stata disposta la chiusura immediata del Castello di Pantelleria per motivi legati alla sicurezza strutturale dell’edificio.
Il provvedimento ha carattere precauzionale e si rende necessario al fine di garantire l’incolumità dei visitatori, del personale e di tutti i cittadini, in attesa di ulteriori accertamenti e degli eventuali interventi di messa in sicurezza o adeguamento che verranno valutati nei prossimi mesi.
La chiusura resterà in vigore fino a nuova comunicazione.
Pur comprendendo il dispiacere che questa decisione potrà suscitare, specie in un periodo di alta affluenza turistica, contiamo sulla comprensione della cittadinanza: la sicurezza pubblica rappresenta, e continuerà a rappresentare, una priorità assoluta per questa Amministrazione.

Seguiranno aggiornamenti tempestivi non appena saranno disponibili nuove informazioni.

Continue Reading

Salute

Quando la vita umana prevale: FISA, ANAB e SIPEM, insieme per la Sicurezza Acquatica

Redazione

Published

on

L’unione tra la Federazione Italiana Salvamento Acquatico (FISA) e l’Associazione Nazionale Assistenti Bagnanti (ANAB), un passo significativo nello studio e ricerca che continua. Questa sinergia a tre voci è un esempio lampante di come, quando l’interesse primario è la salvaguardia della vita umana e NON il mero guadagno o il potere politico, portino a benefici inestimabili per l’intera umanità. In un settore delicato come quello del soccorso in acqua, dopo questi tragici avvenimenti, l’integrazione di competenze diverse non solo ottimizza gli sforzi, ma eleva gli standard di sicurezza a vantaggio di chiunque si trovi in difficoltà, convinzione questa di tutti i presidenti delle tre organizzazioni FISA, ANAB E SIPEM.
Questa alleanza a tutto tondo sottolinea un principio fondamentale: la professionalità è la vera chiave di volta. Non si tratta di un optional, continua il presidente Perrotta, ma di una necessità imprescindibile. Ogni istruttore, ogni ente formativo e ogni bagnino deve possedere tutte le strategie sia di insegnamento che di impiego e deve garantire una preparazione impeccabile.
I grandi incontri politici dove non scaturisce nient’altro che mera politica tra potenti, porta il soccorso a restare un presente lacunoso già passato dove le conseguenze restano solo a chi perde un una vita. Non basta infatti la sola preparazione tecnica, non basta il raggiungimento di tempi con un cronometro per affrontare situazioni di emergenza in acqua; è fondamentale che gli operatori siano dotati sia degli strumenti psicologici per gestire lo stress per restare concentrati sotto pressione e offrire a loro volta supporto emotivo, sia alle vittime che ai colleghi dopo eventi traumatici.
La preparazione di un soccorritore parte da una consapevolezza del proprio mestiere, del rischio e della percezione dei pericoli ad esso connessi.
Per gli utenti, per i genitori, per chiunque si avvicini all’ambiente acquatico, diventa cruciale verificare e pretendere questa professionalità. Chiedere credenziali, informarsi sui percorsi formativi, assicurarsi che gli istruttori siano costantemente aggiornati, e che la loro formazione includa anche aspetti psicologici, non è un’eccessiva pignoleria, ma un atto di responsabilità.
La superficialità o l’improvvisazione in questo campo possono avere conseguenze devastanti come gli ultimi accadimenti, Incidenti che avrebbero potuto essere evitati, dolori profondi e perdite irreparabili sono spesso il risultato di una mancanza di preparazione o di un’attenzione insufficiente agli standard. Per questo, l’unione di FISA, ANAB e SIPEM è un messaggio chiaro: lavorando insieme, con un focus incrollabile sulla qualità e sull’etica, e con una vision che abbraccia ogni aspetto dell’emergenza, si possono prevenire tragedie e garantire un ambiente acquatico più sicuro per tutti. È un invito a ogni cittadino a non accontentarsi, a esigere il massimo da chi è preposto alla sua sicurezza e preparazione e per riconoscere questo valore inestimabile della vera professionalità.
Le leggi devono cambiare a vantaggio della vita umana attraverso lo studio degli incidenti passati per scelte più giuste per il futuro.

Continue Reading

Seguici su Facebook!

Cronaca

Cultura

Politica

Meteo

In tendenza