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Cronaca

SIAP CATANIA: “Sicurezza in una città senza memoria: siamo stanchi di vedere il nostro lavoro vanificato!”

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Catania,  __ febbraio 2024 – “Siamo addolorati e confusi e ci stringiamo attorno alle due giovani vittime del brutale delitto perpetrato il 30 gennaio nel Giardino Bellini di Catania. Siamo stanchi di vedere il nostro duro lavoro vanificato dalle decine di ‘norme paletto’ che di fatto impediscono ai magistrati di incarcerare i delinquenti, quelli che poi continuano indisturbati nelle loro condotte criminali. È vero, la coperta è corta: non ci sono sufficienti vigili e telecamere, e la città è divisa tra polizia e carabinieri talvolta in modo non funzionale. Ma questo non può essere un alibi, ed episodi come quello accaduto a Catania non sono accettabili.

Nonostante ciò, le risposte da parte delle Forze dell’Ordine, in termini di arresti e denunce, ci sono, come dimostrato in questa triste circostanza dai nostri colleghi dell’Arma, a cui era di competenza quella zona,  che, con grande professionalità, hanno individuato a strettissimo giro tutti gli aggressori. Tutti i poliziotti, carabinieri e finanzieri ‘abili’ sono in strada – soventemente su doppi turni – ad eseguire, su ordine del Questore, posti di blocco, controlli agli esercizi pubblici, e ad adoperarsi per le tantissime chiamate ai numeri di emergenza, che si aggirano intorno ai 2.500 interventi al mese: codici rossi, rapine, furti, etc.

 

I decreti legge sul degrado urbano sulla sicurezza  e sull’immigrazione emanati dai Governi precedenti hanno burocratizzato la macchina della sicurezza, rendendo difficile e talvolta inutile la loro applicazione sul territorio. La città di Catania è diventata un centro di raccolta di minori stranieri non accompagnati e migranti sbarcati in Sicilia, ospitati al momento nell’ex hub vaccinale di via Forcile, a due passi dal centro e dai lidi della Playa. È stato chiuso il Cara di Mineo per aprirne uno in città. Ma si è certi che siano queste le migliori politiche di gestione del fenomeno migratorio? Realizzare diversi centri di accoglienza sul territorio urbano! Tra le pene minime innalzate e le norme ‘super garantiste’, la carcerazione, de facto, non è mai consentita ed è sostituita da denunce a piede libero. A questo si aggiunge la recente riforma Cartabia che prevede, tra le altre cose, la non procedibilità d’ufficio per alcuni reati. I processi continuano ad avere durate ultra quinquennali e  per il nostro sistema, il reo non è tale se non dopo sentenza definitiva.

Aumentano i reati di resistenza a pubblico ufficiale, le rapine e le aggressioni da parte di bande di ragazzini non solo presso il Giardini Bellini, ma  praticamente in tutti i luoghi della movida e per le strade del centro, ora – incredibilmente – anche in pieno giorno. E perché i cittadini non chiamano i numeri di emergenza? Chissà chi nel cuore porta il peso di non aver chiamato il 112 quel maledetto 31 gennaio scorso!

Il mondo politico locale, bipartitisan, non può di certo limitarsi a puntare il dito sulla mancanza di telecamere o forze dell’ordine, mentendo sapendo di mentire. Si deve agire in modo sinergico,  cittadini ed istituzioni insieme, senza demagogie politiche: la sicurezza non ha colore ed è di tutti. Manca il dialogo, il confronto, si resta inascoltati e non se ne comprende il motivo; probabilmente per superficialità o,  peggio,  supponenza. È imperativo agire, ed agire subito, anche e soprattutto coinvolgendo le parti sociali.

Purtroppo, l’episodio della villa Bellini è stato preceduto da uno analogo alcuni anni fa, e anche allora si invocò l’intervento dell’esercito, ma qualcuno si è reso conto che da allora ad oggi non si è fatto praticamente nulla? In questa città esistono presidi di vigilanza che assorbono oltre 70 agenti e molti altri carabinieri, tra tribunali, ospedali, sedi istituzionali e decine di altre vigilanze. Sì, i militari potrebbero essere una soluzione per i presidi, per svincolare le Forze dell’Ordine e creare oltre 30 equipaggi per il controllo del territorio.  Questa purtroppo è la città dell’immobilismo; al dinamismo viene preferita la staticità e tutto  rimane fermo. Importanti misure come l’unificazione delle sedi di Polizia e Carabinieri sparse nel territorio catanese, con costi inaccettabili in termini di risorse economiche e umane, non vengono attuate ed a pagare il conto sono sempre e solo i cittadini”. 

SIAP – CATANIA

Il Segretario Generale Provinciale

(Tommaso Vendemmia)

Marina Cozzo è nata a Latina il 27 maggio 1967, per ovvietà logistico/sanitarie, da genitori provenienti da Pantelleria, contrada Khamma. Nel 2007 inizia il suo percorso di pubblicista presso la testata giornalistica cartacea L'Apriliano - direttore Adriano Panzironi, redattore Stefano Mengozzi. Nel 2014 le viene proposto di curarsi di Aprilia per Il Corriere della Città – direttore Maria Corrao, testata online e intraprende una collaborazione anche con Essere Donna Magazine – direttore Alga Madia. Il 27 gennaio 2017 l'iscrizione al Consiglio dell'Ordine dei Giornalisti nel Lazio. Ma il sangue isolano audace ed energico caratterizza ogni sua iniziativa la induce nel 2018 ad aprire Il Giornale di Pantelleria.

Ambiente

Pantelleria, rifiuti al Faro di San Leonardo. La segnalazione di una lettrice

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Una lettrice ci scrive per segnalare la condizione di degrado in cui versa la scogliera nei pressi del faro di Punta San Leonardo.
La zona, battuta dalle mareggiate, diventa facile deposito di rifiuti e detriti derivanti dal mare che, poco alla volta, ne accumula grandi quantità. 
Dalle immagini inviateci dalla turista, si vede la moltitudine di plastica.

Ecco cosa recita il messaggio della lettrice:

“Buonasera, sono Cristina Petrangeli e volevo segnalare le condizioni di degrado degli scogli adiacenti al faro dell’ospedale. Non è uno spettacolo degno di questa magnifica isola. Se si potesse bonificare l’area sicuramente Pantelleria ringrazierà.”


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Attualità

Pantelleria, al via assunzione Istruttore di Polizia Municipale

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 Aggiornamento su bando di concorso per l’assunzione di un istruttore di Polizia Municipale – Entro 15 dicembre

Il Sindaco comunica che è in corso la procedura di selezione finalizzata all’assunzione di un’unità con profilo di Istruttore di Vigilanza a tempo pieno e indeterminato, come previsto dal bando pubblicato sul portale InPA.

Si ricorda alla cittadinanza che, tra i requisiti di partecipazione, è prevista la residenza continuativa nel Comune di Pantelleria da almeno tre anni alla data di presentazione della domanda.

La scadenza per l’invio delle candidature è fissata al 15 dicembre e la procedura deve essere completata esclusivamente online al seguente link: https://www.inpa.gov.it/bandi-e-avvisi/dettaglio-bando- avviso/?concorso_id=2f57af4a9dbb4d59b122cbaae3200f4c

Il Sindaco comunica che vi è ancora tempo per partecipare e invita gli interessati, in possesso dei requisiti richiesti, a consultare attentamente il bando e a presentare la domanda secondo le indicazioni fornite. Per chiarimenti è possibile rivolgersi agli uffici competenti tramite i contatti riportati all’interno del bando.

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Cronaca

Omicidio/Suicidio a Corleone: un monito per tutto il Paese

Laura Liistro

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Fragilità senza risposta: da Corleone un monito per tutto il Paese

La tragedia avvenuta a Corleone – dove Lucia Pecoraro, 78 anni, avrebbe ucciso la figlia disabile Giuseppina Milone, 47 anni, prima di togliersi la vita – non può essere liquidata come un drammatico fatto di cronaca. È il simbolo di un dolore più ampio e più profondo, che attraversa centinaia di famiglie italiane costrette ogni giorno a convivere con la disabilità, con la tossicodipendenza, con il disagio mentale e con una solitudine che diventa, essa stessa, una forma di malattia sociale.
A ritrovare i corpi sono stati i carabinieri e i sanitari del 118, intervenuti nella casa del centro storico.
Ma il segno più doloroso è rimasto su un foglio, poche righe scritte da Lucia prima del gesto estremo:

“Scusatemi, ma non ce la faccio più. Chiedo perdono a tutti.”

Una frase che non può e non deve essere interpretata come giustificazione, ma come indicatore di un livello di sofferenza che è sfuggito a tutti: istituzioni, comunità, servizi sociali, vicinato.
È la confessione di una donna che, rimasta vedova otto mesi fa, si era ritrovata sola a gestire una disabilità grave, giorno e notte, senza più sostegno emotivo, psicologico, relazionale.

La disperazione delle famiglie: un’emergenza ignorata

Quello di Lucia non è un caso isolato: in tutta Italia sono migliaia le famiglie schiacciate tra malattia mentale, dipendenze, disabilità, povertà materiale e solitudine.
Famiglie che vivono in silenzio tragedie quotidiane, sopraffatte da un peso che nessuno vede finché non diventa irreversibile.
Da Nord a Sud, accanto ai disabili gravi ci sono genitori anziani lasciati soli; accanto ai tossicodipendenti ci sono famiglie esauste che non riescono più a trovare un percorso di cura; accanto a chi soffre di disturbi psichiatrici ci sono caregiver non formati, non seguiti, non ascoltati.
Il dolore, quando non è condiviso da una rete reale, si trasforma in un vicolo cieco.

L’isolamento dei caregiver: un fallimento collettivo

La vicenda di Corleone evidenzia le crepe di un sistema che continua a scaricare sulle famiglie la quasi totalità dell’assistenza.
I caregiver – spesso anziani, spesso economicamente fragili – sono lasciati a gestire situazioni che richiederebbero un supporto professionale e continuo.
Chiedere aiuto significa affrontare burocrazia, attese interminabili, servizi insufficienti o distanti.

È qui che si vede il limite di un Paese che, pur parlando di inclusione, lascia intere famiglie soccombere nell’invisibilità.

Il bisogno urgente di una rete nazionale

Questa tragedia impone una riflessione che non può più essere rimandata.
Servono strumenti concreti, non promesse:
un numero unico nazionale, attivo 24 ore su 24, per offrire ascolto psicologico immediato e orientamento reale;
sportelli territoriali operativi, capaci di intercettare situazioni di rischio prima che degenerino;
programmi di sollievo per le famiglie, perché nessun caregiver può sopravvivere senza pause;
una presenza comunitaria più forte, capace di rompere l’isolamento emotivo che spesso alimenta disperazione e tragedie.
L’Italia deve riconoscere che la solitudine non è un problema individuale, ma un fenomeno sociale trasversale che attraversa disabilità, tossicodipendenza, disagio mentale e contesti familiari fragili.
Le parole di Lucia – “non ce la faccio più” – non sono solo l’addio di una donna distrutta; sono lo specchio di migliaia di altre voci che, oggi, non vengono ascoltate.
Finché continueremo a considerare queste tragedie come episodi isolati, il Paese non farà un passo avanti.
La fragilità non è un destino privato: è un’emergenza collettiva che richiede responsabilità politica, presenza istituzionale e una comunità capace di farsi carico, davvero, dei suoi membri più vulnerabili.
Solo così casi come quello di Corleone potranno tornare a essere l’eccezione, e non il sintomo di un dolore diffuso che scorre invisibile sotto la superficie della vita quotidiana.

Laura Liistro

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