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Cronaca

Pantelleria, è Noemi Valenza un’altra mamma vittima della chiusura del Punto Nascita

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Si chiama Noemi Valenza un’altra mamma vittima della chiusura el Punto Nascita di Pantelleria.

La giovane gestante, dal 25 aprile, si trova a Trapani dopo esser stata trasferita in elisoccorso.

Ella, quel giorno, accusava delle lievi contrazioni e una dilatazione di soli 2 centimetri.

Tre giorni di ricovero e poi veniva dimessa dall’ospedale, perchè non si trattava di travaglio.

Noemi  è alla 38° settimana e finirà il tempo molto probabilmente il 23 maggio. Si trova a vivere nella provincia in una casa in affitto, insieme a suo marito e il suo primogenito di 3 anni, che l’hanno raggiunta in nave.

Ecco le dichiarazioni che ci ha scritto nel suo toccante messaggio: “Ci tenevo a dirti, anche se è una cosa detta, sentita e risentita talmente tante volte che sembra una frase fatta… ma il disagio che viviamo è veramente una cosa orribile!!

Sia economicamente: i soldi sembrano non bastare mai, soprattutto quando si è fuori casa, in affitto sotto spese e per così tanto tempo;

sia psicologicamente: è una cosa demoralizzante!! Siamo costrette a partire e, nel mio caso, ho dovuto portare con me mio figlio, costretto anche lui a sacrificarsi, chiuso qui senza i suoi spazi, i suoi giochi, le sue abitudini lontano anche lui da tutti i nostri affetti e ogni sera mi dice “mamma torniamo a casa!!”

Uno strazio! A complicare le cose le restrizioni a causa del Covid-19 quindi, un bimbo quasi sempre chiuso in una casa non sua!

Mi chiedo ma con quale stato d’animo può una donna, una mamma affrontare serenamente un parto?”

 

Abbiamo letto che l’Assessore alla Salute regionale Razza, in una intervista, dichiarava la sua non competenza ad intervenire perchè la decisione spetta al Governo Nazionale.

Ma, anche per dimostrare solidarietà verso le sue conterranee, come amministratore, siciliano e uomo lo stesso Razza può dare con sollecitudine un “promemoria”, affinchè il Ministro Speranza deliberi la deroga e ponga fine ad uno strazio collettivo economico e sociale.

Noi non possiamo fare altro che augurare che tutto proceda per il meglio per Noemi e le altre mamme che saranno costretta a lasciare Pantelleria per dare alla luce i loro bambini e, sopratutto, che si addivenga ad una soluzione veloce e definitiva affinchè quanto fatto finora (manifestazioni, petizioni, interventi, scioperi della fame) non rimangano inutili gesti e che qualche animo sensibile ponga fine ad un ridicolo e assurdo escamotage economico.

Marina Cozzo è nata a Latina il 27 maggio 1967, per ovvietà logistico/sanitarie, da genitori provenienti da Pantelleria, contrada Khamma. Nel 2007 inizia il suo percorso di pubblicista presso la testata giornalistica cartacea L'Apriliano - direttore Adriano Panzironi, redattore Stefano Mengozzi. Nel 2014 le viene proposto di curarsi di Aprilia per Il Corriere della Città – direttore Maria Corrao, testata online e intraprende una collaborazione anche con Essere Donna Magazine – direttore Alga Madia. Il 27 gennaio 2017 l'iscrizione al Consiglio dell'Ordine dei Giornalisti nel Lazio. Ma il sangue isolano audace ed energico caratterizza ogni sua iniziativa la induce nel 2018 ad aprire Il Giornale di Pantelleria.

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1 Comment

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    Salvatore Tomarchio

    23:52 - Maggio 11, 2020 at 23:52

    Gentile Direttora, conosco Pantelleria ormai da piudi venti anni ed e sempre nel.mio cuore!
    La problematica sanitaria sempre difficile,ma la tematica del Punto Nascite dell’ Isola si puo definire solo con: VERGOGNA!!! Grazie per l’ ospitalitae complimenti per l' opera di sensilibalizazzione. Cordiali saluti. Salvatote Tomarchio.
    P.s. come mai da quando leggo il Suo e di Tutti giornale non c' e
    mai un commento dei Panteschi o Foresti su qualsiasi argomento che Lei e collaboratori con tanto impegno pubblicate?
    LUNGI DA ME LE DIETROLOGIE E I COMPLOTTI!!!

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Ambiente

Pantelleria, rifiuti al Faro di San Leonardo. La segnalazione di una lettrice

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Una lettrice ci scrive per segnalare la condizione di degrado in cui versa la scogliera nei pressi del faro di Punta San Leonardo.
La zona, battuta dalle mareggiate, diventa facile deposito di rifiuti e detriti derivanti dal mare che, poco alla volta, ne accumula grandi quantità. 
Dalle immagini inviateci dalla turista, si vede la moltitudine di plastica.

Ecco cosa recita il messaggio della lettrice:

“Buonasera, sono Cristina Petrangeli e volevo segnalare le condizioni di degrado degli scogli adiacenti al faro dell’ospedale. Non è uno spettacolo degno di questa magnifica isola. Se si potesse bonificare l’area sicuramente Pantelleria ringrazierà.”


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Attualità

Pantelleria, al via assunzione Istruttore di Polizia Municipale

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 Aggiornamento su bando di concorso per l’assunzione di un istruttore di Polizia Municipale – Entro 15 dicembre

Il Sindaco comunica che è in corso la procedura di selezione finalizzata all’assunzione di un’unità con profilo di Istruttore di Vigilanza a tempo pieno e indeterminato, come previsto dal bando pubblicato sul portale InPA.

Si ricorda alla cittadinanza che, tra i requisiti di partecipazione, è prevista la residenza continuativa nel Comune di Pantelleria da almeno tre anni alla data di presentazione della domanda.

La scadenza per l’invio delle candidature è fissata al 15 dicembre e la procedura deve essere completata esclusivamente online al seguente link: https://www.inpa.gov.it/bandi-e-avvisi/dettaglio-bando- avviso/?concorso_id=2f57af4a9dbb4d59b122cbaae3200f4c

Il Sindaco comunica che vi è ancora tempo per partecipare e invita gli interessati, in possesso dei requisiti richiesti, a consultare attentamente il bando e a presentare la domanda secondo le indicazioni fornite. Per chiarimenti è possibile rivolgersi agli uffici competenti tramite i contatti riportati all’interno del bando.

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Cronaca

Omicidio/Suicidio a Corleone: un monito per tutto il Paese

Laura Liistro

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Fragilità senza risposta: da Corleone un monito per tutto il Paese

La tragedia avvenuta a Corleone – dove Lucia Pecoraro, 78 anni, avrebbe ucciso la figlia disabile Giuseppina Milone, 47 anni, prima di togliersi la vita – non può essere liquidata come un drammatico fatto di cronaca. È il simbolo di un dolore più ampio e più profondo, che attraversa centinaia di famiglie italiane costrette ogni giorno a convivere con la disabilità, con la tossicodipendenza, con il disagio mentale e con una solitudine che diventa, essa stessa, una forma di malattia sociale.
A ritrovare i corpi sono stati i carabinieri e i sanitari del 118, intervenuti nella casa del centro storico.
Ma il segno più doloroso è rimasto su un foglio, poche righe scritte da Lucia prima del gesto estremo:

“Scusatemi, ma non ce la faccio più. Chiedo perdono a tutti.”

Una frase che non può e non deve essere interpretata come giustificazione, ma come indicatore di un livello di sofferenza che è sfuggito a tutti: istituzioni, comunità, servizi sociali, vicinato.
È la confessione di una donna che, rimasta vedova otto mesi fa, si era ritrovata sola a gestire una disabilità grave, giorno e notte, senza più sostegno emotivo, psicologico, relazionale.

La disperazione delle famiglie: un’emergenza ignorata

Quello di Lucia non è un caso isolato: in tutta Italia sono migliaia le famiglie schiacciate tra malattia mentale, dipendenze, disabilità, povertà materiale e solitudine.
Famiglie che vivono in silenzio tragedie quotidiane, sopraffatte da un peso che nessuno vede finché non diventa irreversibile.
Da Nord a Sud, accanto ai disabili gravi ci sono genitori anziani lasciati soli; accanto ai tossicodipendenti ci sono famiglie esauste che non riescono più a trovare un percorso di cura; accanto a chi soffre di disturbi psichiatrici ci sono caregiver non formati, non seguiti, non ascoltati.
Il dolore, quando non è condiviso da una rete reale, si trasforma in un vicolo cieco.

L’isolamento dei caregiver: un fallimento collettivo

La vicenda di Corleone evidenzia le crepe di un sistema che continua a scaricare sulle famiglie la quasi totalità dell’assistenza.
I caregiver – spesso anziani, spesso economicamente fragili – sono lasciati a gestire situazioni che richiederebbero un supporto professionale e continuo.
Chiedere aiuto significa affrontare burocrazia, attese interminabili, servizi insufficienti o distanti.

È qui che si vede il limite di un Paese che, pur parlando di inclusione, lascia intere famiglie soccombere nell’invisibilità.

Il bisogno urgente di una rete nazionale

Questa tragedia impone una riflessione che non può più essere rimandata.
Servono strumenti concreti, non promesse:
un numero unico nazionale, attivo 24 ore su 24, per offrire ascolto psicologico immediato e orientamento reale;
sportelli territoriali operativi, capaci di intercettare situazioni di rischio prima che degenerino;
programmi di sollievo per le famiglie, perché nessun caregiver può sopravvivere senza pause;
una presenza comunitaria più forte, capace di rompere l’isolamento emotivo che spesso alimenta disperazione e tragedie.
L’Italia deve riconoscere che la solitudine non è un problema individuale, ma un fenomeno sociale trasversale che attraversa disabilità, tossicodipendenza, disagio mentale e contesti familiari fragili.
Le parole di Lucia – “non ce la faccio più” – non sono solo l’addio di una donna distrutta; sono lo specchio di migliaia di altre voci che, oggi, non vengono ascoltate.
Finché continueremo a considerare queste tragedie come episodi isolati, il Paese non farà un passo avanti.
La fragilità non è un destino privato: è un’emergenza collettiva che richiede responsabilità politica, presenza istituzionale e una comunità capace di farsi carico, davvero, dei suoi membri più vulnerabili.
Solo così casi come quello di Corleone potranno tornare a essere l’eccezione, e non il sintomo di un dolore diffuso che scorre invisibile sotto la superficie della vita quotidiana.

Laura Liistro

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