Cultura
Pantelleria. Dopo la trasmissione "Fratelli di Crozza" intervista a Dario Spezia
Dopo la partecipazione di Dario Spezia allo spettacolo “Fratelli di Crozza”, in diretta nazionale su Canale 9, non potevamo non strappargli una intervista per curiosare su come sia stato ingaggiato e come abbia vissuto l’esperienza:
- Maestro Spezia, intanto ci faccia sapere subito se parteciperà ad altre puntate dello show? La mia presenza lì è stata richiesta per sostituire il chitarrista ufficiale della band, Savino Cesario, quindi, anche se potrebbe capitare ancora in futuro, di previsto non c’è nulla. Ho già fatto in passato altre sostituzioni ma solo durante le giornate di prove.
- Come è stato “ingaggiato” per far parte della band? Il filo conduttore che mi ha portato fin lì è il mio amico sassofonista e arrangiatore Paolo Favini (sassofonista nelle varie edizioni di Crozza), incontrato in fase di studi come insegnante del corso di Musica d’insieme, per poi ritrovarci a suonare insieme al di fuori dei corsi accademici. Con lui collaboro da diversi anni in svariati contesti musicali da teatri prestigiosi all’attività in studio di registrazione dove ho avuto modo di conoscere altri elementi della Silvano Belfiore Band. Tra questi ho conosciuto Savino Cesario che si è affidato a me per ricoprire il suo ruolo di chitarrista per questa puntata.
- Si è divertito? Come dicevo prima di fatto mi trovavo tra amici quindi senza dubbio è stata un’esperienza piacevole, ma ciò non toglie niente alla professionalità e concentrazione richieste per una produzione del genere. Le prove non preparano mai a ciò che può succedere durante una diretta televisiva, per questo bisogna rimanere sempre concentrati e tenere nervi saldi in ogni caso. Detto ciò il divertimento lo do per scontato, altrimenti non avrei mai scelto di fare il musicista! Che progetti imminenti ha? I progetti sono davvero tanti e molti sono già in corso d’opera. Uno degli ultimi progetti in avvio è la super band di Maxx Furian, tra i batteristi di punta di tutta la penisola, di cui ho l’onore di farne parte. Oltretutto sono molti gli eventi in programma con la Evolution Band, diretta da Paolo Favini, in cui ho sempre occasione di dividere il palco con grandi musicisti. Altra mia grande passione è l’insegnamento, fonte di grande ispirazione artisticamente parlando e non solo, tanto che sto già lavorando ad un mio metodo didattico per la chitarra moderna. Ho avuto la fortuna di incontrare ottimi insegnanti nella mia vita e, sapendo l’influenza che hanno avuto per me, spero di esserlo altrettanto io per altri futuri musicisti.
Qualcosa di Dario Spezia.
Nasce a Erice nel 1990 ma a pochi giorni di vita torna sull’isola di Pantelleria dove
comincia il suo percorso musicale già da bambino, seguito inizialmente dal padre per poi continuare nelle scuole locali.
Inizia militando in numerose band rock/pop/ska, condividendo il palco anche con
artisti come i Tinturia.
Nel 2007 partecipa al corso estivo “full immersion” tenuto dal Berklee College of Music di Boston a Perugia in occasione dell’evento Umbria Jazz, in cui ha la possibilità di essere seguito dai docenti della scuola americana, tra cui Jon Damian e Jim Kelly.
L’anno successivo si trasferisce a Milano e intraprende gli studi di chitarra moderna con Pietro La Pietra presso l’istituto musicale CPM (Centro Professione Musica), dove si diplomerà nel 2011 con il massimo dei voti.
Nel corso degli anni prende parte a masterclass e seminari di chitarra, armonia e orchestrazione con diversi artisti, tra i quali: Greg Howe, Greg Koch, Luca Colombo, Stef Burns, Mark Harris, Massimo Colombo, Gigi Cifarelli, Fabio Nuzzolese e molti altri.
L’attività musicale continua sviluppandosi in svariate situazioni, live e in studi televisivi e radiofonici.
Noi de Il Giornale di Pantelleria auguriamo ogni miglior futuro artistico e personale al nostro grande grande Dario Spezia
Cultura
Pantelleria, I racconti del vecchio marinaio pantesco
In viaggio con patrun Vito
Il sole scendeva lento sul porto vecchio di Pantelleria, tingendo di rosso scuro le pietre di lava delle parate difensive del castello a guardia sempiterna dello specchio di mare antistante. Era un pomeriggio inoltrato di uno dei primi anni Sessanta e io, curioso come sempre di cose di mare, mi fermai ad osservare un vecchio marinaio seduto, tranquillo e silenzioso, su una bitta della banchina.
Poteva avere sui settant’anni e la salsedine e il maestrale di tutti quegli anni gli avevano modellato il viso come una fitta e intricata ragnatela, che non metteva affatto repulsione, anzi lo rendeva del tutto simpatico, facendomi subito riandare con la mente ai vecchi marinai di Salgari, i cui romanzi di mare in quel tempo erano una delle mie letture preferite. Il vecchio marinaio era intento a battere con forti colpi, ripetutamente. la sua pipa sulla suola di una scarpa, ma a me sembrò che non volesse scrollarsi soltanto della cenere, piuttosto dei pensieri molesti, carico gravoso e ineludibile che ti regala la vecchiaia. Alla mia domanda se avesse mai fatto parte di un equipaggio di un veliero pantesco dei tempi andati, alzò lo sguardo tra il meravigliato e l’indispettito e con la pipa a mezz’aria.
Ma cosa poteva mai interessare a quel ragazzotto, che sembrava tornare allora allora da una giornata di mare passata tra gli scogli di punta San Leonardo, di un tempo ormai irrimediabilmente perduto? Poi parlò con voce roca come ghiaia che si muove sotto le onde del mare e disse: “Sugn’ statu prima picciotto ‘ì varca appoi marenaro”.
Dunque prima mozzo e poi marinaio, quindi una vita sul mare fin da giovanissimo Dette queste parole si tacque e caricò lentamente la pipa con del tabacco nero come la pece e l’accese. Sembrava che il colloquio fosse finito lì, quando riprese a parlare con quella sua voce roca, che sapeva di mare antico.
“Fici lu primu viaggiu da Pantiddraria a Napule ca varca ‘i patrun Vitu”. A questo punto, per il lettore che non intende bene il siciliano, continuo il racconto in italiano, salvo, per inciso, qualche espressione dialettale. “Allora ero picciotto ‘ì varca. Era il 1903, o forse il 1904, chi si nni ricorda cchiù e in quegli anni patron Vito era il capitano di veliero più sperto di Pantelleria e dopo ‘u Signuri nostru era il mare ad avere tutta la sua devozione.
In navigazione, pur con tutta la sua indiscussa bravura in cose di mare, non era mai arrogante perché soleva ripetere “Cu mari e cu venti ‘un tti fa valenti” (Con il mare e con i venti non essere arrogante o peggio spavaldo).
“Il veliero di patrun Vito non era grande, ma era solido e forte come una pietra nivura della nostra isola. Si chiamava “Madonna di Trapani” ed era stato varato nei cantieri di Amalfi nell’anno 1890, se non ricordo male. Ha navigato, attrezzato poi con un motore, fino alla vigilia dell’ultima guerra.
Ai miei tempi andava solo a vela. Aveva due alberi e bompresso e dispiegava una velatura, che lo faceva filare dritto sul mare come una freccia. Allora le barche avevano ancora un’anima di tela, bianca come le ali di un angelo. Il giorno della partenza, che per me era l’inizio del primo viaggio per mare come picciotto, la stiva era piena zeppa fino all’orlo. I sacchi più pesanti erano lì, i capperi di Bommarino. Quelli che si mettono sotto sale, carnosi, quelli che danno sapore a tutto quel che mangi. E poi, le cassette, con la stoffa sopra per non farle scaldare, dell’uva passa più bella, quella della contrada di Grazia di Sopra. Seccata al sole nostro africano, dolce come il miele, la nostra Zibibbo, trasformata in oro, doveva arrivare a Napoli al più presto possibile, dove la gente danarosa la voleva per i loro dolci.
Patron Vito fu categorico: da Pantelleria a Napoli senza scali in porti intermedi. Se Dio vuole, in tre giorni. E così fu. Uscimmo dal porto con il vento buono, lasciandoci presto alle spalle ‘a petra ‘i fora. La brezza gonfiava la vela maestra come il petto di un galletto in amore. Sette, a volte otto nodi, in pieno giorno. Un trotto regolare. Potevi quasi sentirla, la barca che mangiava il mare, spinta solo da quelle tele spiegate e dalla bravura di Vito e del nostromo Turi.
Il capitano Vito non dormiva. Stava lì, con il timone in mano, a parlare con il vento e con le onde, a sentire l’odore del mare che cambiava. Dalla costa siciliana fino a che non vedevi altro che blu. Non voleva fermarsi. Non per Messina, non per Salerno. Doveva essere un viaggio diretto. Un viaggio cui dovevano vantarsi, al ritorno, tutti i marinai dell’equipaggio nelle lunghe serate invernali pantesche davanti a un buon bicchiere di vino passito. La vita a bordo era semplice: pane, cipolla e qualche sarda salata.
Il silenzio
Ma la cosa più bella era il silenzio. Solo lo scricchiolio del legno, il vento che fischiava nelle sartie e il suono delle onde che si aprivano, inchinandosi, sotto la prua. Per tre giorni e tre notti vedemmo solo l’orizzonte. Poi, all’alba del quarto giorno, quando il sole cominciava a spuntare, eccola. La sagoma grande, colorata, di Napoli, all’ombra del suo gigante nero, il Vesuvio.
Solo in quel momento patrun Vitu tirò un sospiro che sembrava quello del mare intero. Attraccammo, e il carico era perfetto. I capperi profumavano, l’uva passa era intatta. Era così, allora. L’abilità e il coraggio di un uomo di mare pantesco e i frutti della sua terra.
Oggi, ci sono i motori, e quella meravigliosa sensazione di andare per mare spinti solo dal vento di ‘u Signuri nostru … quella non la senti più”. E si tacque, batté più volte la pipa sulla suola della scarpa per scrollare la cenere e si perse, silenzioso, nei suoi pensieri antichi incrostati di salsedine.
Orazio Ferrara
Personaggi
E’ morta Ornella Vanoni, un’artista di grande di stile, simpatia e sagacia
“Io voglio vivere finchè do alla vita qualcosa”
Il mondo della musica perde una vera icona… “senza fine”
La voce tra le più imitate e seducenti della musica italiana si è spenta per sempre.
Ornella Vanoni è morta a 91 anni, nella sua casa di Milano, colpita da un arresto cardiocircolatorio. I soccorritori sono arrivati quando ormai era troppo tardi.
Classe ’34, con lei si chiude un sipario dello spettacolo senza tempo e senza repliche. L’artista, che aveva esordito nello spettacolo a teatro con Strehiler, non era solo una cantante, era un simbolo capace di attraversare epoche senza mai diventare fuori moda.
All’attivo si contano quasi settant’anni di carriera e oltre 55 milioni di dischi venduti, che hanno scolpito la sua voce nella memoria mondiale.
La personalità forte, caratterizzata spesso da sferzate pungenti, era dotata di grande intelligenza e capacità da riuscire a cantare sul palco duettando con giovani big della canzone italiana.
Negli ultimi anni era diventata la presenza fissa più attesa da Fabio Fazio, forse più della Littizzetto, che superava in simpatia e spontaneità.
Lo scorso giugno venne insignita della laurea honoris causa. Durante la cerimoni seppe manifestare la sua regale umiltà.
Parlando della morte, la cantante milanese così si è espressa “Io non voglio morire troppo grande. Io voglio vivere finchè alla vita do qualcosa e la vita mi dà. Il giorno in cui non dò più o non mi dà, io non voglio vivere.”
Ieri sera se ne è così come ha vissuto, con stile, senza clamore.
Di lei rimarranno le sue canzoni intramontabili, impresse addosso al suo pubblico come cicatrici dolci.
Cultura
Gran Galà delle Lady Chef – Prima Edizione Siciliana
Il 24 e 25 novembre, presso l’Hotel Casena dei Colli di Palermo, si svolgerà la prima edizione del Gran Galà delle Lady Chef, promosso dall’Unione Regionale Cuochi Siciliani
Un evento che intende valorizzare il ruolo delle donne chef, protagoniste della cucina professionale siciliana, e celebrare la loro competenza, dedizione e passione.
Il comparto Lady Chef, nato ventinove anni fa, ha come obiettivo quello di mettere in risalto la figura femminile nelle cucine e di contribuire al superamento del divario di genere. Il Gran Galà sarà dunque un’occasione di incontro e di festa, ma anche di riflessione e confronto, nel segno dello spirito associazionistico che anima l’Unione Regionale Cuochi Siciliani.
All’interno della manifestazione si terrà la selezione regionale del Concorso Cirio, che decreterà la Lady Chef siciliana chiamata a rappresentare la regione nella fase nazionale dei Campionati della Cucina Italiana a Rimini
“Una vera e propria festa – ha dichiarato la Coordinatrice Regionale, Chef Rosi Napoli – che vuole essere anche un momento di condivisione, riflessione e confronto”. Le Lady Chef provenienti da tutte le province siciliane si ritroveranno a Palermo per vivere insieme due giornate intense, all’insegna della collaborazione e della professionalità.
“Celebreremo la bellezza – ha concluso Chef Napoli – quella che rimane anche sui volti stanchi dopo ore di lavoro. Celebreremo i sacrifici, la competenza e la forza delle nostre meravigliose Lady Chef.”
A moderare l’evento sarà la food blogger e Lady Chef, Barbara Conti, Segretario Provinciale APCI di Ragusa, che accompagnerà il pubblico in questo viaggio di memoria, territorio e passione culinaria.
Per consultare il programma completo epotere prendere parte alla Cena di Gala, aperta a tutti, andate sulla pagina facebook Lady Chef Regione Sicilia
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