Cultura
Pane e panettieri d’Italia 2025: ritorno ai grani locali: artee bianca che racconta il territorio. Chi si piazza in Sicilia
La sesta edizione della Guida di Gambero Rosso è un elogio agli artigiani, capaci di far fronte a un mercato in continua evoluzione e artefici di prodotti da forno sempre più autentici. La Sicilia spicca con 40 insegne, tra cui 4 eccellenze che hanno ottenuto i Tre Pani e 8 nuovi ingressi
Roma, 17 giugno 2024 – Circa il 10% dei panifici censiti nella nuova Guida Pane e Panettieri d’Italia 2025 coltiva direttamente i propri grani: un forte segnale che testimonia la crescente attenzione verso la filiera corta e la valorizzazione delle produzioni locali. Perché un pane che nasce dal seme che germoglia nella stessa terra in cui viene lavorato non può che raccontare un’identità precisa, un vero e proprio “terroir”, come direbbe il maestro Davide Longoni. Un ritorno alle tradizioni e alle tecniche di lavorazione che si tramandano di generazione in generazione e che non cedono alla schiavitù della mollica alveolata.
“Perché gli alveoli possono essere, sì, indicativi della qualità della lievitazione, ma non sempre, a maggior ragione se le farine utilizzate sono a basso contenuto proteico, come la segale. Per riconoscere il buon pane bisogna annusarlo: deve sapere prima di tutto di grano”, scrive nella prefazione Annalisa Zordan, curatrice della Guida, ponendo l’accento sull’importanza dell’olfatto e del gusto nella valutazione di un buon prodotto. Un pane fragrante, dal profumo intenso di grano, è già di per sé un ottimo indizio. E se gli alveoli, spesso osannati come simbolo di lievitazione perfetta, non sempre sono un indice affidabile, soprattutto con farine povere di glutine come la segale, il Gambero Rosso invita a riscoprire il valore del gusto come segnale di buona qualità.
Si unisce a questa visione anche il pensiero di Piero Gabrieli di Petra Molino Quaglia, main partner della Guida, che fa una profonda riflessione sul futuro della panificazione italiana che ha bisogno di “recuperare le conoscenze e le competenze tradizionali, coniugandole con l’innovazione e la sperimentazione. Solo così sarà possibile preservare la ricca varietà dei pani italiani e costruire un futuro sostenibile per il settore”.
I Tre Pani
Pane e Panettieri d’Italia 2025 è una preziosa bussola per gli amanti del pane buono, alla scoperta di fornai artigiani che ogni giorno, con passione e dedizione, portano sulle nostre tavole un pezzo d’Italia. Da Nord a Sud tutta la geografia è ben rappresentata con i Tre Pani che crescono in maniera omogenea lungo tutto lo stivale: 64 con 6 new entry. Tra le nuove eccellenze spicca il Lazio con ben due new entry, cui segue il Friuli-Venezia Giulia, la Campania, la Puglia e la Sardegna che vantano un nuovo ingresso ciascuna, a testimonianza della vivacità del panorama panario regionale.
I Premi Speciali
Pane e territorio: Farina del mio sacco ad Atessa (Chieti)
Panettiere emergente: Andrea Cirolla di Settecroste a Galatina (LE)
Bakery dell’anno: Stria Pane e Cucina a Reggio Emilia
La Sicilia
La panificazione in Sicilia vanta una tradizione millenaria, legata alla sua storia, cultura e vocazione agricola. Tante le influenze dei popoli che si sono susseguiti e che hanno contribuito a plasmare le tecniche e le varietà di pane siciliano. Numerosi i forni artigianali presenti nelle varie province, 40 quelli inseriti nella Guida, tra cui si distinguono 4 eccellenze premiate con i Tre Pani:
Forno Biancuccia a Catania: Valeria Messina, da quando ha aperto nel 2018, porta avanti questo progetto che mette al centro di tutto un pane agricolo di filiera, realizzato nel pieno rispetto dell’etica e della biodiversità. Il nome Biancuccia non deriva solo dal dall’omonimo grano antico, ma è anche il nome della nonna del marito di Valeria, che fu direttrice della Stazione Sperimentale di Granicoltura. Il personale è sempre cortese e pronto a soddisfare ogni curiosità.
Francesco Arena Mastro Fornaio a Messina: Francesco Arena nel suo laboratorio si dedica soprattutto alla panificazione di grani autoctoni siciliani moliti a pietra. Punto di forza la tradizionale focaccia messinese.
Panificio Guccione a Palermo: Ottavio Guccione e la moglie Valentina Perniciaro sono i proprietari di questa panetteria, aperta nel 2011. Affidabile insegna di quartiere dove la produzione di punta è a base di grani antichi coltivati in Sicilia e lievito madre. Personale preparato e servizio gentile.
Martinez a Trapani: l’insegna all’esterno recita “Artigiani del pane dal 1950” e infatti basta entrare per capirne il senso. Il profumo del pane riempie l’intero ambiente e saltano all’occhio immediatamente l’abbondanza e la varietà degli articoli presenti. I Martinez propongono inoltre i “pani della salute”, dimostrandosi attenti alle intolleranze e alle scelte alimentari.
Le altre insegne (con asterisco le nuove 8 al loro debutto in Guida):
Palermo
Forneria Gargano, in città
La Monrealese*, in città
Ojda*, in città
Panificio D’Angelo, in città
Panificio Graziano, in città
Antico Forno Valenti dal 1887, a Bagheria
Panificio Conti, a Bagheria
Panificio da Nanà, a Balestrate
Non solo Pane*, a Bolognetta
Il Forno della Bontà, a Carini
Panificio Badamo, a Isnello
Forneria Messina, a Monreale
Tusa Arte e Gusto, a Monreale
Panificio Agliata*, a Petralia Soprana
Antiche Tradizioni*, a Piana degli Albanesi
Agrigento
The Bakery Generazione Mugnaia*, a Raffadali
Caltanissetta
Forno Santa Rita, in città
L’antico Forno Panificio Carletta, a San Cataldo
Catania
Antico Forno Spina 1863*, a Acireale
Miano, a Paternò
Panfermento, a Valverde
Enna
Panificio Mulara, a Barrafranca
Messina
Cannata Sicilian Bakery, in città
Panificio Masino Arena, in città
Panificio Laganà, in città
Ragusa
Distefano, in città
FOZ – Fermento Officina Zero, in città
I Banchi, in città
Bann – Pane Libero*, a Modica
Fratantonio, a Modica
Siracusa
Panificio Antico Forno Carbè, in città
Vescera, a Carlentini
Maidda, a Noto
Trapani
Panificio a Maidda, in città
Panificio Rizzo La Bottega del Pane, a Castelvetrano
Panificio Termini Antichi Grani, a Castelvetrano
Per la classifica completa e per visionare la cartella stampa: https://bit.ly/45gSmHH
Cultura
La Ruota nella Terra di San Paolo: un trovatello a Solarino nel 1820
Nel pomeriggio del 24 luglio 1820, alle ore sedici, nella piccola comunità di San Paolo Solarino, allora ancora feudo dei Requesens e lontana dall’essere il Comune autonomo che diventerà solo decenni più tardi, veniva registrato un episodio che, pur nella sua drammatica ordinarietà, ci restituisce un vivido spaccato della società siciliana nel pieno dell’epoca borbonica.
Il ritrovamento nella notte
Estratto documento pagina 1 in cui si descrive il ritrovamento
Secondo quanto riportato negli atti civili dal don Giuseppe Miano, Eletto di Polizia e Ufficiale dello Stato Civile, nella notte tra il 23 e il 24 luglio, alle ore due, la campanella posta accanto alla ruota dell’Annunziata, presso la Casa dei Proietti in una strada del borgo al n. 29, squillò nel silenzio della notte.
Quel suono, breve e discreto, era tutto ciò che restava del gesto anonimo di chi, nell’oscurità, aveva deposto un neonato, incapace — o impossibilitato — di occuparsene.
La prima a intervenire fu Maria Sbrinsi, quarant’anni, impiegata nella Casa dei Proietti, che insieme al “Parrucu” Don Antonino De Benedittis, figura religiosa e assistenziale di riferimento, trovò il bambino “involuto in alcuni pannolini”, ma “senza alcun segno apparente sul corpo”.
Nessuna medaglietta, nessun nastro diviso in due, nessun biglietto: nessun indizio di una possibile futura rivendicazione materna.
Un trovatello anonimo, consegnato al destino.
Come prevedeva la consuetudine — e la paura di una mortalità infantile altissima — il neonato fu battezzato lo stesso giorno da Don Antonino De Benedittis, che gli diede il nome di Concetto.
Un nuovo nome per una nuova vita, almeno nelle intenzioni delle istituzioni assistenziali dell’epoca.
Solarino nel 1820: una ruota che gira tra povertà e fede
Nel 1820 Solarino era ancora Terra di San Paolo, parte del feudo dei Requesens: un piccolo centro rurale, dipendente ecclesiasticamente e amministrativamente da Siracusa, lontano dalle trasformazioni che investivano i grandi centri dell’isola e, soprattutto, distante dai moti rivoluzionari che proprio in quell’anno scuotevano il Regno delle Due Sicilie.
La Casa dei Proietti dell’Annunziata costituiva uno dei rari presidi di assistenza per i neonati abbandonati, inserita nella più ampia rete di istituzioni caritative siciliane sviluppatesi tra XVI e XVIII secolo.
La ruota, dispositivo semplice ma cruciale, garantiva l’anonimato a chi non poteva rivelare la propria identità e offriva ai bambini una possibilità di sopravvivenza altrimenti negata.
Una volta registrato, il piccolo Concetto veniva affidato — come stabiliva la normativa borbonica — a una nutrice, pagata con una mesata in tarì, incaricata di allattarlo e crescerlo fino ai cinque anni. Solarino, non essendo ancora Comune, dipendeva per questi oneri dall’amministrazione superiore, mentre il tessuto sociale locale contribuiva spesso in modo informale all’accudimento dei bambini.
Trascorsa la prima infanzia, come molti altri proietti maschi, Concetto sarebbe stato avviato al lavoro presso artigiani o contadini, in un percorso che univa assistenza, controllo sociale e necessità economiche.
Una memoria che riaffiora
Estratto documento Nota Lato pagina in cui si dichiara battezzato il “trovatello “ con il nome Concetto
L’atto del 24 luglio 1820 è molto più di una semplice registrazione amministrativa.
È una finestra su un mondo in cui fede, povertà, solidarietà e norme borboniche si intrecciavano nella gestione dei più fragili.
Il pianto del neonato Concetto — raccolto dalla ruota dell’Annunziata nella notte dei moti siciliani — è una delle tante voci che emergono dalla storia silenziosa della Terra di San Paolo.
Un episodio minore solo in apparenza: un frammento prezioso del vissuto collettivo, che ricorda quanto profonde siano le radici della cura, dell’abbandono e della misericordia nella comunità solarinese.
Rileggendo oggi quell’episodio, emerge quanto certe problematiche sociali, pur mutate nelle forme, restino purtroppo attuali.
L’abbandono dei neonati, allora affidato a una ruota discreta e protetta, oggi si manifesta in contesti drammatici e pericolosi: nei cassonetti, nei campi o in luoghi isolati, con rischi spesso mortali. La memoria di Concetto e della Casa dei Proietti ci ricorda che la soluzione non può essere solo l’atto di pietà, ma la costruzione di sistemi di protezione chiari, accessibili e sicuri, capaci di garantire dignità e vita ai più fragili.
Se la società odierna riuscisse a ripensare la cura dell’infanzia con la stessa attenzione, ma con strumenti moderni e coordinati — educazione, sostegno economico, punti di accoglienza sicuri — molte tragedie potrebbero essere prevenute.
In questo senso, la ruota dell’Annunziata non è solo un reperto del passato, ma un monito: la civiltà si misura dalla capacità di proteggere chi non ha voce, ieri come oggi.
Laura Liistro
Fonte storica
Questa ricostruzione è tratta da un documento originale conservato presso l’Archivio Storico di Siracusa
Cultura
Pantelleria, Ministero di Accolitato a Franco Palumbo e Giuseppe Crimi: 21 dicembre con il Vescovo
In Chiesa Matrice Ss Salvatore, domenica 21 dicembre sarò una giornata particolare per la comunità strettamente religiosa di Pantelleria.
Se, infatti, da una parte avremo l’anniversario dell’arrivo sull’isola delle Suore delle Poverelle, dall’atro durante la stessa celebrazione Eucaristica di ringraziamento delle ore 11:00, il nostro Vescovo Angelo Giurdanella conferirà il Ministero dell’Accolitato a Franco Palumbo e Giuseppe Crimi.
Per saperne di più: Suore delle Poverelle, 80 anni di professione a Pantelleria. Messa con il Vescovo Giurdanella
Cultura
Pantelleria, Sold out per Antonino Maggiore e il suo libro “Le note stonate”
Presentazione con mini spettacolo per un pubblico di ogni età
Sold out al Circolo Ogigia, sempre magistralmente capitanato da Florinda Valenzain occasione della presentazione del libro di Antonino Maggiore “Le note stonate”.
Il pomeriggio culturale Centro ha ottenuto un tale successo da superare le previsioni degli organizzatori.
Un pubblico così nutrito, sfidando il vento e il gelo, ha totalmente gremito la sala dello storico circolo di Pantelleria Centro. Persone di ogni età è accorsa a conoscere la nuova opera del musicista pantesco.
Moderata da Franca Zona, esperta e raffinata scrittrice, e da Giovanna Drago, insegnante sensibile e preparata, la presentazione ha alternato momenti di pura e intimistica commozione a quelli di leggerezza e sobrietà, esattamente come lo stesso libro, “Le note stonate” (Casa Editrice Menna – Avellino) fa e induce a fare durante la lettura.

Antonino Maggiore, presentato come uomo e come scrittore da Franca Zona, è definito “maestro per passione”. “Le note stonate” viene scritto in quattro giorni, o meglio notti. La stesura è nata come un “viaggio segreto” da condividere con poche persone. E così, inizialmente è stato: l’autore aveva mandato ciò che egli stesso ha definito un opuscolo, a Giovanna Drago la quale immediatamente inizia un’opera di convincimento alla pubblicazione che svolta quando la collega lo invita a riflettere sul ruolo degli insegnanti che devono essere anche degli educatori, in un contesto storico dove spicca la fragilità degli alunni.
Da qui, l’invio alla casa editrice e parte tutta questa nuova avventura da cui si appalesa la personalità di Antonino Maggiore.
L’entusiastico approccio non solo alla lettura, ma all’ascolto del libro “Le note stonate” era palese ancor più pensando alle ondate di sentimenti e percezioni che da esso scaturiscono.

Per sorpresa del protagonista del pomeriggio letterario, un capannello di suoi alunni, ad un certo punto, lo ha circondato in un coro canoro, o meglio, in abbraccio canoro, affettuoso e leggiadro per la tenera età.
Un sipario, un piccolo ma dolce spettacolo che ha reso ancora più apprezzato l’evento de “Le note stonate”.

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