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Ora sì che è Natale… la nascita ro Babinnieddu a Ragusa Ibla

Il Natale di una volta, quando la Sicilia diventava ancora più bella ma anche più gustosa…
La nascita du Bambineddu
Quannu nta lu munnu si sparsi la nutizia
c’ avia nascitu lu Bambineddu, nta la rutta e dintra na
manciatura, lu picuraru, la lavannara, lu lignamaru,
e tutti li buoni genti si parteru pi purtarci
quarchi cosa.
Lu picuraru ci purtau na fascedda china di ricotta.
La lavannara li panni e li fasci e lu
lignamaru un mazzu di ligna.
Tutti si parteru.
E si parteru puru li tri Re di l’oriorenti chi foru portati
nta la grutta di la stidda chi c’ insignava lu caminu.
Li tre Re purtaru unu oro, l’a utru incenzu e
l’autru mirra.
E dopu chi dettiru a la Maronna tutti ddi cose, foru sempre felici e cuntenti”
Riti e tradizioni in attesa du Bambineddu a notti ro Natale no quartieri ri l’Archi
Nei tempi passati nella mia amata Ibla si aspettava il Natale sin dal mese di ottobre sia per la
nascita ro bambineddu (del Bambino Gesù) ma anche per i sospirati regali e per tutte le cose
buone da mangiare…
La nonna Giovanna, a sera, seduta vicino al succetto (scaldino), tra una miniminagghia
(indovinello) e un po’ di pane brustolito nella carbonella, ci raccontava storie antiche che ci
tenevano svegli tutta la notte e alimentavano la nostra fantasia d’immagini meravigliose e lontane
nel tempo.
Dal mese di settembre in poi si cominciavano a mettere da parte tutte quelle cose che avrebbero
arricchito la mensa della Vigilia di Natale: si usava mangiare tredici cose diverse e allora si
ponevano le pere invernali in alcune ceste sopra la paglia e si lasciavano maturare.
Il 23 giugno, quando i fichi d’india sono in fiore, si usava toglierli e così anche le foglie nuove
perché in quel modo la pianta metteva nuovi frutti che maturavano verso la fine di novembre e
arrivavano anche a Natale. Si andava a controllare la pianta e si cingeva il fusto con rami di
pungitopo in modo che i topi non potessero salire e mangiarsi il frutto; si andava nella campagna
anzi per essere precisi noi la chiamavamo “a sciumara” (la fiumara perché era adiacente al fiume)
vicino ai giardini Iblei poco distante dal quartiere degli Archi ad Ibla.
L’amico di famiglia chiamato da tutti noi grandi e piccini “Mariuzzu” metteva l’uva tardiva avvolta
in sacchetti di carta e poi in quelli di stoffa e così qualche grappolo giungeva fino alla vigilia.
Certo
che oltre a trovare accorgimenti per i topi bisognava tenere sempre d’occhio noi picciuotti
(ragazzi) che, appena potevamo, facevamo sparire sempre qualcosa.
E poi c’erano quei melograni di un bel colore vermiglio e di un sapore squisito che ci facevano
venire l’acquolina in bocca a guardarli appesi al soffitto tra i grappoli dei pomodorini che noi
mangiavamo come le ciliegie.
In una cassapanca c’erano i fichi secchi che si mangiavano come le
caramelle e ci facevano sentire sazi… non esistevano ancora i supermercati o i fruttivendoli come
oggi per accontentare i desideri dei sempre attuali golosi. Era però necessario non toccare quelli
messi da parte per preparare i dolci di Natale: un impasto di fichi tagliati sottili, noci, uva passa,
mandorle, cannella e vino cotto. Il tutto era avvolto in una sfoglia di pasta decorata e cotta al
forno.
Le esperte pasticcere
La nonna Giovanna, mia Zia Maria e la Pina (mia madre) erano delle esperte pasticcere per
questo tipo di dolce; quando veniva degustato, tutti i commensali esprimevamo una corale frase
“Ora sì che è Natale”.
Quando si pelavano le mandorle mi ricordo che allungavo sempre la mano per prenderne
qualcuna e subito mi arrivava uno sguardo accigliato di mia madre che mi faceva desistere
dall’idea. E così mentre si facevano i preparativi per preparare i dolci di Natale noi aspettavamo la
sera della vigilia quando si friggevano le cialde per i cannoli da riempire con ricotta guarniti con
granella di pistacchi, scaglie di cioccolato o frutta candita… ma come diceva la nonna Giovanna
c’era una regola fondamentale da rispettare “i cannoli vanno riempiti all’ultimo momento per
godere di tutta la loro croccantezza”.
Mi ricordo che bisognava preparare della legna di ulivo per quella sera perché era la pianta
benedetta e poi si usava conservare un tizzone di quella sera per tutto l’anno perché si diceva
portasse fortuna e proteggesse la casa dagli spiriti maligni… a quei tempi quasi tutti credevamo
che gli spiriti maligni fossero sempre dietro l’angolo per prendere le nostre anime… Mio padre
Giovanni inteso “Testarossa” era uno dei pochi che non credeva né agli spiriti né a tutto ciò che
era trascendentale.
Era un magico momento quest’attesa che alimentava i nostri sentimenti e la nostra fantasia di
ricordi e di promesse che i nostri genitori ci facevano e che a volte non si potevano realizzare
perché i bisogni primari venivano prima di quelli considerati superflui.
Allora molte cose erano considerate superflue
Oggi sarebbero considerate primarie. Noi ci contentavamo lo stesso di quelle piccole sorprese che la mattina di Natale trovavamo sotto il cuscino: sacchetti di caramelle, libri di favole e dei quaderni. E poi il giorno di Natale si andava per la nostra chiesa delle Anime del Purgatorio, dove il nostro amato parroco per tutti “Padre Accetta” ci accoglieva come solo Lui sapeva fare, con amore senza fronzoli e falso buonismo e tutti ascoltavamo la messa cantata, rigorosamente in latino. Noi picciuotti (ragazzini) venivamo un po’ distratti dalla funzione religiosa perché osservavamo l’omino che permetteva la funzionalità dell’organo mediante una manovella che la faceva girare con la fatica delle sue poderose braccia. Solo per la Notte di Natale per l’occasione veniva pure mio Padre, un po’ scalpitante ma veniva, insomma la famiglia Battaglia era presente al completo, poi tutti si andava a vedere il Presepe e come di consuetudine si faceva il giro dei parenti per dare gli auguri e si ritornava a casa e si ricominciava già a pensare al Natale del nuovo anno.
Salvatore Battaglia
Presidente Accademia delle Prefi
Cronaca
Da Gaza a Lampedusa in moto d’acqua in 3: 12 ore di navigazione

La sconcertante e toccante storia di un papà di Gaza nel servizio di “Lampedusa in 2 minuti”
Tre giovani uomini da Gaza si sono diretti verso Lampedusa, a bordo di una moto d’acqua.
Un’impresa epocale: 300 km di Mediterraneo.
Poi intercettati a 20km da Lampedusa, vengono recuperati da una motovedetta Frontex che li fa sbarcare a Molo Favarolo.
I dettagli nel servizio di “Lampedusa in 2 minuti”, in una narrazione toccante e sconcertante
Cultura
“Antiche voci di Pantelleria” il successo di una donna, di una lingua tra memoria e identità

Presentazione del libro di Angelina Rodo “Antiche voci di Pantelleria” tra curiosità, stupore e meraviglia
Nello spiegare il sottotitolo si manifesta già tutta l’essenza del piacevolissimo pomeriggio che si è tenuto presso la Sala Consiliare del Comune di Pantelleria, lo scorso 29 agosto, in occasione della presentazione del libro di una straordinaria Angelina Rodo.
Una sala gremita ha accolto con grande interesse tutti gli interventi di una elegante, garbata ma al contempo energica insegnante di altri tempi, ma di grande attualità, che ha porto l’accento sull’importanza del dialetto, come identità di un popolo, sulla veracità di una cultura attraverso la lingua che si parla.
Tra i presenti, le istituzioni: Sindaco Fabrizio D’Ancona, il Presidente del Consiglio Comunale Giuseppa Spata, e l’Assessore Massimo Bonì, che hanno fatto gli onori di casa.
Con la complicità del moderatore Aurelio Mustacciuoli, il pomeriggio ha preso una piega oltre modo interessante e accattivante, anche per il pubblico dei giovani presenti e richiamati dall’argomento.
Nel libro, la sagace autrice, ha riportato non solo termini, specialmente quelli più desueti, ma anche espressioni, modi di dire. Sollecitando il pubblico, ha aperto un sipario molto simpatico e leggero, in cui i presenti si sono lanciati in quei motti ricordando i nonni trasmettitori di verità, proverbi e vita.
Manifestando la sua grande preparazione e la profondità delle ricerche compiute, le interviste per quest’opera, la Rodo, con il suo fare da nobildonna, ha messo in evidenza le influenze linguistiche che fanno parte del nostro dialetto: fenici, arabi, normanni, francesi, spagnoli, ciascuno di questi popoli ha tracciato solchi determinanti per la formazione del “pantesco”,
Con riconoscenza verso l’autore, si è concluso l’evento citando Ignazio Buttitta: “Un populu. quannu ci arrubbanu a lingua. è persu pi sempri”.
L’importanza del dialetto è, come dicevamo, altissima e trasmetterlo ai giovani è un dovere affinchè mantengano l’identità del proprio sangue e delle origini e il libro “Antiche voci di Pantelleria” è tutto da leggere e rileggere e incorporare nella testa di ciascun pantesco.
News
Si improvvisa dentista, denunciate due persone per esercizio abusivo professione e favoreggiamento in clinica nel trapanese

SI IMPROVVISA DENTISTA.
DENUNCIATE DUE PERSONE PER ESERCIZIO ABUSIVO DI
PROFESSIONE E FAVOREGGIAMENTO
I Carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro e del Comando Provinciale di Trapani, hanno denunciato un 58enne e un 69enne per i reati di esercizio abusivo di professione e favoreggiamento. Gli accertamenti, condotti nell’ambito di controlli alle strutture cliniche e odontoiatriche della provincia di Trapani, avrebbero fatto emergere irregolarità in una struttura ove un 58enne avrebbe esercitato abusivamente l’attività di odontoiatria, ortodontista e igienista dentale, privo di alcun titolo, mentre il 69enne (medico chirurgo odontoiatra) avrebbe consentito e agevolato lo svolgimento di tale abusiva attività all’interno della struttura.
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