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Cultura

Le Teste di Moro in Sicilia tra storia e leggenda

Redazione

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O Bedda Signurina ch’hai di latti la camissa – Si Bianca e russa comu la cirasa – Quannu t’affacci fai la vucca a risa – Biato cui ti dà lu rpimu vasu! – Ntra la porta tua lu sangu è sparsu – E nun me porta se sugnu saracinu niuru e si muoru uccisu… – e s’iddu muoru e vaju mparadisu- Si nun ce truovo a ttia – mancu ce trasu.

In una gita al Castello di Donnafugata con i miei compagni di associazione cattolica denominata “Aspiranti” capeggiata dal sacerdote salesiano don Donzelli, vidi per la prima volta all’ingresso della scalinata principale del palazzo due bellissimi vasi in ceramica con una forma insolita; rappresentavano una testa di Moro e l’altro una bellissima giovane donna siciliana, tutti incuriositi dall’originalità e bellezza di tali manufatti cercammo lumi al nostro sacerdote e guida don Donzelli, che, con nostro grande stupore, ci fece sedere nel cortile del Castello e incominciò a parlare come un fiume in piena…

“Cari ragazzi, voi non lo sapete, ma quando si parla di Testa di Moro molta gente pensa immediatamente alla Sicilia. Tutti immaginano i celebri vasi di ceramica colmi di piante e fiori con questi volti così tipici e affascinanti. Di fronte a questi celebri manufatti, rimangono affascinati e, soprattutto, incuriositi. Ora ho capito che non solo non eravate a conoscenza di simili vasi ma non sapevate quale storia c’è dietro alle Teste di Moro siciliane. Questo celebre simbolo rappresenta la nostra isola in tutto il mondo e custodisce un interessante segreto. Pensate, infatti, che quei colori e quelle forme nascono da amore, gelosia e vendetta…” Ci consigliò di metterci comodi, perché quel giorno avremmo scoperto tutto ciò che c’era dietro a questa storia. “Cominciamo, curiosi ragazzi, dall’inizio. Siamo più o meno nell’anno Mille, epoca della dominazione dei Mori in Sicilia. Ecco come comincia tutto. La leggenda narra che intorno all’anno 1000 d.C, epoca che vide la Sicilia sotto la dominazione dei Mori, nel quartiere palermitano della Kalsa vivesse una giovane e bellissima donna. Costei non usciva quasi mai e trascorreva la sua esistenza per lo più rinchiusa in casa, probabilmente a causa della gelosia del padre. La fanciulla impiegava, quindi, il suo tempo occupandosi delle sua amate piante, che curava con pazienza e costanza sul balcone di casa. E fu proprio mentre si dedicava alla cura dei suoi fiori che, un giorno, un soldato Moro (quindi di origine berbera), che era solito passeggiare in quella via, s’ innamorò di lei. Scorgendola, infatti, la bellezza della donna lo colpì a tal punto che ebbe l’ardire di presentarsi subito a lei e di dichiararle la sua enorme passione. La fanciulla, per nulla intimorita e, anzi, travolta da tanto ardore, lo ricambiò con altrettanta passione e amore, intrecciando con quel virile uomo straniero una relazione segreta. Il soldato, però, non era stato del tutto onesto con la giovane, omettendo di avere già una moglie e dei figli, che vivevano in patria e dai quali avrebbe presto fatto ritorno. La povera innamorata tradita, in preda a una gelosia fatale, decise, quindi, di

uccidere l’uomo mentre dormiva. Non solo ma il feroce desiderio di possederlo per l’eternità la spinse a tagliargli la testa, ad aprila e usarla a mo’ di vaso. Infatti, vi piantò all’interno una pianta di basilico, l’erba aromatica degli déi, ed espose la testa sul balcone, insieme agli altri vasi.

La pianta crebbe folta e rigogliosa al punto da catturare l’invidia dei vicini di casa della giovane. Questi ultimi, pertanto, ordinarono agli artigiani locali di modellare dei vasi a forma di Teste di Moro, che divennero la perpetua effige dell’amore tradito e della deviata smania di possesso”. Il Nostro amato sacerdote concluse dicendoci che al di là di leggende, amori, tradimenti e gelosie, queste splendide sculture costituiscono, ai nostri giorni, vere e proprie piccole opere d’arte, figlie della sapienza e della precisione di maestri artigiani siculi. Queste tipiche “graste” (termine dialettale per indicare i vasi) colorano i vicoli, abbelliscono i balconi e catturano l’attenzione di turisti e visitatori, tramandandosi di generazione in generazione ed ergendosi a icona dello spirito siciliano.

La mattinata si svolse in modo piacevole alla conoscenza del Palazzo di Donnafugata, un’enorme dimora nobiliare ottocentesca che tutti chiamavano Castello. Il mirabile palazzo era stato voluto dal barone di Donnafugata e mostrava elementi settecenteschi, neoclassici e gotici, era circondato da un enorme parco con piante esotiche, un labirinto e vari scherzi con cui il barone un po’ burlone amava divertirsi e far divertire i propri ospiti. Con tutti i miei compagni visitammo le 120 lussuose stanze che erano divise sui tre piani. Tra gli sfarzosi saloni si respirava ancora l’atmosfera della nobiltà siciliana di fine Ottocento, passavamo dalla sala della musica arredata con pianoforti, alla pinacoteca, dalla sala degli specchi a quella degli stemmi in cui erano presenti i blasoni delle famiglie nobili siciliane. Ma quando tornai a Casa il mio pensiero ricorrente fu per la bellissima leggenda del Moro e della Bella Siciliana e dei relativi Vasi di Ceramica…

Capii pure l’importanza della narrazione fattaci dal nostro sacerdote, una pratica sociale ed educativa che da sempre risponde a molteplici e complesse funzioni: dal “fare memoria alla condivisione di esperienze collettive, dall’apprendimento al puro intrattenimento”, e fu così che quella notte mi addormentai speranzoso di sognare e rivivere la storia del Moro e della bella donna siciliana.

Salvatore Battaglia Presidente Accademia delle Prefi

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Pantelleria, Ministero di Accolitato a Franco Palumbo e Giuseppe Crimi: 21 dicembre con il Vescovo

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In Chiesa Matrice Ss Salvatore, domenica 21 dicembre sarò una giornata particolare per la comunità strettamente religiosa di Pantelleria. 
Se, infatti, da una parte avremo l’anniversario dell’arrivo sull’isola delle Suore delle Poverelle, dall’atro durante la stessa celebrazione Eucaristica di ringraziamento delle ore 11:00, il nostro Vescovo Angelo Giurdanella conferirà il Ministero dell’Accolitato a Franco Palumbo e Giuseppe Crimi.

Per saperne di più: Suore delle Poverelle, 80 anni di professione a Pantelleria. Messa con il Vescovo Giurdanella

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Cultura

Pantelleria, Sold out per Antonino Maggiore e il suo libro “Le note stonate”

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Presentazione con mini spettacolo per un pubblico di ogni età 

Sold out al Circolo Ogigia, sempre magistralmente capitanato da Florinda Valenzain occasione della presentazione del libro di Antonino Maggiore “Le note stonate”.
Il pomeriggio culturale Centro ha ottenuto un tale successo da superare le previsioni degli organizzatori.

Un pubblico così nutrito, sfidando il vento e il gelo, ha totalmente gremito la sala dello storico circolo di Pantelleria Centro. Persone di ogni età è accorsa a conoscere la nuova opera del musicista pantesco.
Moderata da Franca Zona, esperta e raffinata scrittrice, e da Giovanna Drago, insegnante sensibile e preparata, la presentazione ha alternato momenti di pura e intimistica commozione a quelli di leggerezza e sobrietà, esattamente come lo stesso libro, “Le note stonate” (Casa Editrice Menna – Avellino) fa e induce a fare durante la lettura.

Antonino Maggiore, presentato come uomo e come scrittore da Franca Zona, è  definito “maestro per passione”. “Le note stonate” viene  scritto in quattro giorni, o meglio notti. La stesura è nata come un “viaggio segreto” da condividere con poche persone. E così, inizialmente è stato: l’autore aveva mandato ciò che egli stesso ha definito un opuscolo, a Giovanna Drago la quale immediatamente inizia un’opera di convincimento alla pubblicazione che svolta quando la collega lo invita a riflettere sul ruolo degli insegnanti che devono essere anche degli educatori, in un contesto storico dove spicca la fragilità degli alunni.
Da qui, l’invio alla casa editrice e parte tutta questa nuova avventura da cui si appalesa la personalità di Antonino Maggiore. 
L’entusiastico approccio non solo alla lettura, ma all’ascolto del libro “Le note stonate” era palese ancor più pensando alle ondate di sentimenti e percezioni che da esso scaturiscono.

Per sorpresa del protagonista del pomeriggio letterario, un capannello di suoi alunni, ad un certo punto, lo ha circondato in un coro canoro, o meglio, in abbraccio canoro, affettuoso e leggiadro per la tenera età.
Un sipario, un piccolo ma dolce spettacolo che ha reso ancora più apprezzato l’evento de “Le note stonate”.

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Cultura

Suore delle Poverelle, 80 anni di professione a Pantelleria. Messa con il Vescovo Giurdanella

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80° di Professione Religiosa sull’isola

Per gli 80 anni di professione religiosa sull’isola, sono previsti grandi festeggiamenti.

Sabato 20 dicembre ore 20.00 VEGLIA DI PREGHIERA “MENDICANTI DI LUCE” in Chiesa Madre SS Salvatore;
Domenica 21 dicembre ore 11.00 Chiesa Madre CELEBRAZIONE EUCARISTICA DI RINGRAZIAMENTO presieduta dal nostro Vescovo Angelo Giurdanella a cui seguirà un rinfresco in oratorio.

Suore delle Poverelle a Pantelleria

La presenza delle Suore Poverelle a Pantelleria risale al lontano 1945, quando il primo gruppo di sei suore fu destinato all’ospedale di Khamma. Da allora si sono susseguiti anni di servizio operoso, di dono gratuito verso i malati, gli anziani, i bambini e la comunità tutta. Una presenza silenziosa ma attiva, fatta di dedizione, disponibilità, ascolto, accoglienza, attenzione ai più deboli e ai più bisognosi ma anche di gioia e di affetto, di entusiasmo e di vitalità.

Fondazione della congregazione

La congregazione ha origine nel 1864 a Bergamo, per opera di Don Luigi Maria Palazzolo.

Il sacerdote realizzò un’associazione di volontarie, per curare la gestione di un oratorio destinato alle ragazze povere del rione popolare di San Bernardino. Le donne si occupavano dell’insegnamento del catechismo e di varie attività caritatevoli a vantaggio della gioventù derelitta.

Le suore, dette delle Poverelle, da allora continuano a dedicarsi alle opere a favore della gioventù, aggiungendo tra le loro finalità la visita ai poveri e agli ammalati a domicilio, la cura degli orfani e, più tardi, l’insegnamento. Nel 1875 aprirono la prima filiale a Vicenza e l’anno successivo a Brescia e a Breganze.

Vennero approvate definitivamente dalla Santa Sede il 5 gennaio 1919.

Le religiose dell’istituto ampliarono rapidamente il loro ambito di azione.

Infatti, nel 1919 fondarono una casa a Roma, dove vennero loro affidati i servizi domestici presso il pontificio collegio Urbano di Propaganda Fide. Nel 1922 aprirono a Grumello del Monte un centro per la cura e la riabilitazione dei disabili gravi. Poi, nel 1926 presero ad assistere le detenute del carcere di Bergamo e a partire dal 1931 si dedicarono all’assistenza delle comunità di emigrati italiani in Francia, Belgio e Lussemburgo. Nel 1952, fondando una casa in Congo, si aprirono all’apostolato missionario. In occasione dell’epidemia di ebola verificatasi nel maggio 1995 a Kikwit (Congo), alcuni ammalati furono ospitati presso un ospedale diretto dalle suore. Le religiose continuarono la loro opera di assistenza anche quando si capì che il contagio era quasi inevitabile.

Sei di loro, tutte provenienti dalla Lombardia, contrassero la malattia e morirono. 

Le Suore delle Poverelle si dedicano all’istruzione, alla gestione di orfanotrofi e case famiglia, all’assistenza agli emarginati e agli ammalati.

 

Oltre che in Italia, le suore sono presenti in Brasile, Burkina Faso, Repubblica Democratica del Congo, Costa d’Avorio, Kenya, Malawi, Perù e Svizzera; la sede generalizia è a Bergamo.

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