Cultura
Le piante di fico d’India nella masseria del nonno Turiddu “LA FICURINNIA“
Crisci ‘nta la Sicilia, Amata e cara, un fruttu ch’avi ‘na ducizza rara, ma l’ha tuccari cu’ pricauzioni picchì spini nn’havi a milioni. Me figghiu m’addumanna: “Ma picchì La natura è fatta d’accussi? Un fruttu tantu bonu di mangiari È chinu ‘i spini ca nun si po’ tuccari. “La Ficurinnia”, ci rispunnivi iu, “la fici d’accussì Domini Diu, pi ‘nsignari a tutta la so genti ca i cosi belli nun su’ fatica ‘i nenti. ‘U fattu, poi, ca scelsi la Sicilia Lu fici di prupositu, pi mia, picchì ‘stu fruttu è l’unicu, fra tanti, ca po’ rapprisintari ‘st’abitanti. E’ fattu comu ‘a genti siciliana, ca all’apparenza pari assai luntana, ma s’arrinesci a junciri ‘o so’ cori lu vidi quantu amuri sapi dari”.
Ero appena tornato da Milano. Dopo quella telefonata di mio padre due giorni prima, avevo passato ore d’inferno in quella città fredda del nord (il nonno non stava molto bene…).
Solo l’amore degli zii mi aveva attenuato la tristezza della mia terra lontana e della mia famiglia. Avevo percorso freneticamente avanti e indietro il corridoio della piccola dimora dei miei parenti in cui ero ospite nella periferia di quella grigia città industriale Milano zona Baggio…, decine e decine di volte, nervoso, agitato, pensando a mio nonno, alla sua amata terra, ai suoi alberi, a quello che di poco gli era rimasto e a come si potesse sentire in quei momenti solo in masseria, senza più neanche nonna a calmarlo e tranquillizzarlo. Dovevo assolutamente scendere in Sicilia ed essere al fianco di mio nonno in masseria. Così feci… In una fumata di sigaretta avevo prenotato un biglietto per tornare giù, senza esitare un momento; Il viaggio durò un attimo in realtà, fu un viaggio veloce, se veloce si può definire un viaggio in treno con la freccia del Sud…di ventiquattro ore. Ma ero già lì, seduto sul mio solito muretto a secco che divideva la masseria del nonno da quella di zio Giorgio morto qualche anno prima. Ero seduto sul mio solito pezzettino di muretto a secco, quello che sin da piccolo era diventato il mio personalissimo punto d’osservazione sul mondo che mi circondava. Nessuno ci si poteva sedere o avvicinare perché ne ero gelosissimo. Da lì si riuscivano a vedere tutti gli angoli della masseria, non sfuggiva nulla al mio occhio attento. Riuscivo a vedere anche gli anfratti più nascosti accovacciato su quelle pietre. Ora però Il mio sguardo da bambino innamorato della sua terra si era fatto adulto. Avevo lasciato la mia amata Sicilia, quella che mi saziava ogni giorno, per seguire un sogno. Un capriccio per i miei.
Volevo studiare scienze politiche, mi ero iscritto da qualche anno ad un corso di laurea a Catania appunto, ma in realtà ero chiuso in un pastificio da cinque anni e quel viaggio di piacere alla fine mi avvalorava l’idea che la mia terra era sì la mia prigione ma anche la mia culla… dove potevo assopire tutti i miei semplici sogni di gioventù.
Mi mancava la terra rossa sotto i piedi però, sono sincero. Quella terra rossa che profumava di fichi d’india, delle polpette al sugo della domenica. Mi mancava mangiare i fichi ancora acerbi direttamente dall’albero. Assaggiare il loro latte aspro appena staccati dalla pianta. Mi mancava correre per ore in mezzo al grano più alto di me. Mi mancava il vento addosso, quel vento che portava con sé tutto il gusto di una terra bellissima. Mi mancava guardare il nonno raccogliere le olive, la nonna cucinare il pane fatto da lei nel forno a legna proprio fuori il casolare. Ricordo come fosse oggi l’odore della farina, della legna bruciata, dei panetti appena sfornati e lasciati a raffreddare sul marmo bianco del tavolo in legno che era in veranda.
Mi mancava assaggiare i pelati caldi appena cotti da zia Maria, ci immergevo le dita senza che nessuno se ne accorgesse. Mi mancava il vino bevuto di nascosto dietro la grande poltrona che puzzava di naftalina piazzata proprio di fronte al camino. L’uva rubata sotto il filare mentre Inseguivo le lucertole con mia cugina Giovanna. Mi mancava contare tutti gli ulivi del nonno messi in fila di fronte a me. Erano tantissimi, bellissimi. Secolari. Il nonno ricordo ancora che spesso mi raccontava la loro storia e che alcuni di quegli alberi erano lì da centinaia di anni. Mi mancava tutto questo e tanto altro ancora. Tanto tanto altro ancora. Ero seduti lì, sul muretto a secco fatto di pietre tipiche ragusane, ben incastonate nel paesaggio, il mio personalissimo punto di vista sul mondo che mi circondava e non sentivo la stanchezza di un viaggio fatto in fretta e furia, preoccupato per mio nonno.
Ero seduto lì a guardare quello che succedeva ma in realtà ero tornato indietro con gli anni e mi ero isolato nei miei ricordi di bambino felice e sazio della sua amata terra, dei suoi mille odori, delle sue fragranze tutte diverse, dei suoi colori, quelli che mi nutrivano ogni santo giorno, con la loro storia, il loro gusto. Ero tornato quello che amava la ricotta forte e i pomodorini freschi sulle bruschette calde della nonna. Le melanzane sott’olio, i carciofini freschi. Sarei dovuto tornare il lunedì successivo a Milano per un colloquio di lavoro, ma quello era l’ultimo dei miei pensieri in quel momento. L’ultimo dei problemi.
Il Richiamo…
“Titì, Titììììì” gridò mia mamma (solo mia madre mi chiamava in quel modo…). Tutto d’un tratto, e
di colpo tornai a quella triste realtà che era proprio sotto i miei occhi adulti ormai, abbandonando i
ricordi d’infanzia. Una realtà fatta di troppe “x” rosse sui tronchi d’ulivo secolari del nonno, tornai
a guardare le lacrime grosse che vedevo scendere sul suo viso rigato dal tempo. E allora: ” Dimmi,
mamma, dimmi” risposi indispettito.
“Dimmi dai” continuai.
Lei si avvicinò in fretta, appoggiò le labbra vicino al mio orecchio e disse: “Il nonno è andato dalla
nonna Marianna…ma prima di sospirare mi ha dato un biglietto che teneva sotto il cuscino…” A
Titì… presi il biglietto e corsi sopra il mio muretto davanti ai fichi d’india piantati dal nonno quando
ero nato io… lo aprii e lessi: Caro Titì… lo so, sei sopra il nostro muretto e forse avrai qualche
lacrima che ti sta solcando il volto… non ti rammaricare, sto andando dalla mia amata sposa, tua
nonna Marianna, custodisci queste piante e quando mangerai i suoi frutti… beh ti ricorderai di me
e di quanto Ti ho voluto bene… sappi che questo frutto oltre a tenerci legati per tutta la vita ha
una leggenda che compari Linguanti mi raccontava prima che scegliessi quale piante dovevo
piantare nel muretto di recinzione intorno alla masseria alla notizia di un futuro erede in casa
Battaglia.
La leggenda raccontava che “lu peri di ficurinia” in origine era una pianta velenosa, portata in Sicilia dai Turchi per uccidere i siciliani e che il buon Dio, che tanto amava i siciliani, li avrebbe resi dolcissimi ed anche benefici per la salute… e fu così che scelsi di piantare i Fico d’india… abbine cura. Per non dimenticare… A Miniminagghia Ci tagghiu a testa, ci tagghiu a cura, ci spaccu a panza e nesci a signura… (il fico d’india)
Salvatore Battaglia
Presidente Accademia delle Prefi
Cultura
Pantelleria, inaugurato il busto a dr. Zurzolo tra gente commossa, riconoscente e affiatata
L’opera è stata realizzata dal M° Michele Cossyro
Si è svolta ieri, 7 dicembre 2025, la cerimonia di scopertura del busto dedicato al compianto dottor Michele Zurzolo.
In una silenziosa Piazza Perugia, le gente arrivava quasi in punta di piedi, per non disturbare un momento che sarebbe stato prezioso per quel sito e per la comunità pantesca tutta.
Il Sindaco Fabrizio D’Ancona ha aperto la celebrazione annunciando diversi interventi tra cui quello di Maria Casano, che ha promosso l’idea, quello della moglie Anna Maria Brignone, delle due nipoti.
“Il Dottore Michele Zurzolo, nel corso della sua vita professionale, si è dedicato anima e corpo a tutta questa comunità e oserei dire anche a tutta la cittadinanza di Pantelleria – Ha esordito il primo cittadino – Ma molti di voi hanno avuto anche la possibilità di conoscere un amico, una persona che ha fatto della sua professione una storia di vita. Lui era una persona di altri tempi e lo ha dimostrato. Abbiamo ritenuto come di regola accade quando una persona si contraddistingue in questa vita terrena per le sue attività, per le sue azioni, per le sue gesta, di ricordarlo in una maniera particolare. Abbiamo deciso di fare un busto commemorativo e di posizionarlo in questa piazza Perugia che è sostanzialmente il cuore di questa contrada.”
Di poi i ringraziamenti alla giunta comunale e, in modo particolare, ai consiglieri Giuseppe Maddalena e Nadia Ferrandes che hanno perorato il progetto, fino al suo completamento.
Così, dopo i toccanti pensieri dei familiari del dr. Zurzolo, l’intervento di Michele Cossyro. L’artista che ha portato il nome di Pantelleria nel mondo con le sue opere ha ben accolto l’invito a realizzare la richiesta, facendo una vera copia non solo delle sembianze, ma anche dell’espressione del medico. Realizzando un basamento singolare, in pietra lavica, ha poi come proseguito l’opera con il busto di bronzo, adesso lucido e liscio.
Tra i presenti anche il presidente del Consiglio Comunale, Giuseppe Spata, diversi politici, i presidenti dei circoli e di alcune associazioni importanti, tutti testimoni della benevolenza, dell’umiltà, della nobiltà di un uomo coraggioso, che metteva il paziente sopra ogni altra esigenza e pensiero, elargendo diagnosi sempre precise e puntuali e mai sbagliate, nonostante la strumentazione dell’epoca, a Pantelleria.
Va ricordato, non in ultimo, che il Dr. Zurzolo era un grande studioso originario della Calabria, eppure, egli aveva eletto Pantelleria come sede della sua dimora e del suo lavoro, dove ha affrontato vita e professione sempre con un immancabile e inestimabile sorriso bonario e rassicurante.
La toccante cerimonia si è conclusa con la benedizione di Don Ramses.
Cultura
Pantelleria, oggi presentazione del libro “Le note stonate” di Antonino Maggiore
Questo pomeriggio, 7 dicembre 2025, dalle ore 16.30, presso i noti locali del Circolo Ogigia di Pantelleria Centro, si terrà la presentazione del libro “Le note stonate” di Antonino Maggiore.
Ad affiancare l’autore, Franca Zona e Giovanna Drago, apprezzate donne di cultura, che si alterneranno in una intervista conoscitiva del libro.
Antonino Maggiore, classe 1982, è un docente di musica presso la scuola primaria di Pantelleria, dove unisce rigore e creatività, nel quotidiano rapporto con l’infanzia.
Lo scrittore pantesco non è alla sua prima opera. Negli anni ha già pubblicato due raccolte poetiche: “Niente di importante” e una “Penna x amico“, grazie alle quali ha ricevuto diversi importanti riconoscimenti.
“Le note strane” è un romanzo autobiografico: in viaggio intimistico tra fragilità ed ironia, attraversando il confine spesso sottile tra disperazione e gioia, risa e pianto.
Con il delicato contributo musicale di Maria Bernardo, si profila un piacevole pomeriggio letterario, al caldo e tra “degustatori” di libri.
L’ingresso è libero
Cultura
I racconti del vecchio marinaio di Pantelleria: Il rito antico della dragunera
Quel giorno lasciai gli scogli di San Leonardo più presto del solito, mentre i miei amici erano ancora a mollo a mare, in un’acqua trasparente e azzurrina come solo il mare di Pantelleria sa esserlo. Mi soffermai ancora una volta a leggere le scritte multicolori che rendevano meno triste il vecchio bunker di cemento armato della seconda guerra mondiale. L’amore di sempre: “ti voglio bene, “un cuore solo”, “ti amerò per sempre” precedute da un nome femminile e tante altre scritte, eredità amorose di generazioni di giovani panteschi. Una però faceva a pugni con tutte le altre, “Mariuccia buttana”. Doveva essere stato davvero un brutto tradimento, per bollarlo con un marchio di fuoco e per tramandarlo così ai posteri.
Giunsi sulla banchina e lo vidi seduto sulla solita bitta di fronte al castello, la nuvola azzurrina del fumo della sua pipa gli conferiva una strana aureola di mistero. Avevo deciso di porgli alcune domande, ma appena mi vide cominciò a parlare con voce arrochita dal tabacco e dalla salsedine. “Il veliero Madonna di Trapani era un vero e proprio gioiello della marineria pantesca. Due alberi, bompresso lungo come una lancia, vele latine che sapevano piegarsi al vento, ma non alla paura. Patrun Vitu, il suo comandante, era un uomo di mare e di silenzi infiniti, con le mani dure come la nostra pietra lavica e gli occhi di un verde misterioso, che avevano visto tempeste e miracoli. Nelle sue mani il timone seguiva docilmente l’invisibile linea della rotta fissata.
Quel giorno, ero ancora picciotto ‘i varca, avevamo da diverse ore passatu l’isola di Ustica e puntavamo, con tutte le vele spiegate su Trapani, fermarci qui la notte e il giorno seguente tornare a Pantiddraria, dove dovevamo sbarcare delle merci comprate a Napoli. Il mar Tirreno sembrava quieto e il vento amico, ma ‘ogni marinaio sa che “Cu ventu e cu mari nun si fa cuntrattu” (Col vento e col mare non si fa contratto). Così all’improvviso il cielo cambiò.
Una linea nera si stese sull’orizzonte, e il vento cadde morto di colpo. I marinai si guardarono l’un l’altro muti e attoniti. Il capitano Vito salì sul ponte e scrutò quel cielo nerastro e la vide: una dragunera (tromba marina), la maledizione antica e rabbiosa per chi va per mare. Essa, sottile e affilata, scendeva dal cielo come il dito di dio marino irato, girando vorticosamente sull’acqua.
Il nostromo Turi colse l’ansia e il timore degli altri uomini dell’equipaggio e chiese a patrun Vitu di virare. Ma Vito no, non solo perché la cosa era impossibile per mancanza di vento, ma perché egli era uomo che accettava intrepido le sfide in mare. Lui conosceva lu ritu anticu, lo aveva visto fare
da suo nonno e da suo padre prima di lui. Aprì il baule sotto il timone e ne trasse un coltello d’ossidiana, nero come la notte e affilato come il silenzio che precede la burrasca. Poi disse deciso “Mantenete la rotta, non si fugge davanti alla dragunera. Si tagghia”.
Si diresse a prua e la sua figura alta e possente sembrò dominare le onde. Il vento intanto aveva ripreso a soffiare forte e impetuoso che a momenti gli strappava il berretto. La dragunera si avvicinava, ululando conne una magara. Vito attese, fermo, come nu parrinu davanti all’artari. Quando la coda della tromba marina fu a portata, egli disse vecchie parole che non si potevano intendere, poi tracciò con il coltello d’ossidiana una grande croce nell’aria e recitò a voce alta questa preghiera:
Nniputenza di lu Patri,
Sapienza di lu Figghiiu,
pi virtù di lu Spiritu Santu
e pi nnomu di Maria
sta cuda tagghiata sia
Un suono sordo, come un lamento, si levò dal mare. La vorticosa colonna d’acqua si dissolse e il cielo si aprì all’azzurro. Tutti noi marinai, increduli, guardavamo ammirati e a un tempo intimoriti il capitano come si guarda un uomo che ha parlato allora allora con gli spiriti. Vito tornò al timone, rimise il coltello di ossidiana nel baule e disse solo: “Adesso a casa”. Al tramonto del giorno dopo Pantelleria ci apparve all’orizzonte, nera e fiera e materna. Il Madonna di Trapani, come sempre, entrò in velocità nello stretto passaggio che dava al porto vecchio. Solo capitan Vito e qualche altro patrun si potevano permettere di sfidare la scogliera cartaginese semisommersa.
La voce del subitaneo taglio della dragunera si sparse, in un battibaleno, in tutte le contrade dell’isola e da quel giorno ogni marinaio pantesco che incrociava patrun Vitu lo salutava con rispetto misto ad ammirazione. Perché non tutti sanno tagghiare la coda a una tromba marina. E soprattutto non tutti hanno il coraggio di farlo”.
Il vecchio marinaio si tacque definitivamente.
Girò le spalle e si mise a guardare, assorto, il mare
come aspettasse l’arrivo di qualcuno, intanto la nuvola azzurrina del fumo della pipa, che lo
avvolgeva in tenui volute, gli conferiva un certo non so che di misterioso.
Orazio Ferrara

-
Ambiente5 anni agoAMP, a Pantelleria Insieme Live: zonizzazioni e Guardia Costa ausiliario. Gadir e il brillamento de Il Caldo
-
Personaggi4 anni agoStasera 4 Ristoranti a Pantelleria, con Alessandro Borghese. Ecco chi sono
-
Ambiente4 anni agoPantelleria, il PD segnala colorazione anomala e artificiale nella spiaggia del Lago di Venere
-
Pantelleria4 anni agoPantelleria a lutto per Giovanni Maddalena, il galantuomo del Conitro
-
Personaggi4 anni agoPantelleria, è U Runcune il vincitore di 4 Ristoranti di Alessandro Borghese
-
Cronaca4 anni agoUltima Ora – Pantelleria. Identificata la donna morta per annegamento, il secondo suicidio in un mese
-
Capitaneria di Porto4 anni agoPantelleria, allarmanti condizioni meteo-marine nelle prossime 48/72 ore: onde 6 da metri
-
Pantelleria4 anni agoPantelleria, divieto di balneazione a Punta San Leonardo



