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I legumi. Le lenticchie di Pantelleria, straordinarie per gusto ora scomparse

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Una volta la carne dei poveri era rappresentata dai legumi.

Sono i semi commestibili delle piante della famiglia delle leguminose che si coltivano da migliaia di anni e talmente importanti presso gli antichi romani che i nomi di molte famiglie patrizie derivano da questi: Lentuli da lenticchie, Fabi da fave, Pisoni da piselli e Ciceroni da ceci. I più comuni sono lenticchie, ceci, fave, piselli e, ultimi arrivati nel nostro paese dopo la scoperta dell’America, i fagioli.

Visto l’alto contenuto di proprietà nutrienti, che qui non starò ad elencare, nei secoli scorsi sono stati sempre considerati, abbinati ai cereali, l’alimento completo dei poveri e oggi vengono usati come ottima alternativa delle carni.

 

     Lenticchie: fino a qualche anno fa era un fiore all’occhiello dell’agricoltura di Pantelleria, ma oggi non se ne coltivano più, nonostante il pregio alimentare ed economico che esse potevano rappresentare.

Alla tavola dei nostri antenati non mancava mai e non veniva rifiutato a nessuno un piatto di lenticchie, piccole, rotonde, piatte, il termine latino” lens” ispirò nel 1600 il nome delle prime lenti ottiche. Si consumano esclusivamente secche anche in abbinamento a carni e alcuni tipi di pescato.

La cottura è consigliata in recipienti di acciaio o terracotta, l’alluminio è sconsigliato perché tende ad annerire.

La colorazione che va dal verde marroncino al marrone più o meno intenso è dovuta alla diversa varietà e dal terreno di coltivazione, quelle rosse sono decorticate e provengono dall’estero, infatti si chiamano egiziane.

    Ceci: conosciuti da tempo immemorabile si distinguono, principalmente in due qualità: ” mediterraneo” di colore tendente al giallo e “orientale” più piccolo con una colorazione rossastra.

Si consuma unicamente essiccato e durante la lessatura, fatta con acqua che appena bolle, è consigliabile aggiungere un cucchiaio d’olio per rendere più vellutata la buccia.

Non è consigliabile, invece, come tanti fanno, aggiungere del bicarbonato, per ammorbidire, perché cambia il sapore dolciastro in amarognolo.

In cottura , a differenza dei fagioli, il sale si mette all’inizio perché il sale tende ad indurire la buccia e siccome nei ceci la buccia è delicata e spesso durante la cottura tende a distaccarsi “navigando“ nel brodo, dobbiamo rinforzarla per far si che resti attaccata al seme anche se ci vuole un po’ più di tempo per cuocere.

    Fave: consumate sin dal tempo del ”Diluvio Universale”, la pianta è molto adattabile a climi diversi e si coltiva fino in Scozia.

Si consumano sia fresche che essiccate ed hanno avuto molto successo prima dell’arrivo del fagiolo che, con un sapore più deciso, ne ha eclissato la fama.

Le fresche vanno consumate entro sei giorni dalla raccolta, sempre se conservate sotto i 9°, e al momento dell’acquisto bisogna controllare il colore verde acceso del baccello, la sua resistenza alla rottura e l’assenza di muffe e macchie color cioccolato per essere sicuri di avere un prodotto di buona qualità.

Le secche seguono le prescrizioni adottate per gli altri legumi secchi.

 

    Piselli: ritrovati persino nelle Piramidi e nelle rovine di Troia, sono i legumi più digeribili perché hanno una concentrazione minore di amidi e la caratteristica dolcezza è dovuta alla presenza di zuccheri semplici e alla mancanza di sostanze amare.

Si consumano freschi e surgelati o in conserva mentre quelli secchi sgusciati sono ormai scomparsi quasi del tutto.

Al momento dell’acquisto in quelli freschi bisogna controllare il colore verde del baccello, la resistenza alla rottura e l’assenza di macchie scure e muffe, nei surgelati sgusciati che il colore sia più verde scuro perché hanno subito una piccola lessatura, in quelli in barattolo la data di produzione e di scadenza.

    Fagioli: i più giovani tra i nostri legumi, sono però i più usati nell’alimentazione mondiale.

Ci sono più di 500 varietà e possono essere consumati sia freschi che essiccati che in conserva.

Per l’acquisto si usano le stesse accortezze consigliate per gli altri tenendo presente che nei freschi anche se il baccello non è più rigido e con presenza di macchie, i semi interni non vengono rovinati.

Altra curiosità è che per fare rimanere liscia la buccia dei fagioli secchi bisogna lasciarli essiccare naturalmente sulla pianta e che il metodo migliore per cuocerli è la bollitura ma non in liquidi con una certa acidità, come il sugo al pomodoro, perché la buccia tende a rimanere dura più a lungo.

Per concludere tutti i legumi secchi, escluse le lenticchie che hanno una buccia sottilissima, andrebbero messi a bagno prima della cottura per reidratarli e renderli più morbidi, ma il periodo di permanenza in acqua varia da quando sono stati essiccati, per esempio: ceci secchi da 3 mesi sono sufficienti 8 ore di ammollo mentre quelli di un anno necessitano 24 ore.

Daniele Ciani

 

Marina Cozzo è nata a Latina il 27 maggio 1967, per ovvietà logistico/sanitarie, da genitori provenienti da Pantelleria, contrada Khamma. Nel 2007 inizia il suo percorso di pubblicista presso la testata giornalistica cartacea L'Apriliano - direttore Adriano Panzironi, redattore Stefano Mengozzi. Nel 2014 le viene proposto di curarsi di Aprilia per Il Corriere della Città – direttore Maria Corrao, testata online e intraprende una collaborazione anche con Essere Donna Magazine – direttore Alga Madia. Il 27 gennaio 2017 l'iscrizione al Consiglio dell'Ordine dei Giornalisti nel Lazio. Ma il sangue isolano audace ed energico caratterizza ogni sua iniziativa la induce nel 2018 ad aprire Il Giornale di Pantelleria.

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Cultura

Pantelleria, premiato Ampolla d’Oro 2026 il gin “Muegin” di Enio Koshi

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Enio Koshi, un giovane grande uomo presenta Pantelleria  attraverso i suoi distillati

Chi a Pantelleria non conosce Enio Koshi. Nonostante la sua giovane età, il naturalizzato pantesco ha saputo farsi apprezzare sull’isola per il suo talento in tante cose, per il suo impegno negli studi di ingegneria edile e per il suo amore per la Figlia del Vento.
Sempre ben voluto e circondato da tanti amici, il trentunenne ha sviluppato negli anni una particolare passione verso le erbe autoctone di Pantelleria e verso i funghi, che lo hanno indotto a proseguire una passione famigliare: realizzare distillati.

Con il suo gin “Muegin” ha conquistato l‘Ampolla d’Oro, un riconoscimento internazionale conferito  Spirito Autoctono, la rivista del settore capitanata da Lara De Luna e Francesco Bruno Fadda.

Lo abbiamo, mentre si trova a Pisa per il suo percorso accademico e abbiamo subito curiosato.Ingegnere, lei a Muegin (trattasi di contrada molto rigogliosa, poco abitata ma dove le coltivazioni sembrano uscire da un libro: perfette!) cosa fa? “Io lì raccolgo le botaniche, tutte quelle che ci sono nel gin. Faccio una prima lavorazione a Pantelleria poi le porto a Bologna alla Distilleria Gotha.”
  
La scelta di Bologna è stata un pò obbligata o perchè li ha un appoggio?No, No, non è stata una scelta obbligata, bensì legata alle conoscenze, Veda il progetto Mueggen è un po’ bizzarro. Non so se abbia letto un po’ le botaniche che ci sono dentro il gin,  ebbene questa idea nasce dal  voler unire una passione, che è quella per questo distillato e raccontare Pantelleria, diciamo, da un punto di vista diverso. Parlare dell’isola attraverso la montagna. Di solito quando la gente  conosce Pantelleria, giustamente la conosce per il mare, ma io sono super appassionato di funghi, infatti dentro il gin ci sono i porcini di Pantelleria. 
“E, all’inizio, quando io ho iniziato a pensare a questo gin, a questo progetto, dovevo collaborare con qualcuno che potesse capire la cosa e potesse darmi innanzitutto una mano. 
“Io, sì, vengo da una famiglia di distillatori, ma è sempre distillato grappa.”

Ah, ecco! Quindi lei alle spalle  un bagaglio anche culturale per il distillato? “Sì, assolutamente! Il distillato è assolutamente un bagaglio che mi porto dietro.
“Così, ho conosciuto questo ragazzo, Valerio Destratis, che mi ha dato una mano nella realizzazione di questo progetto.
 
E che tipi di erbe ci mettiamo dentro il suo gin?Intanto, il ginepro, che non può mancare mai. Si pensi che c’è un disciplinare molto rigido  che ti stabilisce che almeno il 50% della totalità delle botaniche deve essere ginepro. 


Ma allora il gin prende il nome dal ginepro?Esatto, esatto! Ma oltre a questo vi sono i capperi, ovviamente, uva passa di zibibbo, ovviamente, funghi porcini, come dicevo, limoni e finocchietto marino, che è il critmo, quello che cresce sugli scogli, che ha questo profumo incredibile di agrumi, secondo me; poi è salato, quindi tende a dare queste note molto fresche al salmastro.”

Mi diceva che questa attività la sta svolgendo da circa tre anni, ma quest’anno che è successo? Lei ha fatto l’imbottigliamento del 2025 e le è stato riconosciuto in questo premio, (5:16) che è l’Ampolla d’Oro? “Infatti, l’Ampolla d’Oro. Si tratta di una guida nazionale, perché poi collabora con altre guide. Fanno queste degustazioni alla cieca e valutano il prodotto, tendendo  più che altro a premiare prodotti che abbiano una carta di identità ben definita per realizzare i quali si  utilizzano soprattutto materie prime endemiche o autoctone, insomma del posto.”
Se io poi scrivo Pantelleria in etichetta, deve esserci Pantelleria lì dentro. Secondo me è parecchio forte questa cosa, perché appunto, quando racconti il gin e racconti Pantelleria, soprattutto attraverso il fungo, la gente resta meravigliata, perché pensa che nella nostra isola vi sia  il mare e nient’altro. Poi, appena entrano in quell’ottica lì, della montagna di 900 metri, dei funghi, del fatto di essere un’isola di contadini e non pescatori per i retaggi storici e la conformazione quella gente resta un po’ spiazzata. Quindi si racconta il territorio anche attraverso questa cosa lì.”


L’amaro bianco

Ingegnere ha progetti per il futuro?Faremo sicuramente tante altre cose, però adesso penso che il primo prodotto che uscirà adesso sarà un amaro,  un amaro bianco con le botaniche dell’isola, ma sarà più incentrato anche lì sulla montagna.”

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Cultura

Pantelleria, 7 dicembre cerimonia di svelamento del busto in bronzo in memoria del Dott. Michele Zurzolo

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Opera del M° Michele Cossyro

La nota del nostro Sindaco Fabrizio D’Ancona

Alla cittadinanza, Il Sindaco comunica che il 7 dicembre, alle ore 16:00, in Piazza Perugia, nella contrada Tracino, avrà luogo la cerimonia di svelamento del busto in bronzo dedicato al Dott. Michele Zurzolo, medico che ha segnato in maniera indelebile la storia umana e sanitaria della nostra isola.

Originario della Calabria, il Dott. Zurzolo scelse di restare sull’isola, facendo della professione medica una vera e propria vocazione al servizio della comunità.Per decenni è stato un punto di riferimento costante per intere famiglie, raggiungendo anche le zone più difficili dell’isola con spirito di sacrificio, senso del dovere e profonda umanità. Il suo operare è stato caratterizzato da una presenza discreta ma instancabile, sempre vicino ai più fragili, spesso senza badare al compenso, ma solo al bisogno delle persone.

La realizzazione del busto rappresenta un segno concreto di riconoscenza pubblica verso un uomo che ha interpretato la medicina non solo come professione, ma come autentico servizio alla collettività, lasciando un’eredità morale che ancora oggi vive nella memoria dei panteschi.

La scelta di Tracino, luogo in cui il dottore visse e operò, conferisce a questo omaggio un valore ancora più profondo, legato al territorio e alla comunità che più direttamente ha beneficiato della sua dedizione. Un sentito ringraziamento è rivolto al maestro Michele Cossyro, autore dell’opera, che con sensibilità artistica ha contribuito a rendere permanente il ricordo di una figura così significativa per l’isola. La cittadinanza è invitata a partecipare a questo momento solenne di memoria e gratitudine collettiva.

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Sociale

Io sono Elisa: due giorni di memoria e responsabilità chiudono il mese contro la violenza di genere

Redazione

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Canicattini Bagni / Avola – Le due giornate dell’iniziativa “Io sono Elisa”, svoltesi il 28 novembre a Canicattini Bagni e il 29 novembre ad Avola, hanno rappresentato un momento di intensa partecipazione collettiva, chiudendo simbolicamente il mese dedicato alla lotta contro la violenza sulle donne.

Un percorso che ha lasciato nei territori tre segni concreti: tre targhe commemorative destinate a custodire nel tempo la memoria di Elisa Claps e a trasformarla in un messaggio permanente di non violenza.

L’evento è stato organizzato dalla Galleria EtnoAntropologica, in collaborazione con il Presidio HONOS di Canicattini Bagni, il Comune di Avola, con il sostegno diretto dei Centri antiviolenza Work in Progress (Canicattini Bagni) e Doride (Avola)e le comunità scolastiche canicattinesi che hanno dimostrato una grande partecipazione ed operatività nell’accoglienza e nel risultato conoscitivo del caso Claps.

Una sinergia fortemente radicata nel territorio, che ha unito istituzioni, scuole, forze dell’ordine e realtà sociali in un percorso comune di memoria, responsabilità e cittadinanza attiva. A Canicattini Bagni, due targhe sono state posate presso il Liceo “Leonardo Da Vinci” e l’Istituto Comprensivo “Verga”, luoghi centrali della formazione giovanile. La loro collocazione all’interno delle scuole è un gesto che supera la dimensione commemorativa: è un invito quotidiano alla riflessione, al rispetto e alla consapevolezza civile.

Le dirigenti Rita Spada e Clorinda Coppa hanno sostenuto con convinzione questo percorso, inserendo la memoria di Elisa nel cuore dei progetti educativi. Fondamentale è stata la partecipazione delle forze dell’ordine – Polizia di Stato e Arma dei Carabinieri – e di tutte le istituzioni sociali operative nel territorio, che con la loro presenza hanno testimoniato una collaborazione solida e determinata. Una rete che rappresenta la forza della comunità quando sceglie di agire insieme, con responsabilità e fermezza, nel contrasto al femminicidio e nella costruzione di un’autentica cittadinanza attiva.

Il 29 novembre, ad Avola, la terza targa è stata posata presso il Centro antiviolenza Doride, luogo in cui la memoria trova una collocazione profondamente simbolica. Qui, la targa dedicata a Elisa diventa luce e testimonianza proprio lì dove la violenza viene affrontata quotidianamente con professionalità e cura. Un gesto voluto dal Comune di Avola e dalla sua Sindaca Rossana Cannata, che hanno scelto di intrecciare la memoria di Elisa con il lavoro prezioso svolto dal Centro Doride. Il Centro antiviolenza Work in Progress di Canicattini Bagni ha ugualmente contribuito alla realizzazione dell’iniziativa, rafforzando il messaggio delle due giornate e ampliando la rete territoriale di protezione e sostegno.

La Presidente della Galleria EtnoAntropologica, Laura Liistro, ha ricordato come le targhe non siano semplici simboli, ma punti di riflessione permanente, capaci di mantenere viva la memoria di Elisa nel tempo e di trasformarla in un faro per la costruzione di una cultura della non violenza. La presenza della famiglia Claps, di Mariagrazia Zaccagnino, del giornalista Angelo Barraco e della forza luminosa di mamma Filomena ha dato alle due giornate una profondità emotiva intensa, trasformando il ricordo in un abbraccio collettivo.

Tre targhe. Tre luoghi. Due giorni di memoria e responsabilità chiudono il mese contro la violenza di genere responsabilità condivisa: fare in modo che il nome di Elisa continui a illuminare il cammino contro la violenza sulle donne perché la memoria non si posa: cammina.
E finché cammineremo insieme, la luce di Elisa continuerà a guidarci.

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