Cultura
“Fufu e Polenta. Nessuno è straniero” un racconto di Davide Romano

A Borgo Vecchio, un minuscolo paese circondato da colline verdi e filari di viti, non succedeva mai nulla di straordinario. Le giornate scorrevano tranquille, tra il campanile che batteva le ore e il profumo del pane appena sfornato che si diffondeva per le strade strette. Era un posto dove le novità arrivavano come il treno del pomeriggio: lentamente e con molte fermate.
Eppure, un mattino di fine estate, il tranquillo equilibrio del paese venne sconvolto dall’arrivo di una famiglia “straniera”. Straniera, per i paesani, voleva dire chiunque venisse da più lontano di Parma, ma questa volta, il forestiero era addirittura un uomo dalla pelle scura, con una moglie dagli occhi a mandorla e due bambini che parlavano una lingua musicale e misteriosa.
Il sindaco, il ragionier Bertolini, che aveva ereditato la carica come si eredita un vecchio ombrello bucato, venne subito assalito da richieste e lamentele. La maestra Loredana, con un tono che non ammetteva repliche, voleva sapere come avrebbe dovuto gestire quei bambini “esotici” nella sua aula; il parroco, Don Peppino, si chiedeva se avrebbe dovuto insegnare loro il catechismo; e il macellaio, il signor Amadeo, era preoccupato che avrebbero chiesto carne “strana”, compromettendo la reputazione della sua macelleria.
Ma fu l’oste del paese, il buon vecchio Pinuccio, a riassumere il pensiero comune con una frase semplice: “Qua la gente ha già abbastanza problemi con i forestieri di Milano, figuriamoci con quelli che vengono dall’altro lato del mondo!”
Il giorno successivo, alle otto in punto, il ragionier Bertolini si presentò davanti alla scuola, tirato a lucido come per la festa del patrono. La famiglia straniera, Amadou e Mei con i loro due figli, era stata convocata per un colloquio ufficiale. Amadou, alto e sorridente, vestito con una giacca che sembrava fatta di un tessuto mai visto prima in paese, strinse la mano del sindaco con un calore che il ragionier Bertolini trovò quasi imbarazzante.
“Buongiorno, signor sindaco!” disse Amadou in un italiano impeccabile ma con un accento che lasciava indovinare la sua provenienza. Mei, più riservata, fece un leggero inchino, mentre i due bambini, Kofi e Amina, guardavano il sindaco con occhi curiosi e vivaci.
Il ragionier Bertolini, per quanto abituato a fare discorsi solenni, si trovò per un attimo senza parole. In paese si parlava molto di accoglienza, ma nessuno si era mai aspettato di doverla mettere in pratica davvero.
“Buongiorno a voi, benvenuti a Borgo Vecchio,” riuscì a dire infine, con un tono che cercava di essere caloroso. “Ehm… Siamo un piccolo paese, ma cerchiamo di fare del nostro meglio per accogliere chiunque venga qui.”
Amadou annuì, ancora sorridente. “Ne sono certo, signor sindaco. Siamo molto felici di essere qui. Io lavorerò nella fabbrica a pochi chilometri da qui, e mia moglie… beh, è un’ottima cuoca. Forse potrete assaggiare qualcosa della nostra cucina.”
La parola “cucina” fece breccia nei pensieri del sindaco. Già si immaginava i commenti dei paesani di fronte a piatti dai nomi impronunciabili. Ma Bertolini, nel suo cuore, era un uomo buono. E poi, come sua madre diceva sempre, “Una mano lava l’altra e tutte e due lavano il viso.”
Quella sera, su invito di Pinuccio, la famiglia di Amadou si recò all’osteria del paese. L’oste, che era uomo di spirito e di pancia generosa, li accolse con un certo riserbo, ma colto da curiosità, decise di offrire loro il suo miglior piatto: tortelli di zucca, seguiti da un brasato con polenta.
Amadou e Mei assaporarono ogni boccone, e i bambini si comportarono in maniera impeccabile, nonostante Kofi avesse guardato con sospetto la polenta gialla, così diversa dal riso a cui era abituato.
A un certo punto, però, Amadou si avvicinò al bancone e disse: “Pinuccio, questa polenta è davvero buona. Mi ricorda un piatto che faceva mia nonna in Africa. Sai, potremmo preparare qualcosa insieme, una sera? Io potrei cucinare il nostro ‘fufu’ e tu la tua polenta. Potremmo fare una serata di scambio.”
L’oste, colpito da quell’idea, scoppiò a ridere. “Ah, ma questa sì che è buona! Uno scambio culturale a Borgo Vecchio! Chissà cosa dirà la gente!”
“Magari impareremo qualcosa di nuovo, no?” rispose Amadou con una luce negli occhi.
Pinuccio si grattò la testa, pensieroso. “Forse hai ragione. Facciamolo, Amadou. Vediamo cosa ne viene fuori.”
La notizia della serata “Fufu e Polenta” si diffuse come il vento. All’inizio, molti erano scettici, ma la curiosità vinse su ogni resistenza. Quella sera, l’osteria di Pinuccio era gremita come non mai. C’era chi era venuto per assaggiare, chi per criticare, ma tutti, in fondo, erano lì per partecipare a qualcosa di nuovo.
Amadou, con un grembiule legato in vita, preparò il fufu con una tale destrezza che persino la signora Margherita, la più severa delle cuoche del paese, si fermò a guardare con ammirazione. Mei intanto serviva piccoli assaggi di un dolce di cocco e zenzero che fece leccare i baffi a più di uno.
Quando fu il turno di Pinuccio di servire la sua polenta, accompagnata da brasato, Amadou e Mei applaudirono per primi, seguiti dagli altri paesani. E poi, successe qualcosa di straordinario: Kofi e Amina, i due piccoli, iniziarono a giocare con i figli di Pinuccio e degli altri presenti. Risate, corse e giochi si mischiarono come in una grande festa.
Da quella sera, a Borgo Vecchio, il “fufu e polenta” divenne un appuntamento fisso, un simbolo di unione e amicizia. Il paese non cambiò improvvisamente, certo, ma piano piano, il colore della pelle, l’accento diverso, e le tradizioni lontane persero importanza di fronte alla bontà di una tavola condivisa.
Il ragionier Bertolini, il giorno dopo, passeggiando per il paese, notò che la vita continuava come sempre, ma con un leggero, quasi impercettibile cambiamento nell’aria. Una consapevolezza che, forse, accogliere il nuovo non era poi così spaventoso, e che, in fondo, eravamo tutti parte della stessa grande famiglia.
E mentre il sole tramontava sulle colline, si poteva sentire l’eco delle risate dei bambini che giocavano insieme, senza più barriere.
Davide Romano
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Cultura
Noto – Premio Honos 2025 – Etica, Memoria e Bellezza Civile: tra i premiati la nostra direttrice Marina Cozzo

Nella motivazione: “Il Suo percorso professionale – ispirato da un profondo senso di appartenenza e da una costante tensione verso la libertà di espressione e di visione – rappresenta in pieno lo spirito di questa sezione del Premio, dedicata a coloro che attraverso la cultura, la parola, il racconto e l’impegno civile danno dignità alle radici e voce ai territori spesso marginalizzati”
📍 Palazzo Nicolaci, Noto (SR)
🗓 Sabato 4 ottobre 2025 – ore 17:00
Nel segno dell’Etica e della Bellezza
Sabato 4 ottobre 2025, nella magnifica cornice barocca di Palazzo Nicolaci a Noto, si svolgerà la nuova edizione del Premio Honos, riconoscimento nazionale che, da anni, celebra memoria, legalità, cittadinanza attiva, cultura e impegno civile.
Promosso dalla Galleria EtnoAntropologica in collaborazione con i Comuni del Circuito Honos, l’evento porrà al centro del dibattito il tema guida del 2025: “Etica e Bellezza”. Due parole che, insieme, rappresentano un’alternativa concreta ai linguaggi dell’illegalità, alla decadenza culturale e alla bruttezza sociale generata dai poteri occulti.
Laura Liistro, Presidente della Galleria EtnoAntropologica dichiara: “Etica e Bellezza sono oggi gli atti più coraggiosi che una comunità possa praticare. Il Premio Honos premierà storie vere di resistenza morale e impegno silenzioso. Perché costruire bellezza, oggi, significa scegliere di stare dalla parte giusta.”
Programma e messaggi dell’edizione 2025
A dare il via alla serata sarà un video istituzionale che ripercorrerà il cammino delle comunità Honos. A seguire, alle ore 17:15, si terrà la conferenza “Poteri Occulti”, con il già magistrato e sindaco di Napoli Luigi De Magistris, in dialogo con la storica del crimine Laura Liistro, co-curatrice con il dott. Scarabelli di una recente riscoperta d’archivio sulla mafia siciliana e di diversi personaggi che hanno lottato contro il crimine conservati nell’oblio voluto dalla mafia.
Alle ore 18:00 prenderà il via la cerimonia di premiazione, presentata da Carmen Attardi, con introduzione dei premiati a cura di Maria Antonietta Liistro, coordinatrice premio Honos 2025.
I PREMIATI DEL 2025
CITTADINANZA ATTIVA
In memoria di Lorenzo Genovese , autore dell’opera in dialetto siciliano “ U latru ri ficupala”
Conferimento al Comune di Buscemi come Comunità Honos 2025
Premiati:
• Vincenzo Camilleri
• Halim Moses
-Comitato Venerdì Santo a Corleone
• Giuseppe Puccio
• Paolo e Alessandro Catinella
• Lorenzo Leone
-Paolo Puglisi
HUMANITAS
In memoria della dottoressa Cettina Gozzo
Premiati:
• Mariagrazia Morello
• Dott. Giuseppe Barbagallo
• Carmelo Gueli
LIBERTAS
In memoria del Gen. Ing. Dott. Pasquale Marcello – ritirerà lo studioso Francesco Carchedi
Premiati:
• Alessandra Cristina
• Marina Cozzo
• Lorenzo Tondo
• Carlo Faiello
• Lillo Defraia
• Giuseppe Puncello
CONSTANTIA
In memoria del dott. Salvatore Gozzo
• Giovanni D’Urso
• Luigi Santagati
• Salvatore La Monica
• Vittorio Ricci
• Vincenzo Papa
• Calogero Raviotta
• Mauro Ricci
• Paolo Italia
HONOR
In memoria di Salvatore Amenta, vittima di mafia
• Pippo Faraone
• Carmelo Orlando
PREMIO EXEMPLUM 2025
• Luigi De Magistris
Per il coraggioso impegno nella tutela della legalità e dei diritti democratici contro ogni forma di potere criminale.
RICONOSCIMENTI SPECIALI
Paolo Amenta – Sindaco di Canicattini Bagni e Presidente ANCI Sicilia
Per il sostegno alla Galleria EtnoAntropologica e l’impegno a favore delle comunità locali.
Capitano Mirko Guerriello – Arma dei Carabinieri
Menzione speciale per il progetto educativo “Risorse e Web” con Don Fortunato Di Noto.
La serata si concluderà con la proiezione del nuovo video istituzionale del progetto “Banca della nostra Memoria”, nata per valorizzare le storie e le testimonianze civili raccolte dai Comuni del circuito Honos.
Seguirà la firma simbolica dei Comuni aderenti e un brindisi conclusivo.
Un premio che guarda al futuro.
ll Premio Honos 2025 sarà molto più di una cerimonia: sarà un manifesto di valori, un racconto corale di bellezza etica e responsabilità collettiva. In un’epoca segnata dalla sfiducia, il Premio darà voce a chi ogni giorno sceglie di non voltarsi dall’altra parte.
Palazzo Nicolaci, Noto |
4 ottobre 2025 – ore 17:00
Cultura
Pantelleria – Chiusura Castello, ci scrive Cesar Requesens discendente del principe dell’isola: suggerimenti

Dalla ricostruzione storica, alle possibili soluzioni per riscattare l’antico e suggestivo maniero
La questione Castello di Pantelleria non va proprio giù a nessuno. La sua chiusura ha letteralmente scombussolato l’isola a partire dagli operatori culturali ai cittadini.
Ci ha scritto Cesar Requesens, pronipote del principe di Pantelleria
Gentile Marina, ho letto in merito al castello e ritengo che alcune informazioni siano degne di nota:
– La divisione tra amministrazioni ha una sua logica che risale all’epoca feudale. Fin dall’inizio (nel 1491, quando mio antenato Luis de Requesens y Cardona acquistò l’isola), il castello divenne proprietà del barone stesso, che doveva occuparsi della manutenzione dell’edificio e della guarnigione di soldati, e da lì esercitava il suo potere di impero misto.
Tuttavia, questa situazione non durò a lungo. A partire dal re successivo (da Ferdinando I d’Aragona si passò in Spagna all’imperatore Carlo V), gli attacchi dei pirati berberi resero necessario stabilire una guarnigione stabile di circa 100 uomini che dipendevano dal re. Questo fu il motivo per cui l’imperatore inviò una prima guarnigione che dipendeva sempre (come il castello) dallo “Stato” (la corona) e così rimase per sempre.
L’isola (il comune) apparteneva e dipendeva dal feudatario (i baroni Requesens poi principi), ma il castello e la sua guarnigione dipendevano dalla corona e poi dallo Stato che le succedette, che doveva occuparsi della manutenzione del castello e della sua guarnigione militare.
È molto importante sottolineare che da quelle prime guarnigioni di soldati nacquero nel tempo gran parte degli attuali lignaggi dell’isola (da qui tanti cognomi di origine spagnola come D’Aietti, Boccanera, Pineda, ecc…).
– Con il tempo, il castello stesso divenne una prigione, ma non smise di svolgere la sua funzione di “ripopolamento”, poiché molti dei detenuti finirono per mescolarsi con la popolazione locale e, una volta scontata la pena, si sposarono e rimasero sull’isola, creando nuove famiglie e casate.
– La disputa tra le amministrazioni ha un significato storico che deriva proprio da quell’epoca feudale (cosa molto siciliana, del resto, dove l’epoca feudale non è stata del tutto superata, con una separazione ancora esistente tra il locale e lo statale). In questo caso specifico sottolineo che queste dispute avvengono tra amministrazioni, che in fondo non sono altro che lo Stato che deve essere sempre al servizio degli amministrati, i cittadini panteschi.
È curioso quindi che con questo conflitto tra amministrazioni che si scaricano a vicenda la responsabilità della ristrutturazione dell’edificio, si evidenzia, ancora una volta, il problema storico dell’isola: l’incuria delle amministrazioni.
C’è qualcosa di importante in mezzo a questo conflitto. Il progetto milionario di ristrutturazione del porto (che è un’altra amministrazione, in questo caso il porto).
Ciò che è chiaro in questo caso è chi ci rimette: la vita culturale dell’isola e i suoi cittadini. Chi non rispetta gli accordi (le amministrazioni, incapaci di mettersi d’accordo) deve trovare la soluzione e restituire l’unico spazio culturale storico veramente importante e simbolico di tutta l’isola.
Un ultimo suggerimento, se può essere utile.
La fondazione Pantelleria è stata recuperata dal passato proprio per potenziare, con capitali privati convogliati attraverso il comune, il capitale necessario a valorizzare l’isola e attrarre un turismo di qualità (che necessita soprattutto di cultura).
Io stesso sto lavorando alla creazione della fondazione Requesens principe di Pantelleria proprio per valorizzare i valori storico-culturali di quelli che erano feudi del ramo siciliano della mia famiglia.
Questa via intermedia, con il sostegno delle istituzioni attraverso sovvenzioni, compresa ovviamente la fondazione Armani, potrebbe essere la via intermedia che sblocca la questione.
Cultura
Pantelleria, 7 ottobre Festa della Madonna del Rosario a Sibà: Santa Messa e divertimento tra musica e degustazioni

L’evento è organizzato dalla Chiesa Forania di Pantelleria e dell’infaticabile associazione Barbacane
Martedì 7 ottobre, in occasione della Festa della Madonna del Rosario, in Sibà, si sta organizzando, come di consueto, il doppio evento che vede una prima parte totalmente religiosa, con processione, messa e rosario.
Poi si inserisce il secondo step dei festeggiamenti, organizzato della patrona sibaiota dall’Associazione Barbacane , con musica a cura del M° Giuseppe Spata e degustazioni di vari piatti, nella tipicità pantesca.
Un altro evento da non perdere.
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