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Cultura

Covid-19: tre vaccini a confronto

Giuliana Raffaelli

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Siamo al rush finale della corsa al vaccino per combattere il Covid-19 (la malattia provocata dal nuovo coronavirus SARS-CoV-2). Fino ad ora nessun farmaco aveva suscitato tanto interesse nel mondo della scienza e della comunicazione. E mai erano stati investiti così tanti soldi in così poco tempo in un solo vaccino. Nel mondo se ne stanno attualmente sperimentando 48, ma solo 3 suscitano un interesse tale da rendere euforici i mercati azionari. È stato sufficiente un comunicato stampa di una azienda farmaceutica che riportava le parole magiche (e tanto agognate) “efficacia” e “90%” a mettere in fibrillazione, in poche ore, i principale indici delle Borse italiane ed europee, cresciuti fino al 7% tornando ai livelli del pre-lockdown

Ma quali sono questi tre vaccini? Ripercorriamo la loro epifania tra un annuncio e l’altro.

Lunedì 9 novembre, ore 6.45 (ora standard orientale Usa): la casa farmaceutica americana Pfizer (in collaborazione con la tedesca BioNTech, Biopharmaceutical New Technologies) annuncia, con un comunicato stampa (https://www.pfizer.com/news/press-release/press-release-detail/pfizer-and-biontech-announce-vaccine-candidate-against), il successo raggiunto. È alla fase 3 di sperimentazione il primo vaccino contro il Covid-19: i risultati provvisori mostrano un tasso di efficacia superiore al 90% a 7 giorni dalla seconda dose. Sì perché questo tipo di vaccino prevede la somministrazione di due dosi e la protezione avviene dopo 28 giorni dalla prima inoculazione. Ma diamo altri numeri: 43.538 partecipanti ai trial, 94 casi confermati di Covid-19, 164 i casi che la Pfizer intende sottoporre a vaccino per raccogliere ulteriori dati.

Lunedì 16 novembre, ore 6.56 (ora standard orientale Usa): la casa farmaceutica americana Moderna annuncia, sempre con un comunicato stampa (https://investors.modernatx.com/news-releases/news-release-details/modernas-covid-19-vaccine-candidate-meets-its-primary-efficacy), che il suo candidato vaccino contro il Covid-19 ha soddisfatto i criteri statistici pre-specificati nel protocollo di studio per l’efficacia, ottenendo un valore del 94,5%. Diamo anche in questo caso dei numeri: oltre 30.000 partecipanti ai trial, 95 casi confermati di Covid-19, 150 i casi totali che Moderna ha dichiarato di voler sottoporre a studio.

Dopo questo comunicato ci si aspettava un po’ di tempo prima di avere altre notizie. Invece, il 18 novembre, Pfizer annuncia di aver concluso lo studio e lo fa con un altro comunicato stampa (https://www.pfizer.com/news/press-release/press-release-detail/pfizer-and-biontech-conclude-phase-3-study-covid-19-vaccine): 170 i casi totali sottoposti a indagine (20 in più rispetto a Moderna) e 95% l’efficacia dimostrata dal vaccino.

Lunedì 23 novembre, stavolta in una conferenza stampa, l’Amministratore Delegato della britannica AstraZeneca, Pascal Claude Roland Soriot, annuncia l’arrivo di un terzo vaccino anti-Covid sviluppato in collaborazione con il Jenner Institute dell’Università di Oxford e l’azienda Irbm di Pomezia. Ecco i dati: 11.363 partecipanti ai trial, 30 casi confermati di Covid-19. Anche in questo caso si parla di risultati provvisori provenienti dalla fase 3 di sperimentazione. Ma qui i risultati lasciano un po’ perplessi: l’efficacia è del 62% tra i partecipanti che hanno ricevuto due dosi intere di vaccino, mentre sale al 90% nei casi che hanno ricevuto inizialmente mezza dose e poi una dose intera. Perplessità che hanno fatto pensare a un errore nella sperimentazione, errore fortemente respinto dal Presidente e Amministratore Delegato di Irbm Piero di Lorenzo che, in una intervista a RaiNews, afferma “Ho letto tante notizie sull’errore nella sperimentazione, mi permetto di dire che non si tratta di errore, ma è stato un caso fortuito, cosa che nella ricerca scientifica è quasi la norma. … Quando si cerca un ago in un pagliaio c’è bisogno anche di una certa fortuna che magari fa fare un ritrovamento molto più velocemente. Questo è successo tante altre volte, la penicillina e gli antibiotici sono venuti fuori per un caso fortuito. La spiegazione è che mezza dose va a stimolare la reazione immunitaria più lentamente e poi con la dose di richiamo si ottiene l’effetto sperato in misura maggiore.” (L’intervista completa si trova al link https://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/In-7-giorni-dati-vaccino-AstraZeneca-per-approvazione-a226a3b4-ecef-492a-ba81-4c38de022ec4.html?refresh_ce).

La notizia (del primo dicembre 2020) è che entro una settimana AstraZeneca consegnerà la documentazione alle Agenzie Regolatorie per l’approvazione del vaccino.

Ma che differenza c’è tra questi 3 vaccini?

I vaccini Pfizer-BioNTech e Moderna sono i primi vaccini a mRNA, mentre il vaccino dell’AstraZeneca è un vaccino a vettore virale. E questo cosa vuol dire? Semplificando moltissimo, il vaccino a RNA agisce inoculando nel muscolo deltoide del braccio piccolissime particelle (nano-particelle) lipidiche che contengono un pezzo di codice genetico di RNA messaggero (mRNA) del virus. Il genoma del virus SARS-CoV-2 infetta le cellule ospite e le induce a produrre proteine virali (la proteina spike): così facendo viene stimolato il sistema immunitario e si innesca la produzione di anticorpi neutralizzati che impediscono l’infezione. Si produce quindi l’immunità.

Il vaccino AstraZeneca è diverso dagli altri due. Si tratta di un vaccino tradizionale, ossia un vaccino a vettore virale: esso si basa su un adenovirus, in dettaglio il virus del raffreddore degli scimpanzé, indebolito per non provocare la malattia. Tale virus viene sfruttato (come nel caso dell’mRNA) come vettore per trasportare l’informazione genetica del coronavirus alle cellule umane e indurre la produzione della proteina spike. Questa proteina viene individuata dal sistema immunitario stimolandolo a sviluppare gli anticorpi che andranno ad attaccare e distruggere il coronavirus.

Fin qui tutto appare chiaro. Ma ciò che risulta meno chiaro è quanto durerà l’immunità, cioè quanto tempo il vaccino garantirà all’organismo di poter affrontare e sconfiggere il virus nel caso in cui ci venga di nuovo in contatto.

Ma veniamo a vantaggi e svantaggi di queste due tipologie di vaccino.

Il vaccino a RNA messaggero ha grossi vantaggi rispetto a quello a vettore virale. Innanzitutto non contiene agenti patogeni attenuati e quindi non è infettivo. L’mRNA non entra nel nucleo della cellula ma agisce nel citoplasma (che è la porzione della cellula tra la membrana esterna e il nucleo) e questo rende più semplice la sua azione. Infine può essere prodotto in modo molto rapido, fattore da non sottovalutare in periodo di piena pandemia. Gli svantaggi sono essenzialmente logistici (relativi quindi a trasporto e distribuzione) perché i vaccini a mRNA hanno bisogno di essere mantenuti sempre alla temperatura di -70° centigradi.

Il vaccino a vettore virale (le cui fiale europee saranno prodotte in Italia) hanno due grossi vantaggi. Innanzitutto quello di immunizzare già con la prima somministrazione di mezza dose: questo vuol dire più persone immunizzate sin dall’inizio. Inoltre può essere trasportato e conservato a una temperatura “da frigorifero” tra i 2 e gli 8° centigradi, cioè con la tradizionale logistica farmaceutica.

Anche il prezzo della singola dose di vaccino cambia molto: Pfizer 19,5 dollari, Moderna 25 dollari, AstraZeneca 2,80 euro.

E in Italia quale vaccino arriverà e quando?

Per ora sembra che l’Italia stia acquistando tutti i principali tipi di vaccino, che arriveranno a gennaio e saranno gratuiti per tutti. Il 2 dicembre il Ministro della Salute Roberto Speranza ha dichiarato che “l’Italia potrebbe contare sulla disponibilità delle seguenti dosi: per il contratto con AstraZeneca 40,38 milioni di dosi, per il contratto con Johnson & Johnson 26,92 milioni di dosi, per il contratto con Sanofi 40,38 milioni di dosi, per il contratto con Pfeizer-BioNTech 26,92 milioni di dosi, per il contratto con CureVac 30,285 milioni di dosi, per il contratto con Moderna 10,768 milioni di dosi. Sono chiaramente numeri ancora subordinati a processi autorizzativi che non sono ancora completati”.

Laureata in Scienze Geologiche, ha acquisito il dottorato in Scienze della Terra all’Università di Urbino “Carlo Bo” con una tesi sui materiali lapidei utilizzati in architettura e sui loro problemi di conservazione. Si è poi specializzata nell’analisi dei materiali policristallini mediante tecniche di diffrazione di raggi X. Nel febbraio 2021 ha conseguito il Master in Giornalismo Scientifico all'Università Sapienza di Roma con lode e premio per la migliore tesi. La vocazione per la comunicazione della Scienza l’ha portata a partecipare a moltissime attività di divulgazione. Fino a quando è approdata sull’isola di Pantelleria. Per amore. Ed è stata una passione travolgente… per il blu del suo mare, per l’energia delle sue rocce, per l’ardore delle sue genti.

Cultura

Pantelleria – Agricoltura, prospettive e progetti per il rilancio di un settore in via di abbandono

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Intervista all’Assessore Massimo Bonì, investimenti su produzione di olio, origano e uva

Sono anni e anni che il settore dell’agricoltura è in lenta ma costante discesa: abbandono delle terre troppo difficili da coltivare, per preferire altri tipi di lavoro, senza considerare la specialità che si va perdendo.
A Pantelleria, diversi enti si stanno muovendo per un ritorno all’apprezzamento della terra, della preziosità di quella pantesca. Anche il Parco di Pantelleria sta organizzando eventi a tal proposito.

Ed ecco che, per fare il punto sull’argomento, abbiamo intervistato l’assessore Massimo Bonì. 

Assessore, che prospettive ci sono attualmente per l’agricoltura di Pantelleria? “Pantelleria rientra tra i Comuni che fanno parte del Gal-Elimos (la società per lo sviluppo rurale della Provincia di Trapani), con cui si posso realizzare molte cose importanti. Per uscire da questo loop della saga della salsiccia, ci siamo detti, perché noi non  utilizziamo i fondi che il GAL riceve dall’Unione Europea per rivitalizzare l’economia delle aree rurali? 
“Si pensi che se a Pantelleria è vero che l’ufficio tecnico è abbastanza attrezzato, l’ufficio agricoltura non ha nemmeno un dipendente a sua disposizione  e quindi non ci sono raccolte dati, non si quello che è stato fatto prima di “te”, non si ha idea di cosa c’è in ballo eccetera eccetera.

Quando invece l’agricoltura dovrebbe essere uno dei motori dell’economia? Infatti non lo è più ma il ragionamento è quello di farlo diventare un aspetto importante dell’economia pantesca, non tanto perché si possa tornare ai fasti del passato… Una volta cento anni fa in agricoltura era impiegato più del 90% della popolazione, adesso il 3-4%, quindi questo è un aspetto del quale bisogna tener conto. Per cui noi non potremo mai tornare all’agricoltura dei 300.000-450.000 quintali di uva e di cui ci raccontano gli anziani, ma questo non vuol dire che l’agricoltura non possa tornare ad essere fonte di reddito  e quindi darle dignità, cioè fondi. Se dall’agricoltura deriva un guadagno c’è dignità, se dall’agricoltura tu guadagni torni all’agricoltura, se  dall’agricoltura non ci fai niente come non ci hai fatto niente per gli ultimi 50-60 anni la gente normalmente la abbandona e immagina di fare soldi in altri settori. 


I progetti

Assessore, ma intanto ci sono dei progetti avviati o prossimi per il rilancio? “Si decisamente! Come dicevo non saranno progetti che potranno mirare ai fasti del passato però se noi leggiamo l’economia di Pantelleria come un mix fra turismo, agricoltura, ambiente e, perchè no, gastronomia, ci rendiamo conto che l’agricoltura ha un’importanza fondamentale.
Noi attraverso questo campo siamo in grado di attrarre più turismo, perché ci sono persone   che vanno cercando delle specialità enogastronomiche e noi ne possiamo vantare di parecchie perché  abbiamo dei dolci particolari che non ci sono da nessuna parte, il mustazzolo e il bacio pantesco, per fare un esempio; oppure ci sono dei piatti come il couscous e nostro è diverso da quello del Nordafrica, siciliano; abbiamo una cultura con il passito che ce l’abbiamo così,  altri cercano di imitarlo ma viene, fammi dire erano acquarella.
“Quindi noi possiamo vantare dei primati che altri non hanno!

Origano prodotto dall’Azienda Kazzen


Le racconto questa esperienza: proprio quando dovevo pensare a delle attività economiche di rilancio dell’agricoltura, grazie all’amicizia con Gianfranco Rossetto, sono andato in Francia  nell’Occitania, dove producevano erbe condimentali, buone anche per la sanità diciamo, per la cosmesi e anche  per la farmaceutica. Per cui mi trovavo in questo impianto con metodi di essiccazione naturali, quindi lenti, a freddo eccetera eccetera e poi sono andato ad odorare le erbe . Tra esse  c’era l’origano, tu per sentirne l’odore, dovevi prendere un pugno, mettere sotto il naso, dici: si è origano. Il nostro confezionato sottovuoto, senti l’odore anche a distanza.

Cosa voglio dire? Noi abbiamo una base di partenza talmente importante su cui possiamo costruire un sacco di cose.

I progetti

“Il primo intervento: proprio uno stabilimento delle erbe, perché le erbe condimentali. Se  l’origano  va Eataly, o negozi di lusso simili  20 grammi costano 6 euro, quindi quanto costa l’origano a chilo, quanto ci costa produrlo e la percentuale di guadagno è elevatissima. Ecco perchè è una coltivazione sulla quale bisogna intervenire.
“Si pensa  poi l’estrazione degli oli essenziali dalle foglie di olivo che vengono dalle potature. 
“Le aziende avrebbero fondi: abbiamo fatto un bando di co-programmazione su questi lavori, a cui abbiamo invitato tutti a partecipare. Ha aderito  solo l’associazione Resilea, con cui abbiamo cominciato a ragionare di questi argomenti già dal primo giorno.  Speravamo in qualche altra iscrizione per esempio dalla cooperativa dei capperi ma, purtroppo questa cosa è stata sottovalutata.
“Invece Resilea ci ha dato la soddisfazione di cominciare a lavorare con noi e stiamo lavorando sulla messa a punto dei progetti per questo stabilimento dell’erbe di comunità. Tra l’altro Resilea, per un progetto di economia circolare,  ha avuto già un finanziamento di 500 mila euro, quindi noi abbiamo la quasi certezza assoluta che questo impianto dell’erba una volta realizzato funzionerà perché ci sono i soldi per farlo funzionare ai primi anni. Poi ovviamente questo stabilimento sarà in grado anche di guadagnare.”

Ma sull’uva cosa ci dice? “Adesso passiamo all’uva.

Secondo intervento
: Noi vogliamo fare anche una cantina di comunità, per cui il contadino, invece di portare l’uva ai grossi acquirenti, ai grossi conferitori, la porta alla cantina di comunità. Ivi, ci saranno gli enologi che ti affineranno il tuo vino e te lo mettono in un silos tuo  e poi viene imbottigliato, etichettato, venduto e ti vengono dati i soldi indietro.
“Praticamente un contadino che oggi fa 100 quintali di uva e rivende alle cantine maggiori, Pellegrino e Donnafugata, ricava un reddito che è la decima parte di quello che potrà ricavare un domani attraverso l’apertura di una cantina di comunità, che lo seguirà con  l’enologo, poi ci le fasi dette e si prende pure soldi, senza che hai fatto granché di lavoro.”

Ma Donnafugata e Pellegrino non  sono contrari a questa cosa? “No, non sono contrari, perché loro sono dei tecnici molto  preparati e lungimiranti, che sanno come funziona l’economia agricola: gli sta molto bene questa cosa, perché loro sanno che se continueremo così fra dieci anni non ci sarà neanche niente da coltivare. Invece, con la cantina di comunità l’agricoltore  continuerà a portare a lui i 100 quintali, ma andrà a recuperare le terre che ha abbandonato. 
“Ma questo cosa produrrà? Produrrà pure la possibilità che l’uva sarà pagata a un prezzo molto più equo, come avviene già in altre realtà,  come il nord-est, il Veneto per esempio, dove ci sono grandi vini importanti. Sa quante bottiglie di prosecco vengono fatte in Veneto? Quasi 700  milioni di bottiglie!
“E quindi noi ci avvarremo di queste aziende per commercializzare i nostri prodotti in Cina e negli Stati Uniti.” Poi fra l’altro per esportare negli Stati Uniti ci sono delle certificazioni che devi fare, che non costano tanto, però ogni singolo prodotto deve essere certificato, cioè se tu hai una bottiglia, non puoi certificare con un colpo solo il vino: c’è il passito di Donna Fugata lo devi certificare, c’è il passito Pellegrino lo devi certificare, c’è il vino bianco, ogni cosa ha la sua certificazione, però penso avremo nel tempo la possibilità di aiutare tutti  a fare queste certificazioni.

E per l’olivocultura, cosa mi dice? E veniamo al terzo intervento: abbiamo il  progetto la realizzazione di un frantoio di comunità e stiamo anche spingendo per la costituzione di una cooperativa. Quando io parlo di un frantoio di comunità, penso ai contadini che fanno 10-20 quintali di olive, chi fa 50-60-100  quintali ovviamente si deve associare in una cooperativa, perché la cooperativa ti dà una  serie di vantaggi non soltanto fiscali, ma anche di riferimento dai finanziamenti dai bandi regionali.

“Per esempio adesso dovrebbe uscire un bando regionale che dovrebbe finanziare la realizzazione di frantoi e catene di imbottigliamento. Lo stiamo aspettando! Ci sono alcuni  panteschi insieme ad altre persone che vengono da fuori, che vogliono costituire questa cooperativa, noi cercheremo di dare una mano per ottenere finanziamenti.  Infatti noi abbiamo, per dare una mano ai contadini, per non perdere i bandi di finanziamento, abbiamo preso a contratto un agronomo che lavora già in regione che  segue tutti i bandi e ci aiuta a fare le domande. 

La cooperativa poi può ambire a questi bandi per avere un finanziamento per fare un frantoio con catena di imbottigliamento e quindi raccogliere tutti  i produttori grossi di Pantelleria, che fanno 500.000 litri di olio, per poterlo vendere. In  più abbiamo avuto, grazie a quel convegno sull’olio che abbiamo fatto a a Punta Spadillo a fine agosto, il  il presidente dell‘IGP Sicilia, Mario Terrasi, che ha dato la disponibilità a fare il riconoscimento subito dell’olio.
Alla fine soltanto i non-panteschi hanno fatto la richiesta di fare l’IGP, i non-panteschi usciranno con l’IGP Sicilia sotto zona Pantelleria e i panteschi  continueranno a scrivere l’olio italiano, perché hanno paura. 
“E per cui noi stiamo cercando anche attraverso questo convegno sull’olio che  si rifarà il prossimo anno sicuramente di creare una coscienza, una consapevolezza nelle persone. 
“Il frantoio di comunità  ha lo stesso principio: mettere in condizione i piccoli produttori di portare le olive, farle selezionare per uscire con un unico olio selezionato, magari una prima scelta piuttosto che una seconda scelta, ma questo poi lo decideranno i tecnici.  L’olio sarà venduto nel mercato internazionale, perché vendere in Cina piuttosto che negli Stati Uniti è un attimo,  perché in Cina ci sono 100 milioni  ricchi che vogliono mangiare italiano, vogliono vestire italiano, gli piace l’Italia, la cultura italiana e quindi lì facciamo il gioco, cioè quando arriva un prodotto di qualità, specie se certificato  IGP.

La cultura della molitura

Quarto intervento. Un’altra cosa sulla quale si lavorerà grazie a questo convegno sull’olio il prossimo anno sarà la cultura della molitura. Noi ieri ad un incontro che abbiamo fatto al Kouteck con alcuni contadini di Pantelleria per spiegare come funzioneranno le centraline che stiamo montando: esse ti indicano in anticipo, se c’è previsione di pioggia nelle prossime settimane, di fare questo tipo di trattamento  per evitare la cocciniglia piuttosto che la mosca.
“Non solo tu fai il trattamento giusto al momento giusto, ma fai solo i trattamenti che servono ai risparmi tempo e denaro.

Come possiamo sintetizzare in una frase sola questa intervista sui progetti sull’agricoltura? Non si parla solo di progetti ma sono tante cose che  insieme operano a ventaglio per spingere l’agricoltura verso il rilancio.”

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Cultura

Pantelleria – San Martino, tradizione intatta anche nelle dinamiche sociali

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A Circolo Trieste, scorpacciata di sfinci e degustazione di vino novello

Pantelleria è una “terra” fortunata per i privilegi che la natura le ha donato e per la cultura millenaria che cerca di resistere all'”evoluzione” dell’uomo e alle dinamiche sociali.


Ieri, 11 novembre, come ogni anni, si è commemorato San Martino, il santo noto per le giornate novembrine miti e la capacità solidale e di condivisione.

Ristoranti, case private e  circoli  hanno accolto panteschi e turisti che si sono fatti catturare dalle gustose carni del gaddru chinu, il piatto tradizionale per il santo.
Ma anche altri sapori fanno parte di questa tradizione: le sfince e, non di meno, il vino novello.


A Khamma, proprio per la grande abbuffata di sfinci del Panificio Terremoto e di degustazione di vino, presso il Circolo Trieste, si è ricreato un quadro tanto consuetudinario, quanto sempre curioso, visto dall’esterno con una mentalità più distaccata: osservando le foto, cosa coglie subito la nostra attenzione?
Diversi tavoli, rigorosamente distinti: maschi e femmine.

Un tempo così si usava, si usava separarsi anche intorno alla pista in attesa di lanciarsi a ballare: maschi da una parte, femmine da un’altra. 

Ed è una scena bellissima, perchè rievoca il passato dei nostri nonni, mantenendolo intatto, custodito abilmente e difeso dalle contaminazioni di una modernità sociale che tende a disperdere  consuetudini tanto ataviche, quanto preziose.

Pantelleria è una terra fortunata, e finchè dureranno queste usanze  rimarrà quel pezzetto di Italia dove la gente non si disperde e difende le proprie radici e il proprio patrimonio con tenacia e nobiltà.

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Spettacolo

Voci dal Mediterraneo, al via iscrizioni. Le novità del 2026 annunciate del Patron Massimo Galfano

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Sono aperte le iscrizioni alla 3ª edizione del festival internazionale “Voci dal Mediterraneo”. Location: si farà a Pantelleria?
Iscrizioni aperte per la terza edizione del festival internazionale Voci dal Mediterraneo.

La produzione e il direttore artistico Massimo Galfano del festival internazionale della canzone italiana “Voci dal Mediterraneo” dopo il grande successo della seconda edizione tenutasi sull’isola di Pantelleria dal 24 al 27 luglio e dopo la messa in onda su Sky e Canale Italia, andata in onda il 30 agosto in prima serata, con oltre 1.000.000 di telespettatori e con il 3,5% share di gradimento, oltre i dati ufficiali resici dai social e dalle pagine ufficiali del festival e della produzione, è già a lavoro per la terza edizione.

Intervista a Massimo Galfano

M° Galfano, avete già una imbastitura del festival del 2026? “Si stiamo lavorando all’organizzazione della terza edizione del festival. La manifestazione la faremo sicuro, però ancora non è deciso dove.”

Ah, quindi Pantelleria non è detto che sia anche quest’anno la location?Esattamente, ma noi  abbiamo iniziato già i lavori, questo sicuramente sì, anche per il successo che abbiamo avuto nella scorsa edizione, sia a livello di ospiti, sia di artisti e di nazioni coinvolte. 
“Si pensi, inoltre, che dopo la messa in onda su Sky e Canale Italia, come penso avrete letto,  abbiamo avuto oltre un milione certificati da Auditel, oltre un milione di telespettatori con un 3.5% di share di gradimento: questo penso che sia per forza un successo per tutti, per l’Isola di Pantelleria, per l’organizzazione, per il direttore artistico, per gli artisti in gara, per tutto quello che ha fatto l’Ufficio Stampa, i giornalisti,  gli ospiti, insomma tutto quello che ha significato la seconda edizione del Festival Internazionale  Voci dal Mediterraneo.”

Ci sono novità nel regolamento del prossimo anno?La manifestazione si chiamerà Festival  Internazionale della Canzone Italiana Voci dal Mediterraneo, visto che parliamo solo di canzone in lingua italiana, per valorizzare la nostra musica.
“Il Regolamento e la scheda di iscrizione sono già online presso il sito www.vocidalmediterraneofestival.com.
“Le novità saranno relative alle iscrizioni dall’1.11.2025  quindi già siamo partiti e  si chiuderanno il 30.06.2026 alle ore 23.00.

“Poi abbiamo pensato di aumentare le categorie nel senso che abbiamo avuto tantissime richieste veramente di brani bellissimi e di artisti anche con fama internazionale però c’era il limite  dell’età perché avevamo fatto 14-39 anni e alcuni sforavano di un anno o due anni. Allora a questo punto, poichè per me la musica non deve assolutamente avere limiti di età né di colore né di religione né di etica e di nessun’altra cosa, ho aggiunto la categoria Junior che parte dai 13 ai 18 anni e categoria Senior dai 18 anni in poi. Quindi non metteremo più limite di età ovviamente 13 perché non voglio che ci siano bambini in gara  e i bambini saranno solamente ospiti,
“Invece la categoria del brano è unica ed è quella inedita per cui anche da lì lanceremo i brani inediti per il primo ascolto sia della stampa sia della discografia e quant’altro. Queste già sono praticamente le prime news ufficiali apportate sul regolamento.”
Tutte le news e info li trovi sul sito ufficiale del “festival internazionale della canzone italiana “voci dal mediterraneo”.

Il “festival voce dal mediterraneo” e’ una produzione dell’associazione Musicultura in co produzione con Eventi e Management Italia e Mediterranean Label.
Sul sito e online il nuovo regolamento e la scheda d’iscrizione per la terza edizione targata 2026.

Tante le novità previste per l’edizione 2026

il festival Voci dal Mediterraneo ti porta in televisione
vai sul link per info – news e contatti:
https://www.vocidalmediterraneofestival.com/

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