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Salute

Covid-19. L’appello dei medici a Big Pharma: “Aggiornate i vaccini. Questi non ce la fanno”

Giuliana Raffaelli

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Che i vaccini contro il Covid-19 non proteggano totalmente dall’infezione è ormai un fatto certo.

La stessa Pfizer, il cui vaccino BNT162b2 o Comirnaty è il più utilizzato anche per la terza dose, ha affermato i giorni scorsi che il suo siero protegge al 70-75% dall’infezione. In altre parole, più di un quarto dei vaccinati con la dose booster (cioè il richiamo) potrebbe comunque contagiarsi con Omicron. Sarebbe il 25-30% della popolazione vaccinata a non risultare protetta con questa nuova dose.

E intanto la nuova variante, ormai presente in tutta Europa, Italia compresa, infetta a macchia d’olio, causando una impennata dei contagi. In Italia, con l’80% di popolazione vaccinata, ieri (28 dicembre) si sono contati più di 78mila nuovi contagi. 202 i morti. Un aumento vertiginoso rispetto alla settimana precedente. Quelli dovuti a Omicron sono balzati dallo 0,2% al 28% in due settimane. Dato, probabilmente, sottostimato. Questo il parere di Paolo Sileri. Il sottosegretario di Stato alla Salute ipotizza un contagio da Omicron su due infettati. Un contagio del 50-60%.

Mentre il Governo continua a imporre i vaccini come unica soluzione per uscire dalla pandemia, gli ospedali sono in difficoltà. Tanto che dalla comunità scientifica, in particolare dai medici degli ospedali Spallanzani (Roma) e Sacco (Milano), si leva all’unisono un appello verso Big Pharama : “Aggiornate i vaccini: questi non ce la fanno”.

Secondo Francesco Vaia, direttore del nosocomio romano, non aggiornare i vaccini alla nuova variante è tragico e da sciagurati. In dettaglio, in un post su Facebook, il medico ha scritto: “Non consentire a tutto il mondo di vaccinarsi, superando la logica del brevetto e del profitto fuori controllo, e non aggiornare ancora i vaccini alle varianti si sono dimostrate scelte tragiche e sciagurate. Molti Governi ne portano le responsabilità”.

Anche Rita Gismondo, microbiologa dell’ospedale Sacco, ha sottolineato come i vaccini attualmente in uso siano stati pensati per il “nonno” del virus che attualmente circola, cioè per il virus originario di Wuan. Nel frattempo si sono succedute numerose varianti. “Si devono pretendere nuovi vaccini, perché le nuove varianti non sono coperte come dovrebbero” ha sottolineato la Gismondo.

Cosa dicono gli ultimi studi. Sconcertanti e allarmanti i risultati di un recente studio su durata e qualità della protezione della copertura vaccinale. L’articolo, pubblicato dal New England Journal of Medicine, sottolinea che la protezione da contagio scende al 20% dopo 5 mesi dall’inoculazione della seconda dose. Resta comunque alta la protezione contro la malattia grave e contro la morte. Queste scenderebbero intorno al 55% dopo 7 mesi.

Sulla rivista Nature sono stati appena pubblicati cinque studi condotti da un team di ricercatori della Columbia University (New York). Gli studi hanno preso in esame tutti i vaccini attualmente in uso (Pfizer-BioNTech, Moderna, Johnson & Johnson, AstraZeneca). Anche questi risultati sono stati sconcertanti. L’effetto neutralizzante degli anticorpi indotti dai vaccini in 54 soggetti (15 con terza dose) è risultato significativamente molto basso contro la variante Omicron.

Questo risultato, per quanto possa sorprendere e far arrabbiare i cittadini che hanno creduto all’univoca narrazione dell’efficacia dei vaccini e che si apprestano a fare (o hanno già fatto) la terza dose, non sorprende invece, più di tanto, gli scienziati. Infatti, spiegano, i vaccini in uso contro il coronavirus funzionano tutti inducendo il sistema immunitario dei vaccinati a riconoscere e attaccare la proteina Spike. È normale quindi che ci sia una riduzione di efficacia dei vaccini contro Omicron in quanto questa variante ha una proteina Spike molto diversa da quella originaria sulla quale tutti i vaccini sono stati costruiti. Oggi si conoscono più di 30 variazioni sulla sua sequenza.

Giuliana Raffaelli

Laureata in Scienze Geologiche, ha acquisito il dottorato in Scienze della Terra all’Università di Urbino “Carlo Bo” con una tesi sui materiali lapidei utilizzati in architettura e sui loro problemi di conservazione. Si è poi specializzata nell’analisi dei materiali policristallini mediante tecniche di diffrazione di raggi X. Nel febbraio 2021 ha conseguito il Master in Giornalismo Scientifico all'Università Sapienza di Roma con lode e premio per la migliore tesi. La vocazione per la comunicazione della Scienza l’ha portata a partecipare a moltissime attività di divulgazione. Fino a quando è approdata sull’isola di Pantelleria. Per amore. Ed è stata una passione travolgente… per il blu del suo mare, per l’energia delle sue rocce, per l’ardore delle sue genti.

Salute

Sanità, Giuliano (UGL): “OSS, figura confinata in un angolo. Non esistono lavoratori di serie B, la politica deve intervenire”

Giovanni Di Micco

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“E’ passato del tempo da quando, era il 2021, la senatrice Paola Boldrini cercò attraverso un DDL di far ottenere agli OSS quei diritti e quella dignità ancora oggi negati. Non essendo schiavi di alcun pregiudizio politico salutammo con soddisfazione quello che immaginavamo potesse essere l’inizio di un cammino che portasse alla luce, garantendo definizione e valorizzazione del ruolo che prevedesse anche una formazione continua e di alta qualità, una figura essenziale ed insostituibile della piramide della sanità italiana.  Tante buone intenzioni, si parlava anche della possibilità di dichiarare usurante la professione, a cui però non è stato dato alcun riscontro. Così che ad oggi la figura dell’operatore sociosanitario rimane confinata in un angolo, quasi dimenticata, senza ottenere i riconoscimenti, giuridici e materiali, che sarebbero dovuti.  Anzi con la creazione della figura dell’assistente infermiere, su cui confermiamo la nostra assoluta contrarietà, si è data una violenta spallata a quella crescita professionale che da tempo viene giustamente reclamata dalla categoria. Così, oggi, gli emolumenti degli OSS continuano a non garantire loro una vita dignitosa a fronte di carichi di lavoro spesso insostenibili cui si sommano da tempo aggressioni fisiche e verbali che sono tra le cause scatenanti dei sempre maggiori casi di burn-out. Discutere di un futuro migliore della sanità italiana rimane una missione impossibile se si continueranno ad avere lavoratori di serie B, messi al margine del sistema. Per questo chiediamo alla politica di intervenire per riprendere il filo di quanto la senatrice Boldrini aveva pensato. Per garantire agli oss di uscire dal limbo reclamando quella dignità che meritano” dichiara in una nota Gianluca Giuliano, segretario nazionale della UGL Salute.

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Salute

Pantelleria e Egadi nella telemedicina dell’ASP di Trapani con Tunisia, progetto da 900mila euro

Redazione

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L’UE finanzia un progetto di telemedicina dell’Asp Trapani con la #Tunisia. E’ stato infatti approvato dal Dipartimento regionale della Programmazione il progetto di cooperazione, con capofila l’ASP Trapani, nell’ambito del Programma “Interreg VI-A Next Italia Tunisia 2021-2027” per iniziative di Telemedicina, denominato “TÉLÉ-MÉD-ISOLÉS – Services innovants de télémédecine a impact euroméditerranéen pour les sujets en conditions d’isolement”.

Il progetto, in partenariato con enti e istituzioni italiane e tunisine, prevede azioni di cooperazione transfrontaliera per promuovere la parità di accesso all’assistenza sanitaria e la resilienza dei sistemi sanitari. Mira a fornire servizi innovativi di telemedicina “di prossimità”, a impatto #euromediterraneo, a favore di un target di beneficiari, comprensivo di soggetti in condizione di “isolamento” sia per lontananza, sia per status sociale, migliorando significativamente la gestione delle malattie croniche e promuovendo la prevenzione in Sicilia e Tunisia, sfruttando le tecnologie di telemedicina per superare le barriere geografiche e socioeconomiche all’accesso alle cure, e riducendo gli spostamenti per raggiungere i luoghi di cura.

Il contributo comunitario per la realizzazione del progetto è pari a 907 mila euro, per un biennio di attività.

Sei i partner: tre italiani, ASP Trapani (capofila), Università degli Studi di Messina – Dipartimento di Giurisprudenza e Consorzio Sisifo, e tre tunisini, DACIMA Consulting, Association pour l’Education sanitarie en Médicine d’urgence e ABSHORE Tunisie. La convenzione tra gli enti partner sarà siglata il prossimo 5 maggio.

I partner tunisini individueranno di contro le località del territorio caratterizzate da difficoltà di accesso in cui implementare il progetto, aventi come target di riferimento i pazienti affetti da malattie croniche, con particolare riferimento al #diabete mellito. Il diabete comporta anche costi molto elevati: il 6,7% dell’intera spesa sanitaria nazionale, pubblica e privata è assorbita dalla popolazione diabetica

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Salute

Prevenzione neonatale, presentato in ARS disegno di legge per diagnosi su immunodeficienze primitive

Direttore

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E’ stato presentato disegno di legge a firma di Giuseppe Pace, capogruppo di Democrazia Cristiana presso l’ARS, su  “Disposizioni in materia di accertamenti diagnostici neonatali obbligatori per la prevenzione e la cura delle immunodeficienze primitive”.

Lo scopo di tale atto è quello di inserire nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) lo screening neonatale obbligatorio per la diagnosi precoce delle immunodeficienze primitive.
Tali malattie sarebbero tanto rare quanto gravissime con possibili conseguenze fatali. La diagnosi precoce potrebbe evitare tutto ciò.

In buona sostanza diagnosticare un sistema immunitario carente può rappresentare un salvavita per il neonato.

Il disegno di legge farebbe realizzare un Centro di coordinamento per gli screening neonatali dedicato alle immunodeficienze primitive,  presso i presìdi ospedalieri dotati di Unità Operativa di Oncoematologia pediatrica.
In questo modo anche lo stile di vita del neonato migliorerebbe, evitandone la migrazione sanitaria, per viaggi della speranza.

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