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Cultura

Carabinieri – Addio al pennacchio per convolare a nozze

Redazione

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ADDIO AL PENNACCHIO PER CONVOLARE A GIUSTE (?) NOZZE

Il Corpo dei Carabinieri Reali, fondato nel 1814 nel Regno di Sardegna, continuò
ad usare la marsina turchina, bleu notte, dalle caratteristiche falde a coda, quando la
riforma di Carlo Alberto istituì la tunica, giubba lunga a 1 o 2 petti, per l’Armata
Sarda. Solo loro e le Guardie del Corpo del Re indossavano quella montura.
In seguito, con l’evoluzione delle uniformi e del colore, questo capo rimase in uso
fino ai giorni nostri, specie per parate e cerimonie, ma anche per servizi d’onore.
Pennacchio, lucerna, bandoliera con giberna in cuoio, spalline metalliche, il colore
nero e le finiture rosse del tessuto, gli alamari, son diventati in un certo senso
iconici, affiorando in quadri, films, fotografie antiche e più recenti.
Se l’ufficiale utilizzava per la cerimonia di nozze l’uniforme da cerimonia o da
sera, quella a doppio petto coi gradi al polso, carabinieri e sottufficiali preferivano
la Grande Uniforme Speciale, con quella marsina così evocativa, e
progressivamente anche molti ufficiali hanno seguito questa costumanza. Per
l’importanza conferita a questa simbolica uniforme, per poterla indossare in quella
magica occasione, era prevista l’autorizzazione del Comando Generale dell’Arma,
vincolata a informazioni dei comandi dell’Arma competenti che attestassero che la
cerimonia fosse di buon gusto e non si verificassero situazioni imbarazzanti per il
decoro dell’Istituzione.
Colpiva assistere a uno di questi eventi, che riportavano al grande De Sica, ai suoi
“Pane, amore e…”, ad un’Italia che non c’è più. Un comandante, quando un
militare presentava richiesta, non poteva che gioire per il suo senso d’attaccamento.
I tempi son cambiati, e ora questa tradizione è stata vietata.
Troppo facile osservare che una pur risibile percentuale di matrimoni – peraltro
non validi giuridicamente in Italia e pubblicizzati con video divenuti virali – abbia
spinto le superiori autorità a impartire tali disposizioni. Inutile anche negarlo. Non
si può escludere che fossero quelle celebrazioni le reali destinatarie del
provvedimento.
Eppure vi son motivi che, per un certo verso, sono ineccepibili. Se l’indossare la
G.U.S. deve costituire motivo di critiche anche violente, provocando
strumentalizzazioni e polemiche, se mantenere una tradizione deve condurre a
questo risultato, meglio interromperla. Si dovrà affrontare solo la prima gazzarra,
immediatamente infatti montata, e poi non se ne parlerà più.
Il divieto generale permette di non incappare nella disparità di trattamento.
Oltretutto in tali frangenti indossarla non costituì mai diritto: ricordo dovesse
essere chiesta l’autorizzazione.
E non è stato vietato, né può esserlo – fatte salve determinazioni coinvolgenti tutte
le Forze Armate – indossare al matrimonio l’uniforme da cerimonia o da sera, oggi
acquistabile anche da truppa e sottufficiali. Per cui avremo comunque video virali,
del resto già circolanti, con queste monture, e le conseguenti solite critiche di chi,
forse, potrebbe un pochino pensare ai fatti propri, o comprendere che non sia il
caso di mettersi in mezzo alla strada che permette ad un altro essere umano di
vivere la propria felicità, senza arrecargli fastidio.
Qualcuno potrebbe a questo punto obiettare: “Ma se i video e i commenti ci
saranno, allora cui prodest?”
Rispondo che forse potrebbe anche essere giusto preservare da polemiche vuote,
talora pretestuose, il simbolo – per tanti sacro – di quel “piccolo mondo antico”, e
relegarlo alle stampe d’epoca di un tempo che è trascorso, superato da
un’evoluzione.
L’Arma, checché se ne dica, non è mai stata immutabile. Sopravvive da oltre due
secoli proprio perché s’è saputa adeguare allo scorrere del tempo.

Carmelo Burgio

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Cultura

Buscemi: Un Borgo da Riscoprire dagli Iblei a Pantelleria

Laura Liistro

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Nell’antico borgo i ruderi del Castello Requesenz, il casato del principe di Pantelleria

Buscemi, piccolo borgo montano nel cuore della Sicilia, non è solo un luogo ricco di tradizioni e bellezze naturali, ma un crocevia di storia, economia e nobiltà, che affonda le sue radici nell’influenza della potente famiglia dei Requesens. Questo paese, che conserva intatto il fascino di un tempo, è stato la culla di una delle famiglie nobili più significative della Sicilia.

Buscemi

I Requesens, di origini catalane, hanno avuto un impatto profondo sulla storia del borgo e dell’isola, e la loro presenza a Buscemi risale almeno al XV secolo. Il Castello Requesenz, i cui ruderi ancora svettano sulle colline circostanti, testimoniano la grandezza del passato di Buscemi, quando il borgo era al centro della vita politica, culturale ed economica dell’isola. La dinastia dei Requesens, attraverso le sue numerose generazioni, ha contribuito a fare di Buscemi un centro di cultura e arte, influenzando anche le tradizioni artigianali locali. Buscemi è infatti da sempre nota per la sua tradizione di lavorazione del cuoio, del legno e della ceramica, che ha avuto un’importanza fondamentale non solo per l’economia locale, ma anche per il legame stretto con territori vicini come Pantelleria e Solarino.

Quest’ultimo, insieme a Buscemi, faceva parte dei domini dei Requesens, unendo la Sicilia interna alla costa e alle isole. Il commercio tra Buscemi, Pantelleria e Solarino ha alimentato un florido scambio di beni artigianali e risorse naturali, rafforzando la coesione sociale e culturale tra questi territori. La ceramica di Pantelleria, celebre per la sua qualità, si univa a quella di Buscemi, mentre le produzioni agricole e artigianali dei due territori si integravano, creando una rete di scambi che ha reso questi luoghi particolarmente ricchi di tradizioni.

Il legame tra Buscemi e Pantelleria è rafforzato dalla figura del Principe di Pantelleria, che era anche Conte di Buscemi e Barone di San Paolo Solarino, una figura nobiliare che ha unito questi territori sotto un’unica egemonia.
Il Principe di Pantelleria, con la sua influenza, ha giocato un ruolo fondamentale nel consolidamento dei legami tra questi luoghi, creando una rete che non solo ha promosso gli scambi commerciali, ma ha anche contribuito a un forte intreccio culturale e sociale. La sua posizione di prestigio ha contribuito a favorire l’integrazione delle risorse naturali e dei prodotti artigianali dei diversi territori, dando vita a un’unica area prospera, in cui la nobiltà dei Requesens aveva un ruolo determinante. Oggi, la riscoperta di questo legame storico rappresenta una grande opportunità di sviluppo.


Il borgo di Buscemi, con la sua storia nobiliare, può diventare un centro di attrazione per il turismo culturale e per la valorizzazione del patrimonio artigianale che ha forgiato nel corso dei secoli. Il legame con Pantelleria e Solarino, un tempo consolidato dalla figura del Principe di Pantelleria e dai suoi domini, può essere riproposto come un modello di sviluppo sostenibile, che coniuga la conservazione del patrimonio con l’innovazione. Il Comune di Buscemi, riconosciuto dal premio Honos come Comunità Honos 2025, sta puntando sulla valorizzazione della propria eredità storica per creare nuove opportunità di crescita economica e culturale.

La storia dei Requesens, la cultura artigianale e i legami storici tra Buscemi, Pantelleria e Solarino sono risorse preziose per un nuovo rinascimento del borgo, che sa restare fedele alla propria identità e tradizione mentre guarda al futuro con ottimismo. In questo contesto, Buscemi non è solo un luogo geografico, ma una comunità che si fa carico del suo passato, che cresce e si rinnova nel segno della sua tradizione storica, restando sempre fedele a se stessa e ai suoi valori. Un borgo che, attraverso la riscoperta delle proprie radici, ha tutte le potenzialità per diventare un punto di riferimento per il turismo, l’artigianato e lo sviluppo economico in Sicilia.

Come afferma il sindaco Michele Carbè:A Buscemi fare impresa non è un’impresa. Qui, ogni iniziativa che nasce è un’opportunità di crescita collettiva, perché il nostro passato ci insegna che solo unendo le forze e valorizzando la nostra storia, possiamo costruire un futuro prospero.” Un messaggio che racchiude la speranza e la determinazione di un borgo che guarda al futuro con fiducia, portando avanti un cammino che unisce tradizione e innovazione.

Laura Liistro

Tutte le immagini sono di gentile concessione di Rosario Acquaviva

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Spettacolo

L’Arte di Essere sé Stessi: a Palermo presentazione del corto “Chi sono quando mi vesto”

Direttore

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Il 21 novembre nella Sala Teatro del Convitto, una giornata sui temi del rispetto di genere e dell’inclusività giovanile

Si concluderanno lunedì 17 novembre nelle aule del Convitto Nazionale di piazza Sett’Angeli, a Palermo, i laboratori tematici che hanno visto per tre giornate decine di ragazzi al lavoro insieme a docenti ed esperti di moda e immagine per il progetto “L’ Arte di Essere sé Stessi: corpo, moda e immagine”, proposto dalla associazione Significa Palermo, su idea de I Segni di Venere e del centro commerciale naturale Piazza Marina & Dintorni.  L’iniziativa, sostenuta dall’assessorato regionale alla Famiglia, politiche sociali e lavoro della Regione Siciliana, si è avvalsa di un panel di esperti e docenti ed ha utilizzato i linguaggi di moda e immagine come strumenti per promuovere autenticità, rispetto e inclusione.

Ad essere coinvolti sono gli studenti della scuola secondaria e del liceo classico con indirizzo specialistico cinematografico del Convitto Nazionale e gli studenti dell’Accademia di Belle Arti. Grazie a Zonta International Palermo Zyz, l’iniziativa rientra nell’ambito della campagna internazionale “Zonta Says No” di sensibilizzazione contro la violenza di genere. A documentare i laboratori creativi sarà un cortometraggio realizzato da due giovani videomaker formatisi all’Accademia di Belle Arti di Palermo, Alessia Caruso e Vincenzo Marturana, con il contributo del professore Sergio Daricello dell’Accademia e del professore Giovanni Melazzo che cura le classi di produzione cinematografica del Convitto.

La presentazione del corto “Chi sono quando mi vesto?”

La giornata conclusiva, dal titolo “Chi sono quando mi vesto?”, si terrà il 21 novembre nella sala teatro, a partire dalle 9 e sino alle 14, e sarà aperta a studenti, famiglie e scuole della rete cittadina Al Qsar. Interverranno all’incontro la professoressa Cettina Giannino, rettrice del Convitto Nazionale “Giovanni Falcone”, Angela Galvano, consigliera di Parità per la Regione Siciliana, Giovanna Perricone, garante comunale per l’adolescenza e l’infanzia, Giulio Pirrotta, presidente dell’associazione Significa Palermo ETS, Giuseppe Veniero, presidente del CCN Piazza Marina & Dintorni e Maria Giambruno, giornalista, ideatrice del progetto “L’Arte di Essere sé Stessi”.  

In programma, a seguire, Angela Chisena, psicologa, Sergio Daricello, docente di fashion design e storia della moda dell’Accademia di Belle Arti di Palermo, Daniela Ferrara, avvocata e presidente di Zonta International Palermo Zyz, Sofia La Porta, merchandiser, fashion coach e creatrice del metodo fashion-up, Anna Laurà, docente, counselor che ha coordinato i laboratori e Tiziana Schiavo, coordinatrice del progetto per il Convitto Nazionale. Modera la giornalista Maristella Panepinto.

Sarà anche inaugurata la “Biblioteca del Rispetto”, una raccolta di testi dedicati a i temi centrali dell’autostima, ricerca del sé, empatia, rispetto e libertà espressiva.

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Cultura

Pantelleria – Corso Agricoltura Bio Naturale, grande partecipazione al primo incontro del Centro Giamporcaro

Direttore

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Oggi, 14 novembre, il secondo appuntamento: ecco il programma

Si è tenuto ieri, presso il Centro Giamporcaro di Pantelleria, il primo appuntamento del Corso di Agricoltura Bio Naturale.
I locali colmi di libri, cultura e socialità, erano gremiti di “addetti ai lavori” nel settore: agricoltori professionisti e per diletto, enologi, accolti dagli organizzatori, il presidente del Centro Giamporcaro, Anna Rita Raffaele, e Giovanni Bonomo.
Lo stesso presidente ci ha fatto rilevare un interessante dato: su 25 corsisti, 15 sono donne. Una quota rosa intensa e interessante in un settore assolutamente democratico, come l’agricoltura aperta a tutte le età e ai generi. L’unico elemento richiesto e distintivo è l’amore verso la terra, i  suoi prodotti e quanto partecipi al successo di una raccolta, come a lungo spiegato anche tacitamente durante il workshop.

Tutti i presenti erano catturati dalle interessanti dissertazioni del mattatore dell’incontro, Luigi Rotondo.

 

L’esperto in agricoltura bionaturale, supportato dalla sua assistente Lisa Albanese, ha spiegato con maniere semplici ma efficaci, cosa si osserva per conoscere lo stato della pianta, il significato del il patogeno che è sintomo di uno squilibrio, capire la causa per procedere alla cura a livello eco-sistemico.
In sintesi, l’ecosistema è naturale, ma nel momento che lo affianchiamo all’agricoltura, diventa artificiale perchè andiamo ad alterare l’ecosistema, come per esempio quando estirpiamo le piante spontanee noi alteriamo quell’ambiente. 
Così, avvalendosi anche di interventi online di altri professionisti ha spiegato come prendersi cura dell’agro-ecosistema, lo studio del suolo, che deve nutrire le piante,  e dell’acqua e come realizzare un prodotto anti-patogeno  di qualità ed efficace nel rispetto dell’ecosistema.


L’evento ha visto la partecipazione anche delle istituzioni che lo hanno patrocinato e sostenuto da subito con slancio. Erano così anche presenti, oltre rappresentanti delle aziende Donnafugata, con Baiata, Pellegrino con Poma, Emanuela Bonomo, per il Consorzio Vini Doc il vicepresidente Salvatore Murana e Fabrizio Basile, anche il direttore dell’Ente Parco, con  Carmine Vitale e Andrea Biddittu, e l’Assessore all’Agricoltura del Comune di Pantelleria, Massimo Bonì.

Il programma di oggi

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