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Cultura

Al tempo del Regno di Sicilia, a Pantelleria 3 comunità: cristiani, ebrei e musulmani

Redazione

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L’annessione al Regno di Sicilia comportò per l’isola l’estensione delle leggi del regno, che però erano impostate in modo moderno per l’epoca, essendo il nuovo stato di appartenenza di carattere unitario, anche se venne mantenuto il sistema feudale e con molte “autonomie” e città regie, cioè assoggettate direttamente alla potestà del re.

Ciò comportava il pagamento di imposte per tutti gli abitanti e tutte le comunità.
Ma quali comunità abitavano allora nell’isola?
Sostanzialmente erano tre: i cristiani, gli ebrei e i musulmani, questi ultimi in netta maggioranza, prevalentemente occupati nell’agricoltura, mentre i cristiani erano militari e funzionari, gli ebrei dediti agli affari commerciali e all’artigianato. Tutti in sostanziale armonia anche se a distanza. Qui però si profilano diverse aree abitative, i cristiani vivendo nel castello e immediate vicinanze, gli ebrei intorno a al porto e nella medina insieme ai musulmani, e mentre i cristiani parlavano il neolatino siciliano, ebrei e musulmani il dialetto arabo magrebino, in analogia a quanto succedeva nelle isole maltesi.
La medina, di cui rimangono pochi resti, soprattutto dopo i bombardamenti bellici, coincide oggi con il vecchio paese. Alcune vie  e percorsi ne narrano ancora direzioni e aspetti. L’attuale Borgo Italia (u burgu) era fuori dall’abitato.
Certo Federico II re e imperatore, il più grande che abbiamo mai avuto, aveva domini che andavano dalla Danimarca, ultimamente ancora fra di noi con la DAT, linee aeree, fino all’Africa settentrionale, egli fu molto pregato di avvisare un’altra crociata, che malvolentieri cercò sempre di evitare. Le pressioni erano sempre del papato e di altri stati cristiani.
Egli evitò a lungo di imbarcarsi in un’impresa del genere, anche se poi non poté farne a meno, evitando però scontri frontali con l’Islam, che gli riconobbero anche il titolo di re di Gerusalemme mentre il papa faceva lo stesso riconoscendolo re di Sicilia e di Gerusalemme, e anzi lo “Stupor mundi” riuscendo diplomaticamente a salvare la pace.
Con l’emiro di Tunisi vi erano già degli accordi di libera navigazione, ottenendo in cambio che Pantelleria e le Pelagie rimanessero per trattato tra i suoi domini. In particolare per Pantelleria, dove in maggioranza si continuava e si continuo’ a parlare l’arabo magrebino, l’accordo prevedeva che avrebbe consentito che vi fossero due autorità, da lui scelte, per il pagamento delle imposte – da dividere in parti uguali- con l’emirato.
La situazione divenne più pericolosa quando subentrarono i suoi successori, impegnati in tante guerre per salvaguardare il proprio potere.
Dell’avvento degli Angioini (francesi) poco o niente è rimasto sull’isola, stranieri erano e stranieri restarono.
La situazione descritta non cambio più, perlomeno fino all’arrivo degli Aragonesi, o meglio Catalani, gli ultimi a portare nel Medio Evo il titolo di Re di Trinacria, alias Sicilia, a partire dal 1302, i quali si stanziarono portando ufficiali, soldati, funzionari e nobili di rango e cadetti, da cui dipende l’alto numero di nomi di famiglie di origine spagnola, e anche lasciando un toponimo ancora oggi esistente, la Cuddia Catalana, sul versante nordorientale.
Qui si apre una pagina molto importante, per il lungo periodo di pace e sviluppo che ne seguì e di trasformazione etnica, alcuni musulmani tornarono in Africa, altri si cristianizzarono  assimilandosi meglio alle condizioni del nuovo regno.
Ma questa è un’altra storia. Che merita altri approfondimenti.

Enzo Bonomo Ferrandes

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Cultura

Pantelleria, oggi presentazione del libro “Le note stonate” di Antonino Maggiore

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Questo pomeriggio, 7 dicembre 2025, dalle ore 16.30, presso i noti locali del Circolo Ogigia di Pantelleria Centro, si terrà la presentazione del libro “Le note stonate” di Antonino Maggiore.

Ad affiancare l’autore, Franca Zona e Giovanna Drago, apprezzate donne di cultura, che si alterneranno in una intervista conoscitiva del libro.

Antonino Maggiore, classe 1982, è un docente di musica presso la scuola primaria di Pantelleria, dove unisce rigore e creatività, nel quotidiano rapporto con l’infanzia.
Lo scrittore pantesco non è alla sua prima opera. Negli anni ha già pubblicato due raccolte poetiche: “Niente di importante” e una “Penna x amico“, grazie alle quali ha ricevuto diversi importanti riconoscimenti.
Le note strane” è un romanzo autobiografico: in viaggio intimistico tra fragilità ed ironia, attraversando il confine spesso sottile tra disperazione e gioia, risa e pianto.

Con il delicato contributo musicale di Maria Bernardo, si profila un piacevole pomeriggio letterario, al caldo e tra “degustatori” di libri.

L’ingresso è libero

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Cultura

I racconti del vecchio marinaio di Pantelleria: Il rito antico della dragunera

Direttore

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Quel giorno lasciai gli scogli di San Leonardo più presto del solito, mentre i miei amici erano ancora a mollo a mare, in un’acqua trasparente e azzurrina come solo il mare di Pantelleria sa esserlo. Mi soffermai ancora una volta a leggere le scritte multicolori che rendevano meno triste il vecchio bunker di cemento armato della seconda guerra mondiale. L’amore di sempre: “ti voglio bene, “un cuore solo”, “ti amerò per sempre” precedute da un nome femminile e tante altre scritte, eredità amorose di generazioni di giovani panteschi. Una però faceva a pugni con tutte le altre, “Mariuccia buttana”. Doveva essere stato davvero un brutto tradimento, per bollarlo con un marchio di fuoco e per tramandarlo così ai posteri.

Giunsi sulla banchina e lo vidi seduto sulla solita bitta di fronte al castello, la nuvola azzurrina del fumo della sua pipa gli conferiva una strana aureola di mistero. Avevo deciso di porgli alcune domande, ma appena mi vide cominciò a parlare con voce arrochita dal tabacco e dalla salsedine. “Il veliero Madonna di Trapani era un vero e proprio gioiello della marineria pantesca. Due alberi, bompresso lungo come una lancia, vele latine che sapevano piegarsi al vento, ma non alla paura. Patrun Vitu, il suo comandante, era un uomo di mare e di silenzi infiniti, con le mani dure come la nostra pietra lavica e gli occhi di un verde misterioso, che avevano visto tempeste e miracoli. Nelle sue mani il timone seguiva docilmente l’invisibile linea della rotta fissata.

Quel giorno, ero ancora picciotto ‘i varca, avevamo da diverse ore passatu l’isola di Ustica e puntavamo, con tutte le vele spiegate su Trapani, fermarci qui la notte e il giorno seguente tornare a Pantiddraria, dove dovevamo sbarcare delle merci comprate a Napoli. Il mar Tirreno sembrava quieto e il vento amico, ma ‘ogni marinaio sa che “Cu ventu e cu mari nun si fa cuntrattu” (Col vento e col mare non si fa contratto). Così all’improvviso il cielo cambiò.

Una linea nera si stese sull’orizzonte, e il vento cadde morto di colpo. I marinai si guardarono l’un l’altro muti e attoniti. Il capitano Vito salì sul ponte e scrutò quel cielo nerastro e la vide: una dragunera (tromba marina), la maledizione antica e rabbiosa per chi va per mare. Essa, sottile e affilata, scendeva dal cielo come il dito di dio marino irato, girando vorticosamente sull’acqua.

Il nostromo Turi colse l’ansia e il timore degli altri uomini dell’equipaggio e chiese a patrun Vitu di virare. Ma Vito no, non solo perché la cosa era impossibile per mancanza di vento, ma perché egli era uomo che accettava intrepido le sfide in mare. Lui conosceva lu ritu anticu, lo aveva visto fare

da suo nonno e da suo padre prima di lui. Aprì il baule sotto il timone e ne trasse un coltello d’ossidiana, nero come la notte e affilato come il silenzio che precede la burrasca. Poi disse deciso “Mantenete la rotta, non si fugge davanti alla dragunera. Si tagghia”.

Si diresse a prua e la sua figura alta e possente sembrò dominare le onde. Il vento intanto aveva ripreso a soffiare forte e impetuoso che a momenti gli strappava il berretto. La dragunera si avvicinava, ululando conne una magara. Vito attese, fermo, come nu parrinu davanti all’artari. Quando la coda della tromba marina fu a portata, egli disse vecchie parole che non si potevano intendere, poi tracciò con il coltello d’ossidiana una grande croce nell’aria e recitò a voce alta questa preghiera:

Nniputenza di lu Patri,
Sapienza di lu Figghiiu,
pi virtù di lu Spiritu Santu
e pi nnomu di Maria
sta cuda tagghiata sia

Un suono sordo, come un lamento, si levò dal mare. La vorticosa colonna d’acqua si dissolse e il cielo si aprì all’azzurro. Tutti noi marinai, increduli, guardavamo ammirati e a un tempo intimoriti il capitano come si guarda un uomo che ha parlato allora allora con gli spiriti. Vito tornò al timone, rimise il coltello di ossidiana nel baule e disse solo: “Adesso a casa”. Al tramonto del giorno dopo Pantelleria ci apparve all’orizzonte, nera e fiera e materna. Il Madonna di Trapani, come sempre, entrò in velocità nello stretto passaggio che dava al porto vecchio. Solo capitan Vito e qualche altro patrun si potevano permettere di sfidare la scogliera cartaginese semisommersa.

La voce del subitaneo taglio della dragunera si sparse, in un battibaleno, in tutte le contrade dell’isola e da quel giorno ogni marinaio pantesco che incrociava patrun Vitu lo salutava con rispetto misto ad ammirazione. Perché non tutti sanno tagghiare la coda a una tromba marina. E soprattutto non tutti hanno il coraggio di farlo”.

Il vecchio marinaio si tacque definitivamente.
Girò le spalle e si mise a guardare, assorto, il mare come aspettasse l’arrivo di qualcuno, intanto la nuvola azzurrina del fumo della pipa, che lo avvolgeva in tenui volute, gli conferiva un certo non so che di misterioso.

Orazio Ferrara


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Cultura

Trapani e l’oro rosso del Mediterraneo: “Il Corallo anima di Trapani”. Un mese di eventi

Redazione

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Dal 2 al 19 dicembre 2025, Trapani celebra la sua storica tradizione corallara con la seconda edizione di “Il Corallo anima di Trapani”, un programma che coinvolgerà studenti, artigiani, istituzioni e comunità del Mediterraneo.
L’iniziativa, promossa dal Comune di Trapani e dalla Biblioteca Fardelliana con il contributo dell’Assessorato delle Autonomie Locali e della Funzione Pubblica della Regione Siciliana intreccia formazione, cultura e diplomazia mediterranea per preservare e tramandare l’antica arte della lavorazione del corallo.
Dal 2 al 5 dicembre, le botteghe e showroom trapanesi apriranno le porte agli studenti per visite guidate alla scoperta dei segreti di quest’arte millenaria.
Il percorso prosegue dal 9 al 12 dicembre al Museo Regionale Pepoli con il laboratorio creativo “Dal Mediterraneo al Museo – Il viaggio del corallo”, curato dall’Associazione “Amici del Museo Pepoli”.
Il 13 dicembre alle ore 17.00, sempre al Museo Pepoli, verrà presentato il restauro del prezioso Presepe in corallo del XVIII secolo, capolavoro dell’artigianato trapanese.
L’evento culminante si terrà il 19 dicembre alle ore 17.30 alla Biblioteca Fardelliana: la tavola rotonda internazionale “Rotte del Corallo – Dialogo tra culture mediterranee” vedrà rappresentanti istituzionali e maestri corallai e la firma di un protocollo della “Rete Mediterranea delle Città del Corallo”, un’alleanza che consolida i legami tra le comunità mediterranee unite da questa tradizione.
“Quest’anno proponiamo la seconda edizione de “Il Corallo anima di Trapani”. Siamo estremamente orgogliosi che questo progetto prosegua: dopo l’edizione del 2024, oggi varchiamo i confini della nostra città per un momento di dialogo con le tradizioni dell’arte del corallo non soltanto di un’altra città siciliana come Sciacca, ma anche di altre città d’Italia – Torre del Greco e Alghero – e oltre i confini nazionali, nel Mediterraneo con Tunisia e Andalusia.
Ci confronteremo non solo per raccontare la nostra tradizione, durante una sessione scientifica del convegno, ma vogliamo stilare un protocollo d’intesa per costituire una rete mediterranea delle città del corallo. L’obiettivo è avviare un percorso comune e condiviso di promozione, affinché questa antichissima e preziosa arte possa essere rinnovata e valorizzata congiuntamente” – così affermano Giacomo Tranchida, sindaco del Comune di Trapani e Rosalia d’Alí, assessore alla Cultura.
Per tutto dicembre, la Biblioteca Fardelliana proporrà un percorso audiovisivo dedicato al corallo trapanese: un docufilm che racconta tradizione e futuro attraverso l’intelligenza artificiale e un documentario che esplora il corallo tra arte, ricerca e innovazione. Due narrazioni complementari che offrono sguardi contemporanei su un’arte antica.
“Il corallo anima di Trapani” è un modello di valorizzazione che coniuga tutela delle tradizioni, innovazione e cooperazione internazionale.

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